T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, Sent., 18-05-2011, n. 733

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza 13 agosto 2003, n. 1159, questo Tribunale ha annullato gli atti relativi al piano di zona adottato ex lege n. 167/1962 e la conseguente espropriazione ed occupazione dei terreni interessati da tale intervento di edilizia economico popolare, di proprietà, pro quota, anche dei ricorrenti.

Tale pronuncia è passata in giudicato a seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso in appello, a causa della ravvisata tardività del suo deposito.

Nelle more il Comune ha occupato i terreni e realizzato il suddetto piano attuativo.

Prendendo atto della sopravvenuta impossibilità della restitutio in integrum, i ricorrenti hanno notificato il ricorso in esame, preordinato ad ottenere il risarcimento del danno per equivalente.

Nel richiamare, incidentalmente, il pieno rispetto della pregiudiziale amministrativa, i ricorrenti hanno rappresentato brevemente la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 2043, dando atto di essere proprietari, rispettivamente, di una quota di 1/2 del mappale n. 1141 (da cui sono scaturiti, a seguito di frazionamento, i mappali 4311, 4312, 4313) la sig.ra B. e di 13/36 degli originali mappali 251, 253 e 700 (oggi frazionati nei mappali 4309, 4310, 4337, 4338, 4339 e 4346) il sig. Parimbelli.

In vista della pubblica udienza i ricorrenti hanno, quindi, confermato quanto già affermato nel ricorso, richiamando, a sostegno delle proprie pretese, la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.

Il Comune resistente, nella sua memoria finale, ha rappresentato come tutte le aree in questione siano state cedute al prezzo di lire 40.000/mq per la realizzazione del piano di edilizia economico popolare annullato con sentenza di questo Tribunale n. 1159 del 13 agosto 2003, e la restituzione dei terreni illegittimamente espropriati sarebbe esclusa sia dalla espressa rinuncia alla restituzione da parte dei proprietaria, sia dalla disposizione di cui all’art. 55 del DPR 327/01.

Tale norma dovrebbe essere interpretata nel senso che al proprietario i cui terreni siano stati occupati prima del 30 settembre 1996 spetterebbe solo il risarcimento del danno in misura pari al valore venale dei beni occupati, a prescindere dall’applicazione dell’art. 43 del DPR 327/01, dichiarato incostituzionale con sentenza n. 293 del 2010.

In ogni caso, incontestata la superficie occupata (vista la coincidenza del dato di cui alla memoria del Comune e alla perizia di stima di parte ricorrente), il valore di mercato dovuto dovrebbe essere quello proprio delle aree all’epoca dell’espropriazione (2000), tenuto conto dei parametri propri del piano in questione e non anche di quello proprio dei piani di lottizzazione adiacenti (peraltro non dimostrato). In ragione di ciò, secondo il Comune, il tecnico di parte avrebbe erroneamente determinato il valore di mercato delle aree in questione facendo riferimento all’anno 2009 ed a parametri diversi dall’indice territoriale proprio del mappale 1141 (ricadente in zona C5), pari a 0,56 mc/mq, dei mappali 253251 (ricadenti in zona C6), pari a 0,69 e del mappale 700, pari a 0,80 mc/mq, utilizzando, invece, un indice edificatorio territoriale di 0,81 mc/mq privo di riscontri oggettivi. Considerato, pertanto, l’erroneità della perizia tecnica prodotta, nonché l’attendibilità della determinazione del valore di mercato delle aree in questione operata dalla Commissione provinciale per le espropriazioni con riferimento all’anno 2000, pari a 80.000 Lire/mq, anche in ragione dell’accettazione, da parte di tutti gli altri proprietari, del prezzo unitario stabilito per la cessione bonaria di Lire 40.000/mq, il Comune conclude per l’applicazione, nel caso di specie, dell’identico valore riconosciuto agli altri proprietari ovvero di quello di 80.000 Lire/mq.

Con memoria di replica i ricorrenti dichiarano di accettare che il valore di mercato, trattandosi nel caso di specie di debito di valore, sia rapportato all’anno 2000 e non al 2009, salvo il riconoscimento della rivalutazione, oltre agli interessi. Il valore di 80.000 Lire/mq sarebbe, però, privo di fondamento, anche perché frutto della media di quelli rilevati nell’ultimo decennio, secondo quella che sarebbe la prassi applicata dalla Commissione provinciale per le espropriazioni.

Peraltro, il riconoscimento di tale valore non terrebbe in debito conto il maggior valore, riconosciuto anche dal Comune, del mappale n. 700 e, in ogni caso, non sarebbero stati indicati correttamente gli importi da dedurre perché già versati ai ricorrenti: la sig.ra B., infatti, non ha incassato 90.540.000 Lire, bensì tale somma decurtata del valore dell’usufrutto, pari a 73.860.030 Lire, mentre il sig. Parimbelli non avrebbe incassato alcuna somma, essendo stata, l’indennità, depositata presso la Cassa Depositi e Prestiti.

