Cass. civ. Sez. I, Sent., 19-09-2011, n. 19110 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Ministero della Giustizia ricorre per cassazione, sulla base di due motivi, avverso il decreto in data 25 maggio 2009, con il quale la Corte di appello di Roma, in sede di giudizio di rinvio in seguito all’annullamento di un precedente decreto lo ha condannato al pagamento in favore di P.F. della somma di Euro 10.000,00, oltre agli interessi legali a decorrere dalla data del decreto, a titolo di equo indennizzo per la violazione del termine ragionevole di durata di un giudizio civile, promosso per risarcimento danni da sinistro stradale davanti al Tribunale di Napoli con citazione del 27 settembre 1988 e definito con sentenza del 27 gennaio 2000. L’intimato P.F. non ha svolto difese.
Motivi della decisione

Con il primo motivo il Ministero ricorrente si duole che la Corte d’appello, determinata in tre anni la durata ragionevole del giudizio, abbia quantificato il periodo di durata non ragionevole in dieci anni, anzichè in otto anni e quattro mesi, attesa la durata complessiva del giudizio stesso di undici anni e quattro mesi.

Con il secondo motivo, proposto in via subordinata, il Ministero della Giustizia lamenta che l’equo indennizzo sia stato determinato nella misura di mille euro per ciascun anno di ritardo, in misura superiore ai parametri stabiliti dalla giurisprudenza della Corte di cassazione. Il primo motivo è fondato. Infatti, avendo il giudice di merito accertato la durata complessiva del giudizio presupposto, protrattosi per undici anni e quattro mesi dal del 27 settembre 1988 27 gennaio 2000, e stabilito in tre anni il periodo di durata ragionevole dello stesso, la durata non ragionevole va determinata in otto anni e quattro mesi.

Resta assorbito il secondo motivo, proposto in via subordinata e dovendosi comune procedere ad una nuova determinazione dell’ammontare dell’indennizzo, in conseguenza dell’accoglimento del primo motivo di ricorso.

Il decreto impugnato deve essere dunque cassato in relazione alla censura accolta e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2. In particolare, determinata in otto anni e quattro mesi la durata non ragionevole del giudizio presupposto, alla stregua di quanto osservato in precedenza, il parametro per indennizzare la parte del danno non patrimoniale subito in detto giudizio va individuato nell’importo non inferiore ad Euro 750,00 per anno di ritardo, alla stregua degli argomenti svolti nella sentenza di questa Corte n. 16086 del 2009; secondo tale pronuncia, in tema di equa riparazione per violazione del diritto alla ragionevole durata del processo e in base alla giurisprudenza della Corte dei diritti dell’uomo (sentenze 29 marzo 2006, sui ricorsi n. 63261 del 2000 e nn. 64890 e 64705 del 2001), gli importi concessi dal giudice nazionale a titolo di risarcimento danni possono essere anche inferiori a quelli da essa liquidati, a condizione che le decisioni pertinenti siano coerenti con la tradizione giuridica e con il tenore di vita del paese interessato, e purchè detti importi non risultino irragionevoli, reputandosi, peraltro, non irragionevole una soglia pari al 45 per cento del risarcimento che la Corte avrebbe attribuito, con la conseguenza che, stante l’esigenza di offrire un’interpretazione della L. 24 marzo 2001, n. 89 idonea a garantire che la diversità di calcolo non incida negativamente sulla complessiva attitudine ad assicurare l’obiettivo di un serio ristoro per la lesione del diritto alla ragionevole durata del processo, evitando il possibile profilarsi di un contrasto della medesima con l’art. 6 della CEDU (come interpretata dalla Corte di Strasburgo), la quantificazione del danno non patrimoniale deve essere, di regola, non inferiore a Euro 750,00 per ogni anno di ritardo eccedente il termine di ragionevole durata; tali principi vanno confermati in questa sede, con la precisazione che il suddetto parametro va osservato in relazione ai primi tre anni eccedenti la durata ragionevole, dovendo invece aversi riguardo per quelli successivi, al parametro di Euro 1.000,00 per anno di ritardo, tenuto conto che l’irragionevole durata eccedente tale periodo comporta un evidente aggravamento del danno (Cass. 2009/16086; 2010/819); nel caso di specie si deve, di conseguenza, riconoscere al P., in relazione ad una durata non ragionevole di otto anni e quattro mesi, l’indennizzo di Euro 7.600,00, oltre agli interessi legali dalla domanda al saldo, al cui pagamento deve essere condannato il Ministero soccombente.

Le spese dei due giudizi di merito e dei due giudizi di cassazione seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo, con distrazione di quelle dei due giudizi di merito e del primo giudizio di cassazione in favore del difensore del P., avv. Giovanni Guarino, dichiaratosi antistatario.
P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo, assorbito il secondo. Cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero della giustizia al pagamento in favore del ricorrente della somma di Euro 7.600,00, oltre agli interessi legali dalla domanda.

Condanna il Ministero soccombente al pagamento in favore del ricorrente delle spese del doppio giudizio di merito, che si liquidano per ciascun giudizio in Euro 1.140,00, di cui Euro 600,00 per competenze ed Euro 50,00 per esborsi, oltre a spese generali e accessori di legge, e delle spese del primo giudizio di cassazione,che si liquidano in Euro 965,00, di cui euro 865 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, con distrazione di dette spese in favore del procuratore del ricorrente, avv. Giovanni Guarino, dichiaratosi antistatario.

Condanna il P. al pagamento in favore del Ministero della Giustizia delle spese del presente giudizio di cassazione, che si liquidano in Euro 900,00 oltre alle spese prenotate a debito.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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