Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 07-04-2011) 18-05-2011, n. 19563 Motivi di ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 27.2.2009. Il Tribunale di Taranto dichiarava la penale responsabilità di S.A. in ordine al delitto di rapina aggravata e continuata e a quello di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1 di (OMISSIS) in ordine a quello di rapina in concorso e di R.L. in ordine a quello di cui agli artt. 110 e 81 c.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1 e 6 (tutti commessi in (OMISSIS)) condannandoli a varie e rispettive pene principali ed accessorie oltre alla misura di sicurezza della libertà vigilata per il S.. Con sentenza in data 15.4.2010 la Corte di Appello di Lecce – Sezione distaccata di Tarante, in parziale riforma di quella predetta, concedeva a tutti gl’imputati le circostanze attenuanti generiche riducendo le rispettive pene ed in particolare, per il R., quella principale ad anni quattro di reclusione ed Euro 18.000,00 di multa e quella accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici a quella temporanea per anni cinque.

Avverso tale sentenza ricorre per cassazione il difensore di fiducia di R.L. deducendo i seguenti motivi.

1. La violazione dell’art. 268 c.p.p., comma 3, per l’Ingiustificata mancata utilizzazione della strumentazione presente presso la Procura della Repubblica, attesa la carenza motivatola circa i due requisiti di cui all’art. 268 c.p.p. (insufficienza, indisponibilità degli impianti in dotazione alla Procura e ragioni di eccezionale urgenza che legittimano il ricorso ad intercettazioni effettuate fuori degli uffici della Procura);

2. la violazione delle norme costituzionali sulla libertà della comunicazione tra privati, dovendo essere l’atto dell’Autorità motivato in maniera adeguata;

3. la violazione del principio dell’"oltre ogni ragionevole dubbio", per la mancanza di prove inconfutabili circa la colpevolezza dell’imputato, per la sporadicità delle telefonate intercorse tra R. e S.;

4. il vizio motivazionale circa la configurabilità del reato;

5. la mancanza o manifesta illogicità della motivazione, con particolare riferimento alla mancata risposta alle prospettazioni della parte, circa la portata di quelle risultanze probatorie.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

E’ palese la sostanziale aspecificità dei motivi di ricorso che hanno riproposto in questa sede pedissequamente la medesime doglianze rappresentate dinanzi alla Corte territoriale e da quel giudice disattese con motivazione corretta e congrua, immune da vizi ed assolutamente plausibile.

Invero, con riferimento all’eccezione di inutilizzabilità delle intercettazioni, il Giudice d’appello ha esaurientemente spiegato come sia sufficiente la motivazione dei decreti autorizzativi in ordine sia ai gravi indizi di reato sia alle esigenze legate alla temporanea inutilizzabilità degli impianti della locale Procura della Repubblica: nè occorre un articolato apparato argomentativo al riguardo, essendo l’onere di motivazione dei decreti, sia di convalida di quelli emessi in via di urgenza dal P.M., sia di proroga, assolto persino "per relationem", mediante il richiamo al provvedimento del pubblico ministero e alle note di polizia, con implicito giudizio di adesione ad essi (Cass. pen. Sez. 1, n. 9764 del 10.2.2010 Rv. 246518).

Analogamente corretto ed adeguato supporto motivatorio è stato addotto, anche con espresso (e perfettamente legittimo: cfr. Cass. pen., sez. 4^, 17.9.2008, n. 38824 Rv. 241062 ed altre) richiamo alla motivazione della sentenza di primo grado (con la quale quella di appello si integra in un unicum inscindibile), circa il tenore e significato delle conversazioni telefoniche intercettate ed il loro riferimento alla cessione di partite di stupefacente ivi compreso il coinvolgimento del R. tratto dai chiarimenti forniti da vari testi sul senso nascosto delle frasi, dalla contestualità delle conversazioni e della messaggistica intercorse tra il S., il R. ed altri soggetti partecipi a vario titolo all’Illecito traffico, nuovamente richiamando e condividendo la puntuale e minuziosa ricostruzione effettuata dal Giudice di prime cure.

Per non dire dell’estrema genericità delle censure che poco concretamente affrontano le argomentazioni della sentenza mantenendosi su un livello meramente astratto e teorico con il richiamo di plurime massime di questa Corte.

Peraltro, in ordine ai dedotti vizi motivazionali, va rammentato che il nuovo testo dell’art. 606 cod. proc. pen., comma 1, lett. e) come modificato dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, con la ivi prevista possibilità per la Cassazione di apprezzare i vizi della motivazione anche attraverso gli "atti del processo", non ha alterato la fisionomia del giudizio di cassazione, che rimane giudizio di legittimità e non si trasforma in un ennesimo giudizio di merito sul fatto. In questa prospettiva, non è tuttora consentito alla Corte di Cassazione di procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito. Il novum normativo, invece, rappresenta il riconoscimento normativo della possibilità di dedurre in sede di legittimità il cosiddetto "travisamento della prova", finora ammesso in via di interpretazione giurisprudenziale: cioè, quel vizio in forza del quale la Cassazione, lungi dal procedere ad una inammissibile rivalutazione del fatto e del contenuto delle prove, può prendere in esame gli elementi di prova risultanti dagli atti onde verificare se il relativo contenuto sia stato o no "veicolato", senza travisamenti, all’interno della decisione, e tanto a condizione che siano indicati in maniera specifica e puntuale gli atti rilevanti (finanche allegandoli in copia, in ossequio al principio di "autosufficienza del ricorso", valevole anche in sede penale) e sempre che la contraddittorietà della motivazione rispetto ad essi sia percepibile "ictu oculi", dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato ai rilievi di macroscopica evidenza, senza che siano apprezzabili le minime incongruenze (Cass. pen. Sez. 4^, n. 20245 del 28.4.2006, Rv. 234099). Ciò, comunque, vale nell’Ipotesi di decisione di appello difforme da quella di primo grado, in quanto nell’ipotesi di doppia pronunzia conforme (anche limitatamente alla ritenuta colpevolezza, come nel caso di specie) il limite del devolutum non può essere superato ipotizzando recuperi in sede di legittimità, salva l’ipotesi in cui il giudice d’appello, al fine di rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, richiami atti a contenuto probatorio non esaminati dal primo giudice (Cass. pen., sez. 2^, 15.1.2008, n. 5994; Sez. 1^, 15.6.2007, n. 24667, Rv.

237207; Sez. 4^, 3.2.2009, n. 19710, Rv. 243636).

Ma è anche da dire, quanto all’ultima doglianza, che il giudice non è tenuto a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale di quelle deduzioni e risultanze, spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni che hanno determinato il suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo; in tal caso -come in quello in esame- devono considerarsi Implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata e ravvisare, quindi, la superfluità delle deduzioni suddette (cfr. Cass. pen., Sez. 4^, 24.10.2005, n. 1149, Rv. 233187).

Consegue il rigetto del ricorso e, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *