T.A.R. Lombardia Milano Sez. II, Sent., 18-05-2011, n. 1278 Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

0 cod. proc. amm.;
Svolgimento del processo

Riferiscono gli esponenti di avere presentato al Comune di Civo in data 16 luglio 2010 apposita D.I.A. (prot. n. 3065), per interventi di nuova edificazione sul terreno di loro proprietà, censito al foglio 40 mappale 433 avente natura edificabile.

Dopo oltre due mesi, con nota del 4 ottobre 2010, gli stessi hanno documentato in atti la richiesta di un’integrazione documentale da parte del Responsabile dell’Ufficio Tecnico comunale, a cui gli interessati hanno risposto il successivo 8 ottobre 2010, depositando al contempo la dichiarazione di inizio lavori.

Sennonché, con nota del 7 marzo 2011 in epigrafe specificata, l’Assessore comunale, investito dell’Ufficio Tecnico in sostituzione del Responsabile, ha disposto, tra l’altro, la sospensione, in autotutela, della D.I.A. prot. n. 3065, "con contestuale preavviso di annullamento e ingiunzione a non eseguire le opere di cui alla D.I.A. in oggetto".

In particolare, sul presupposto che con il nuovo strumento urbanistico la destinazione del terreno dei ricorrenti subirebbe la trasformazione da area residenziale a zona di tutela naturalisticaambientale, l’amministrazione comunale in causa, rilevato il contrasto delle opere previste nell’intervento oggetto della D.I.A. prot. n. 3065 con le previsioni del P.G.T. in itinere, ha disposto la sospensione della ridetta D.I.A. richiamando la legge n. 1902/52, contestualmente disponendo l’ingiunzione a non eseguire le relative opere.

Avverso tale determinazione sono insorti gli istanti, deducendone la illegittimità sotto più profili (incompetenza, violazione di legge ed eccesso di potere).

Si è costituito il Comune intimato, controdeducendo alle censure avversarie.

Alla Camera di Consiglio fissata per l’esame della domanda cautelare il Collegio, valutata la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria, sentite sul punto le parti, ha trattenuto la causa per la decisione con sentenza in forma semplificata.
Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso gli esponenti deducono il vizio di incompetenza dell’Assessore nell’adozione del provvedimento impugnato e la violazione degli artt. 107 d.lgs. n. 267/2000, 4, 5 e 6 legge n. 241/1990.

Sul punto, la difesa comunale ha replicato depositando in giudizio il provvedimento del 3 febbraio 2011, prot. n. 519 (doc. n. 7 allegati del Comune), a firma del Sindaco, con cui sarebbe stata conferita all’Assessore Paganetti, firmatario del provvedimento impugnato, la qualifica di sostituto del responsabile del servizio, geom. Quinza, all’epoca assente.

Il motivo è infondato.

L’art. 109, II° comma del d.Lgs. 1882000 n. 267, a proposito del conferimento di funzioni dirigenziali, prevede che:

"… Nei comuni privi di personale di qualifica dirigenziale le funzioni di cui all’articolo 107, commi 2 e 3, fatta salva l’applicazione dell’articolo 97, comma 4, lettera d), possono essere attribuite, a seguito di provvedimento motivato del sindaco, ai responsabili degli uffici o dei servizi, indipendentemente dalla loro qualifica funzionale, anche in deroga a ogni diversa disposizione".

A sua volta, l’art. 53, comma 23° della L. 23122000 n. 388 (legge finanziaria 2001), recante "Regole di bilancio per le regioni, le province e i comuni", ha previsto che:

"…Gli enti locali con popolazione inferiore a cinquemila abitanti fatta salva l’ipotesi di cui all’articolo 97, comma 4, lettera d), del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, approvato con decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, anche al fine di operare un contenimento della spesa, possono adottare disposizioni regolamentari organizzative, se necessario anche in deroga a quanto disposto all’articolo 3, commi 2, 3 e 4, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, e all’articolo 107 del predetto testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, attribuendo ai componenti dell’organo esecutivo la responsabilità degli uffici e dei servizi ed il potere di adottare atti anche di natura tecnica gestionale. Il contenimento della spesa deve essere documentato ogni anno, con apposita deliberazione, in sede di approvazione del bilancio" (comma così modificato dal comma 4° dell’art. 29, della L. 28 dicembre 2001, n. 448).

