T.A.R. Lombardia Milano Sez. II, Sent., 18-05-2011, n. 1281Piano di lottizzazione convenzionato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

In data 4.11.1993 il Comune di San Donato Milanese e la società Snam Spa, dante causa dell’attuale ricorrente, stipulavano una convenzione di lottizzazione di aree site nell’unità urbanistica denominata "Q.A.".

La società Snam e la sua avente causa I.M. Spa procedevano poi alla costruzione di una serie di edifici, alienati successivamente a terzi, i quali si riunivano in un consorzio, denominato "Consorzio Q.A.", che, con atto notarile del 20.5.1999, acquistava da I.M. Spa ulteriori terreni di proprietà di quest’ultima, sui quali erano state realizzate opere di urbanizzazione primaria e secondaria.

Il Consorzio Q.A. (d’ora innanzi, per brevità, indicato anche solo come "Consorzio"), effettuava la manutenzione di parcheggi, impianti e strade asservite ad uso pubblico, finché, mediante l’attuale ricorso principale, conveniva in giudizio il Comune di San Donato, per chiedere che fosse accertato in capo a quest’ultimo l’obbligo di manutenzione ordinaria e straordinaria delle strade e degli impianti pubblici, con conseguente condanna dell’Amministrazione al rimborso delle somme sino ad allora pagate dal Consorzio per le suddette opere manutentive.

Si costituiva in giudizio il Comune intimato, concludendo per il rigetto del ricorso.

Con deliberazione del Consiglio Comunale n. 29 del 28.7.2010, l’Amministrazione di San Donato adottava un (così denominato), "Atto di ricognizione con conseguente estinzione delle obbligazioni mediante parziale monetizzazione e cessione di aree", relativo alle lottizzazioni "Q.A." e "San Francesco".

Nella parte dispositiva della suddetta deliberazione (punto 2), il Consiglio confermava le "previsioni manutentive contenute nell’originaria convenzione del PdL Q.A., circa gli impegni manutentivi posti a carico del Consorzio Q.A….".

In relazione a tale parte del dispositivo, l’esponente proponeva motivi aggiunti con domanda di sospensiva, chiedendo l’annullamento della deliberazione consiliare per i motivi che possono così essere sintetizzati:

1) violazione di legge per contrarietà con il contenuto della convezione, eccesso di potere per interferenza della delibera con un contenzioso in corso;

2) violazione di legge per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento;

3) violazione dell’art. 78 del D.Lgs. 267/2000, per mancata astensione di due consiglieri comunali.

In esito all’udienza cautelare del 16.12.2010, il difensore del ricorrente rinunciava alla domanda di sospensiva e nella stessa sede era fissata l’udienza pubblica al 5.5.2011.

Alla successiva pubblica udienza del 5.5.2011, la causa era trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

1. Attraverso un solo ed articolato motivo, nel ricorso principale il Consorzio chiede di accertare che gli obblighi di manutenzione ordinaria e straordinaria di una serie di opere, sino ad oggi assolti dallo stesso, sono in realtà a carico del Comune di San Donato Milanese.

A sostegno della propria pretesa, l’esponente richiama la convenzione urbanistica sottoscritta dalla propria dante causa con il Comune nel 1993 (ed integrata da accordi successivi), sicché la questione fondamentale portata all’attenzione dello scrivente Tribunale attiene alla corretta interpretazione della convenzione medesima, da condursi avvalendosi dei criteri ermeneutici di cui agli articoli 1362 e seguenti del codice civile, per una duplice serie di ragioni:

– alla convenzione urbanistica, quale accordo integrativo o sostitutivo del provvedimento di cui all’art. 11 della legge 241/1990, sono certamente applicabili i principi del codice civile sulle obbligazioni e sui contratti, stante l’espressa previsione del comma 2° del citato art. 11 (su tale applicazione, si veda Consiglio di Stato, sez. IV, 17.5.2010, n. 3129);

– gli articoli del codice civile sull’interpretazione del contratto (1362 e seguenti), sono in ogni caso ritenuti, dalla giurisprudenza, applicabili anche ai fini dell’interpretazione degli atti amministrativi (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 10.3.1997, n. 229 e da ultimo, fra le tante, T.R.G.A. Trento, 10.2.2011, n. 37).

