Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 01-04-2011) 18-05-2011, n. 19629

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

– che con l’impugnata sentenza la corte d’appello di Reggio Calabria, decidendo su gravame proposto dai coniugi S.C. e L.D. avverso la sentenza di primo grado con la quale erano stati ritenuti responsabili di falso ideologico in atti pubblici per avere, secondo l’accusa, formato due false ricevute di raccomandate fatte figurare, mediante l’apposizione di un timbro vero, come spedite il (OMISSIS), confermò il giudizio di penale responsabilità della S. mentre mandò assolto per non aver commesso il fatto il L., essendo risultata escluso che costui fosse dipendente dall’ufficio postale dal quale le raccomandate apparivano spedite e avesse quindi, in detta qualità, potuto aver parte nella commissione del reato;

– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la difesa della S., denunciando violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. d) sull’assunto, in sintesi e nell’essenziale, che, una volta esclusa la corresponsabilità del L., a suo tempo basata soltanto sul fallace presupposto della sua qualità di dipendente dell’ufficio postale, non sarebbe stato possibile affermare la penale responsabilità della S. senza che risultasse individuato il soggetto appartenente all’ufficio postale che, su istigazione della donna, avesse materialmente realizzato il falso, peraltro non qualificabile – si sostiene – come falso in atto pubblico sia per il suo contenuto sia per la qualità del soggetto agente.
Motivi della decisione

– che va preliminarmente osservato, trattandosi di questione attinente alla qualificazione giuridica del fatto e pertanto rilevabile anche d’ufficio in questa sede, che il falso di cui è causa, stando agli elementi di fatto emergenti dalle sentenze di merito, ha natura di falso materiale e non di falso ideologico, atteso che le ricevute in questione o erano in tutto materialmente false o, se vere (nel senso che le raccomandate erano state effettivamente ricevute dall’ufficio postale), erano state materialmente alterate nella data;

– che, ciò posto, una volta esclusa la partecipazione al fatto del soggetto erroneamente ritenuto investito della qualifica pubblicistica, ed in assenza di elementi che facciano apparire come necessaria la consapevole partecipazione di altro soggetto, non identificato, investito di detta qualifica (non essendo, a tal fine, con ogni evidenza, sufficiente il solo fatto che la falsa data di spedizione sia stata apposta con un timbro vero, di cui anche un soggetto estraneo all’ufficio ben avrebbe potuto avere la occasionale e momentanea disponibilità), ne deriva che il reato addebitato alla ricorrente non può che essere qualificato come falso materiale in atti pubblici commesso da privato e pertanto punibile (avuto riguardo all’avvenuta concessione delle attenuanti generiche che elide la rilevanza dell’aggravante correlata alla ritenuta attribuibilità di atti fidefacienti alle ricevute in questione), con la pena massima di anni quattro di reclusione;

– che pertanto il reato, come sopra qualificato, è soggetto alla prescrizione massima di anni sette e mesi sei, ampiamente decorsa già alla data della sentenza di secondo grado, risalendo il fatto, secondo la contestazione, ad epoca di poco successiva al 16 maggio 1996; il che rende priva di rilevanza, nella fattispecie, la questione di costituzionalità della L. n. 251 del 2005, art. 10, comma 3, in relazione all’art. 117 Cost., sollevata all’odierna udienza dal rappresentante della procura generale presso questa Corte e già ritenuta, in altre occasioni, non manifestamente infondata.
P.Q.M.

La Corte, qualificato il fatto come falso materiale in atto pubblico commesso da privato, annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il reato è estinto per prescrizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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