Dalle suesposte disposizioni consegue che, nel caso in esame, relativo ad un Comune con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti, in presenza della determinazione sindacale prot. 519 del 3 febbraio 2011 (all. n. 7 dei documenti del Comune) di nomina dei Responsabili dei Servizi e dei loro sostituti, con cui l’Assessore Paganetti Giancarlo è stato nominato – fra l’altro – sostituto del geom. Quinza Walter, a sua volta nominato Responsabile del Servizio "Sportello Unico per l’Edilizia", non sussiste il lamentato vizio di incompetenza (cfr., sull’interpretazione del riferimento contenuto nella legge finanziaria 2001 cit. alle "disposizioni regolamentari organizzative": Consiglio di Stato, Sez. V, sent. n. 1052 del 06032007, secondo cui: "Le disposizioni regolamentari organizzative cui fa riferimento la norma non necessariamente indicano l’approvazione di un regolamento").

Con il secondo e il quarto motivo di ricorso (da trattare congiuntamente in quanto vertenti su questioni connesse), i ricorrenti lamentano la violazione degli artt. 7, 8, 9 e 10 della legge n. 241/1990, nonché la violazione del principio del giusto procedimento e della partecipazione all’azione amministrativa, poiché l’atto impugnato, pur avendo natura di provvedimento di secondo grado, essendo intervenuto su un precedente provvedimento autorizzativo (la D.I.A. prot. 3065 cit.) già perfezionato, non sarebbe stato preceduto da alcuna comunicazione ai diretti interessati. Violazione degli artt. 19 e 21 quinquies e nonies della L. n. 241 cit. ed eccesso di potere per travisamento.

I motivi sono inammissibili per carenza di interesse.

In tal senso, rileva il Collegio come l’atto impugnato, nella parte in cui costituisce esplicazione dei poteri di autotutela dell’amministrazione ai sensi dell’art. 21nonies della legge n. 241/90 cit., non disponga direttamente l’annullamento della D.I.A. prot. 3065, ma si limiti a comunicare il preavviso di annullamento, ai sensi dell’art. 10 bis della legge da ultimo cit.

Per tale via, si deve ritenere che tale atto non costituisca ancora la determinazione finale nell’ambito del procedimento preordinato all’annullamento della predetta D.I.A., con la conseguenza che, sotto tale specifico aspetto, lo stesso atto non può considerarsi immediatamente lesivo della sfera giuridica dei ricorrenti. Da ciò la già rilevata inammissibilità, per difetto di interesse ad impugnare un mero preavviso di annullamento.

Con il terzo motivo, infine, gli esponenti denunciano la violazione e falsa applicazione degli artt. 12 e 23 d.P.R. n. 380/2001; 13 e 36 della legge regionale n. 12/2005; 19 legge n. 241/1990, 1 comma 36° della legge n. 311/2004; nonché l’eccesso di potere per travisamento e perplessità della motivazione.