Ciò premesso, occorre prendere le mosse dall’atto del 20.5.1999 (cfr. doc. 2 del ricorrente), con il quale il Consorzio acquistava da I.M. una serie di aree con i connessi obblighi, derivanti dalla originaria convenzione di lottizzazione del 1993 relativa al PL "Q.A." (cfr. per l’esatta identificazione del comparto, anche i documenti 3 e 4 del resistente).

L’atto di cessione del 1999 richiama nelle proprie premesse la convenzione di lottizzazione del 1993 (quest’ultima prodotta in giudizio dall’esponente quale suo doc. 1), ed in tali premesse (punti 3 e 4), è espressamente indicato che il Consorzio Q.A. è stato istituito fra i proprietari dei lotti fondiari del comparto per la "gestione e manutenzione delle opere di urbanizzazione realizzate sulle aree asservite all’uso pubblico", visto che gli oneri manutentivi delle opere di urbanizzazione sono "a carico dei lotti fondiari edificabili".

Ancora, al punto 7 delle premesse, è previsto il subentro del Consorzio nelle "obbligazioni di gestione e manutenzione delle opere di urbanizzazione previste dal piano di lottizzazione".

Con due successivi atti notarili del 27.7.2004 e del 12.4.2007, sottoscritti dal Consorzio con la società A. Srl, avente causa da I.M. Spa, le parti provvedevano esclusivamente alla corretta identificazione catastale dei terreni oggetto della cessione del 1999, facendo però salve le pattuizioni sino ad allora intercorse (cfr. documenti 3 e 4 del ricorrente ed in particolare l’art. 3 dell’atto del 27.7.2004).

Appare quindi evidente, in base alla testuale interpretazione delle clausole dell’atto di cessione del 1999 (in applicazione dell’art. 1362, comma 1°, del codice civile, che peraltro impone all’interprete di non accontentarsi del "senso letterale delle parole", dovendo tenersi conto della "comune intenzione delle parti"), che gli obblighi di manutenzione delle opere di urbanizzazione sono a carico del Consorzio, così come secondo la convenzione di lottizzazione del 1993, richiamata peraltro nell’atto di cessione, gli stessi obblighi erano posti in capo ai "lotti fondiari edificabili".

L’atto di cessione del 1999 assume in tal modo una funzione anche in qualche maniera chiarificatrice del contenuto e della portata della precedente convenzione del 1993, nel rispetto dell’art. 1362, comma 2°, del codice civile, in forza del quale per determinare la "comune intenzione delle parti", si deve valutare il loro comportamento complessivo anche posteriore alla conclusione del contratto.

E’ indubbio infatti che il Consorzio, sia al momento della cessione delle aree nel 1999 sia nei successivi atti, abbia sempre chiaramente riconosciuto la titolarità degli obblighi manutentivi delle opere di urbanizzazione del comparto e questo non solo negli accordi sopra citati, conclusi con gli aventi causa di Snam Spa (parte originaria della convenzione del 1993), ma anche in quelli stipulati con lo stesso Comune di San Donato Milanese.

Sul punto si veda, infatti, la convezione del 29.4.2005 fra il Consorzio e la resistente Amministrazione per la gestione del Parco della Pieve, nel quale il ricorrente si riconosce ancora "proprietario e gestore delle opere urbanizzative realizzate in forza della convenzione di lottizzazione del 4.11.1993" (cfr. doc. 6 del resistente, primo alinea delle premesse).