A sostegno delle proprie richieste, quindi, parte ricorrente ha prodotto una perizia di stima, preordinata al calcolo del valore delle aree nell’anno 2000 e basato sull’indice di edificabilità individuato per le diverse aree dal Comune stesso sulla scorta delle indicazioni contenute nel piano poi annullato.

Alla pubblica udienza del 27 aprile 2011 la causa, su conforme richiesta dei procuratori delle parti ricorrenti, è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

Deve essere, preliminarmente, respinta la richiesta di riunione del ricorso in esame con quello sub R.G. 34411. A prescindere, infatti, dal preciso obbligo che fa capo al giudice di garantire la coerenza nell’adozione di pronunce separate, ma aventi oggetto comune, la diversa situazione dei ricorrenti, in termini di verifica della legittimazione e delle condizioni di ammissibilità dei ricorsi, se non la esclude a priori, non rende però nemmeno opportuna la riunione degli stessi che, quindi, possono formare oggetto di pronunce separate.

Ciò precisato, il Collegio ritiene di non poter condividere quanto affermato da parte resistente in ordine agli effetti dell’applicazione dell’art. 55 del DPR 327/01.

In primo luogo perchè la fattispecie in esame non rientra nell’ambito di applicazione di tale norma, che disciplina le occupazioni intervenute prima del 30 settembre 1996, mentre quella in esame è stata disposta solo nel 1998. Inoltre tale disposizione sembra, al Collegio, dettare regole in ordine alla quantificazione del risarcimento del danno e non anche alle modalità di regolarizzazione del trasferimento di proprietà delle aree materialmente occupate.

Ciononostante si deve prendere atto della espressa rinuncia, da parte del ricorrente, alla restituzione dei terreni occupati, ferma restando solo la pretesa risarcitoria, al fine di soddisfare la quale non si ravvisa la necessità di disporre alcuna consulenza tecnica.

E’ pur vero, infatti, che la sig.ra B. ha chiesto, allo luce della relazione tecnica di parte prodotta in allegato al ricorso, un risarcimento del danno pari a 522.008,42 Euro, derivante dalla determinazione (con il criterio del costo di trasformazione) del probabile valore di mercato commisurato alla destinazione edificatoria dei terreni alla fine dell’anno 2009 in Euro 150,33 al mq che, moltiplicato per la superficie occupata di 7545 mq porta al risultato Euro 1.134.257,19, poi dimezzato a causa della proprietà pro quota e decurtato della somma di Euro 38.145,52 già incassati a titolo di indennità d’espropriazione, rivalutata a 45.120,13.

Analogamente, anche per il sig. Parimbelli il tecnico di parte è arrivato alla quantificazione del risarcimento dovuto in 264.597,19 Euro, derivante dalla determinazione (con il criterio del costo di trasformazione) del probabile valore di mercato commisurato alla destinazione edificatoria dei terreni alla fine dell’anno 2009 in Euro 151,05 al mq che, moltiplicato per la superficie occupata di 4851 mq porta al risultato Euro 732.730,19, poi commisurato alla proprietà pro quota di 13/36.

A seguito della memoria finale del Comune, però, parte ricorrente ha depositato una nuova memoria nella quale è stata riportata una relazione di stima che sostanzialmente recepisce le osservazioni del Comune, fatto salvo quanto a breve si dirà.

Entrambe le parti risultano concordare sul fatto che il risarcimento del danno dovuto nel caso di specie deve corrispondere al valore di mercato delle aree ricadenti nel Comune di Ciserano ed aventi destinazione edificabile, risalente all’anno in cui i terreni hanno formato oggetto del decreto di esproprio e cioè il 2000, nonché sulla superficie effettivamente occupata e sull’indice di edificabilità territoriale.

Ciò in cui, invece, le stime delle due parti risultano differire è l’applicazione degli oneri di urbanizzazione. Il tecnico di parte ricorrente, infatti, ha utilizzato, nell’applicare, per la determinazione del valore di mercato, il criterio del valore di trasformazione, una percentuale "standard" del costo dell’edificato, riferita alle edificazioni non soggette a piano di lottizzazione. Nel caso di specie, invece, a parere del Collegio doveva essere considerata la particolare circostanza per cui l’edificazione sulle aree in questione sarebbe stata, così come le è stato concretamente (basti confrontare, al proposito, la convenzione per la cessione di parte delle aree che costituisce l’allegato 10 del Comune), assoggettata all’obbligo di realizzare opere di urbanizzazione quali strade con annessi parcheggi, aree a verde attrezzato, acquedotto, metanodotto, illuminazione pubblica, rete telecom, rete fognatura, allacciamento pubblici servizi. Risulta chiaro come l’obbligo di eseguire direttamente tali opere e di cedere, conseguentemente, la proprietà di tali aree incida sul costo finale dell’edificio a metro quadrato in modo nettamente superiore a quanto incide la corresponsione degli oneri di urbanizzazioni dovuti al Comune nel caso in cui si edifichi su di un terreno non soggetto ai vincoli del piano attuativo in questione.

