Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 06-04-2011) 18-05-2011, n. 19634

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

B.A., cittadino marocchino irregolarmente presente sul territorio italiano, veniva condannato alla pena ritenuta di giustizia in entrambi i gradi di merito – sentenze emesse dal Tribunale di Genova il 6 aprile 2009 e dalla Corte di Appello della stessa Città il 4 febbraio 2010 – per i reati di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 6, comma 3, e art. 495 c.p. per non avere esibito ad ufficiali di polizia giudiziaria i documenti di identificazione o il permesso di soggiorno e per avere dichiarato in più occasioni alla polizia giudiziaria false generalità.

Con il ricorso per cassazione B.A. deduceva:

1) la violazione di legge per falsa applicazione del D.Lgs. n. 298 del 1998, art. 6, comma 3, così come modificato dalla L. 15 luglio 2009, n. 94 perchè tale reato sarebbe oggi previsto soltanto per gli stranieri regolari e non per i clandestini;

2) la violazione dell’art. 157 c.p. per mancata declaratoria di intervenuta prescrizione del reato previsto dall’art. 495 c.p. in relazione all’episodio avvenuto il (OMISSIS).

E’ fondato il primo motivo posto a sostegno del ricorso proposto da B.A..

In effetti il D.Lgs. n. 298 del 1998, art. 6, comma 3 nella originaria stesura sanzionava l’omessa esibizione senza giustificato motivo del passaporto o di altro documento equipollente ovvero del permesso di soggiorno;

tale disposizione prevedeva, quindi, che qualunque straniero, regolare o irregolare che fosse, avesse l’obbligo di esibire agli agenti di polizia giudiziaria un documento di identità.

Senonchè la L. 15 luglio 2009, n. 94, art. 1, comma 22, che ha modificato il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 6, comma 3, ha stabilito che viene sanzionato lo straniero che, senza giustificato motivo, non ottempera "all’ordine di esibizione del passaporto o di altro documento di identificazione e del permesso di soggiorno o di altro documento attestante la regolare presenza nel territorio dello Stato.

E’ bene ricordare che la citata legge di modifica ha introdotto anche il reato di clandestinità di cui all’art. 10 bis.

Orbene un contrasto giurisprudenziale verificatosi in epoca precedente alla modifica del 2009 era stato risolto dalle Sezioni Unite (SU 29 ottobre 2003, n. 45801, Mesky), pronuncia richiamata anche dalla Corte di merito, nel senso che l’obbligo di esibizione del passaporto o di altro documento di identificazione incombeva anche sullo straniero immigrato clandestinamente. Dopo la modifica legislativa della norma citata la giurisprudenza della Suprema Corte ha continuato ad affermare che è esigibile anche nei confronti dello straniero, che abbia fatto ingresso irregolare nel territorio dello Stato, l’obbligo di esibizione dei documenti di identificazione o dei documenti di soggiorno (Cass., Sez. 1, n. 44157, del 23 settembre – 18 novembre 2009, Calmus, rv 245555; Cass., Sez. 1, 20 gennaio 2010, Wainan; Cass., Sez. 1, 30 settembre 2010, Timimouni).

Senonchè sempre la prima Sezione della Corte, con ordinanza in data 11-30 novembre 2010 ha ritenuto non condivisibile l’orientamento segnalato perchè contrastante sia con la lettera della disposizione e, quindi, con la tipicità della condotta, sia con una interpretazione logico-sistematica delle novità di disciplina introdotte con la più volte citata L. n. 94 del 2009, ed ha rimesso la quaestio iuris alle Sezioni Unite Penali.

Queste ultime con sentenza emessa in data 24 febbraio 2011, PM contro Alacev Pavel, di cui non risulta essere stata ancora depositata la motivazione, hanno risolto il potenziale conflitto di giurisprudenza ed hanno stabilito che la modificazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 6, comma 3, ad opera della L. 15 luglio 2009, n. 94, art. 1, comma 22, lett. h), ha circoscritto i soggetti attivi del reato di inottemperanza "all’ordine di esibizione del passaporto o di altro documento di identificazione e del permesso di soggiorno o di altro documento attestante la regolare presenza nel territorio della Stato" esclusivamente agli stranieri legittimamente soggiornanti nel territorio dello Stato, con conseguente abolitio criminis per gli stranieri extra comunitari irregolari.

Il Collegio condivide tale indirizzo perchè fondato su una corretta interpretazione letterale e logico-sistematica della norma in esame.

Sul piano letterale deve, invero, rilevarsi che il legislatore nella nuova formulazione della norma ha sostituito la congiunzione e, posta tra le classi dei documenti di identificazione e dei documenti di soggiorno da esibire, alla disgiuntiva o, che nella previgente formulazione collegava in alternativa le due doppie di termini.

Da ciò si desume che la disposizione incriminatrice tipizza chiaramente la fattispecie nel senso che, ai fini della integrazione del reato, è necessaria la concorrenza dell’omessa esibizione dei documenti di identificazione con quella del titolo di soggiorno.

Se ciò è vero risulta evidente la estromissione dei clandestini dal novero dei soggetti attivi del reato, poichè gli stessi sono necessariamente privi, proprio per la condizione di clandestinità in cui versano, sia del permesso di soggiorno che di alcun altro titolo di soggiorno, laddove – è utile ripeterlo – il contenuto del disposto normativo concerne indefettibilmente la esibizione del permesso di soggiorno o di altro documento attestante la regolare presenza nel territorio dello Stato.

Del resto la modifica appare del tutto ragionevole perchè, sotto un profilo logico-sistematico, deve osservarsi che con la citata L. n. 94 del 2009 è stato, contestualmente alla modifica del D.Lgs. n. 298 del 1998, art. 6, comma 3, introdotto il nuovo reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato (D.Lgs n. 286 del 1998, art. 10 bis).

Ciò significa che il legislatore ha creato un duplice sistema sanzionatorio: il primo è imperniato sulla contravvenzione di cui al novellato D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 6, comma 3, per gli stranieri soggiornanti regolari, mentre il secondo, fondato sulle previsioni incriminatici di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 10 bis, art. 14, comma 5 ter, art. 14, comma 5 quater e art. 13 per gli stranieri soggiornanti irregolari.

Da tutto quanto detto si deve dedurre che il fatto contestato al ricorrente non è più previsto dalla legge come reato per esservi stata una abolitio criminis.

La nuova disposizione di legge si applica ai sensi dell’art. 2 c.p. al ricorrente.

Sul punto, pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato.

Conseguentemente deve essere eliminata la pena inflitta per tale reato, che, secondo i calcoli effettuati dal giudice di primo grado è di giorni 10 di reclusione per aumento di pena per la continuazione rispetto al reato più grave di cui all’art. 495 c.p..

Dal momento che il ricorso non è inammissibile perchè è stato accolto il primo motivo di gravame rileva, quanto al reato sub b), il decorso del termine prescrizionale in relazione al fatto del (OMISSIS), termine di sette anni e sei mesi scaduto il 28 febbraio 2010.

In ordine a tale fatto, pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio per essere il reato estinto per intervenuta prescrizione. Deve essere conseguentemente eliminato l’aumento per la così detta continuazione interna relativo a tale episodio pari a giorni cinque di reclusione. Restano ferme le altre disposizioni della sentenza impugnata perchè non sottoposte a gravame.
P.Q.M.

La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato sub a) perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato ed elimina l’aumento di pena per continuazione di giorni dieci di reclusione;

Annulla altresì senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al capo b) per il fatto commesso il (OMISSIS) per essere il reato estinto per prescrizione ed elimina il relativo aumento di pena di giorni cinque di reclusione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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