Nessuno dei citati accordi, a partire dalla cessione del 1999, risulta essere mai stato contestato dal ricorrente nelle opportune sedi, almeno per quanto concerne il problema della manutenzione delle opere di urbanizzazione, per cui anche sotto tale profilo si rileva la "comune intenzione" delle parti contrattuali.

Di conseguenza, appare provato che il ricorrente ha convenzionalmente assunto l’obbligo di manutenzione delle opere di urbanizzazione del comparto, senza che tale obbligo possa ritenersi vanificato per effetto delle norme di legge richiamate dal ricorrente, relative alle servitù prediali ( art. 1069 del codice civile), oppure alle strade vicinali (D.L.Lgt. 1446/1918), norme che non inficiano la vincolatività degli accordi raggiunti fra le parti (si ricordi che, a mente dell’art. 1372 del codice civile, il contratto "ha forza di legge fra le parti").

Ancora, le spese sostenute dal Consorzio per la manutenzione appaiono giustificate alla luce delle previsioni contrattuali sopra ricordate, per cui non vi è spazio alcuno per l’accoglimento della domanda di condanna contenuta nel ricorso.

Da ultimo, preme evidenziare altresì che dalla lettura della disciplina urbanistica relativa alle opere di urbanizzazione (cfr. art. 16 del DPR 380/2001 e art. 44 della legge regionale 12/2005), non si desume alcun divieto per i privati proprietari di assumere convenzionalmente obblighi manutentivi delle opere di urbanizzazione, delle quali beneficiano i proprietari stessi.

In conclusione, il ricorso principale deve rigettarsi in ogni sua domanda.

2. Con riguardo ai motivi aggiunti proposti contro la deliberazione consiliare n. 29/2010, preme in primo luogo al Collegio evidenziare come la presente controversia non possa ritenersi connessa ad altro ricorso proposto contro la medesima delibera (assegnato sempre alla presente Sezione II con numero di ruolo RG 2478/2010), essendo differenti sia la parte ricorrente sia – soprattutto – la causa petendi dell’azione proposta.

Ciò premesso e con riguardo alla parte della delibera oggetto di specifica contestazione nei motivi aggiunti (vale a dire il punto 2 del dispositivo), l’impugnazione appare infondata, visto che la deliberazione, esclusivamente sotto tale profilo, si limita semplicemente a "confermare", senza però apportare alcuna modifica, le previsioni dell’originaria convenzione del PdL Q.A., previsioni la cui portata e la cui interpretazione sono già state oggetto della decisione del ricorso principale.

Atteso quindi il carattere meramente ricognitivo della disposizione sopra citata della delibera consiliare, le tre censure svolte nell’atto di motivi aggiunti appaiono infondate.

In primo luogo, infatti, la delibera non apporta alcuna modifica alla convenzione urbanistica del 1993, limitandosi a richiamarla (motivo aggiunto n. 1); inoltre non sussisteva alcun obbligo per l’Amministrazione di comunicazione dell’avvio del procedimento al Consorzio, attesa la mancanza di novità della statuizione contenuta al punto 2 della delibera (motivo aggiunto n. 2).

Anche per quanto riguarda il motivo aggiunto n. 3, relativo alla presunta violazione dell’art. 78 del D.Lgs. 267/2000 per mancata astensione dei consiglieri comunali Lisandroni e Beatrice, occorre ricordare nuovamente il carattere meramente ricognitivo della delibera, per cui non si comprende quale "specifico interesse" – secondo l’espressa dizione dell’art. 78 citato – i consiglieri avrebbero potuto far valere; essendosi semplicemente limitati, attraverso il proprio voto, a richiamare il contenuto di una convenzione urbanistica esistente.

In conclusione, deve confermarsi il rigetto dei motivi aggiunti.

3. La complessità e la novità delle questioni trattate inducono il Collegio a compensare interamente fra le parti le spese di causa.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda),

definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li respinge in ogni loro domanda.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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