Tale circostanza, quindi, si riverbera in modo netto sul valore delle aree e di essa avrebbe dovuto tenere conto il tecnico nella redazione della propria perizia di stima che, pertanto, non può essere condivisa nelle sue conclusioni finali (valore di mercato pari a 51,37 Euro (per 7545 mq) per la proprietà B., a 63,38 Euro per i mappali 251 e 253 (per una superficie di 3924 mq) e a 76,30 Euro per il mappale 700 (per una superficie di 927 mq).

Al fine della determinazione del risarcimento del danno, però, soccorre la deliberazione n. 32 del 28 settembre 2000, con la quale la Commissione provinciale espropri, al fine di quantificare l’indennità di espropriazione dovuta, ha individuato il valore venale delle aree espropriate in Euro 80.000/mq. Poiché tale determinazione, pur avendo ad oggetto i mappali di proprietà anche dei ricorrenti (con la sola esclusione del mappale n. 700), non è stata impugnata, deve presumersi che entrambe le parti abbiano concordato sulla correttezza dell’individuazione di tale valore che, pertanto, ben può essere adottato come base ai fini della quantificazione del risarcimento del danno.

Considerato, quindi, quanto più sopra rappresentato, il Collegio ritiene che, in via equitativa, il valore di mercato da riconoscersi alle aree espropriate con riferimento all’anno 2000 sia pari a 41,32 euro/mq, con la sola esclusione della superficie di cui al mappale 700, che non ha formato oggetto di stima nell’anno 2000 e per la quale, tenuto conto del maggiore indice territoriale, si può ritenere equo il valore di 48 Euro/mq.

Il valore di 41,32 Euro/mq dovrà, quindi, essere moltiplicato per la superficie di 7545 mq per quanto riguarda la proprietà B. e 3.924 mq per la proprietà Parimbelli, cui deve aggiungersi il valore derivante dalla moltiplicazione per 927 mq del valore di 48 Euro.

Nel caso della sig.ra B., inoltre, il risarcimento dovrà essere dimezzato essendo essa proprietaria solo di 1/2 della proprietà e dall’importo così risultante dovrà essere detratta l’intera somma corrisposta a titolo di indennità di esproprio per la quota di proprietà della sig.ra P.B. (pari a 46.760,01 Euro), a prescindere dal fatto che la presenza dell’usufrutto a favore di un soggetto terzo abbia determinato, materialmente, l’incasso di una somma inferiore. Ciò che risulta essere determinante, infatti, è quanto è stato pagato dal Comune, in via amministrativa per acquisire la proprietà della quota dell’immobile intestata alla sig.ra P.B., indipendentemente dall’eventuale presenza di diritti di terzi sul bene che abbiano inciso sulle modalità di ripartizione e liquidazione della somma.

Pertanto alla stessa spetteranno Euro 311.759,4 Euro, diviso due (155.879,7), meno l’indennità di esproprio, per un totale di 109.119,69, oltre a rivalutazione ed interessi fino al 27 maggio 2010, nonché agli interessi moratori da tale data sino al saldo.

Al sig. Parimbelli, invece, spetterà la somma di 162.139,68, più 44.496, per la quota di 13/36, pari a 74.618,44, da cui debbono essere decurtati 21.712,88 (in quanto gli stessi potranno essere incassati dallo stesso a mezzo di svincolo delle somme depositate a suo favore presso la Cassa Depositi e Prestiti), per un totale di 52.905,56, oltre a rivalutazione ed interessi fino al 27 maggio 2010, nonché agli interessi moratori da tale data sino al saldo.

Sulle somme così determinate dovrà, quindi, essere applicata la ritenuta fiscale di cui all’art. 35 del DPR 327/01, nella misura del 20 %, posto che tale ritenuta si applica espressamente anche agli importi corrisposti a titolo di risarcimento del danno.

Considerato, infine, che il maggior valore risulta dovuto solo per effetto del sopravvenuto annullamento degli atti espropriativi, mentre l’originaria indennità di espropriazione non ha formato oggetto di opposizione in Corte d’Appello, le spese del giudizio possono trovare compensazione tra le parti in causa, fatto salvo il rimborso del contributo unificato anticipato dai ricorrenti ai sensi del comma 6 bis dell’articolo 13 del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, che deve essere posto a carico dell’Amministrazione resistente.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione e per l’effetto condanna il Comune resistente al pagamento del risarcimento del danno nella misura ivi indicata.

Dispone la compensazione delle spese del giudizio, fatto salvo il rimborso del contributo unificato anticipato dalla ricorrente ai sensi del comma 6 bis dell’articolo 13 del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, che deve essere posto a carico dell’Amministrazione resistente.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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