In sostanza, con le suindicate censure gli esponenti lamentano l’erronea applicazione che sarebbe stata data all’istituto delle misure di salvaguardia in relazione al caso di specie, a seguito dell’adozione, con deliberazione del Consiglio comunale di Civo del 9.1.2011, del Piano di Governo del Territorio. Ciò, in quanto, stando al combinato disposto degli artt. 12, co. 3° d.P.R. n. 380/2001 e 13, co. 12° della legge regionale 12/2005, l’applicazione delle misure di salvaguardia – nel periodo intercorrente tra l’adozione e la pubblicazione dell’avviso di approvazione degli atti di PGT – potrebbe intervenire a sospendere soltanto i procedimenti preordinati al rilascio del titolo edilizio, mentre, una volta perfezionatosi il procedimento con la formazione del titolo abilitativo, per la sospensione dei lavori inerenti l’intervento autorizzato sarebbe necessario l’intervento della competente autorità regionale, ai sensi dell’art. 12, co. 4° del T.U. cit. Poiché, concludono gli esponenti, nel caso di specie la D.I.A. si sarebbe già ampiamente perfezionata alla data del 7.11.2010, per effetto del decorso di giorni trenta dalla data (dell’8.10.2010) in cui sarebbe stata depositata in Comune la documentazione integrativa richiesta con nota comunale del 4.10.2010, il Comune non avrebbe avuto più alcunché da sospendere.

Le controdeduzioni della difesa comunale, sul punto, fanno leva, sia sul mancato perfezionamento della D.I.A., sul presupposto che i ricorrenti non avrebbero fornito tutte le integrazioni richieste con la nota del 4.10.2010; che sull’applicabilità delle misure di salvaguardia sino al momento dell’effettivo inizio dei lavori oggetto del programmato intervento, inizio che, nel caso esaminando, risalirebbe al marzo 2011.

Il motivo è fondato.

Il testo fondamentale in materia di misure di salvaguardia è costituito dall’articolo unico della legge 3 novembre 1952, n. 1902, abrogato dall’art. 24 del D.L. n.112/1998.

Attualmente la materia è disciplinata dall’art. 12, commi 3° e 4° del d.P.R. 662001 n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) che, a proposito dei "Presupposti per il rilascio del permesso di costruire", così dispone:

"In caso di contrasto dell’intervento oggetto della domanda di permesso di costruire con le previsioni di strumenti urbanistici adottati, è sospesa ogni determinazione in ordine alla domanda. La misura di salvaguardia non ha efficacia decorsi tre anni dalla data di adozione dello strumento urbanistico, ovvero cinque anni nell’ipotesi in cui lo strumento urbanistico sia stato sottoposto all’amministrazione competente all’approvazione entro un anno dalla conclusione della fase di pubblicazione" (terzo comma).

"A richiesta del sindaco, e per lo stesso periodo, il presidente della giunta regionale, con provvedimento motivato da notificare all’interessato, può ordinare la sospensione di interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio che siano tali da compromettere o rendere più onerosa l’attuazione degli strumenti urbanistici"(quarto comma).

Nella Regione Lombardia, poi, completano il quadro gli artt. 13, comma 12° e 36, comma 3° e 4° della legge regionale n. 12/2005, che così, rispettivamente, dispongono:

– "Nel periodo intercorrente tra l’adozione e la pubblicazione dell’avviso di approvazione degli atti di PGT si applicano le misure di salvaguardia in relazione a interventi, oggetto di domanda di permesso di costruire, ovvero di denuncia di inizio attività, che risultino in contrasto con le previsioni degli atti medesimi" (art. 13, comma 12°);

– "Nel periodo intercorrente tra l’adozione e la definitiva approvazione degli strumenti di pianificazione comunale, a richiesta del dirigente del competente ufficio comunale, ovvero, laddove costituito, dello sportello unico per l’edilizia, il dirigente della competente struttura regionale, con provvedimento motivato da notificare all’interessato, può ordinare la sospensione di interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio che siano tali da compromettere o rendere più onerosa l’attuazione dei predetti strumenti"(art. 36, 3° comma).

– "Sino all’adozione degli atti di PGT secondo quanto previsto nella parte prima della presente legge, in caso di contrasto dell’intervento oggetto della domanda di permesso di costruire con le previsioni degli strumenti urbanistici adottati, è sospesa ogni determinazione in ordine alla domanda stessa. La misura di salvaguardia non ha efficacia decorsi tre anni dalla data di adozione dello strumento urbanistico, ovvero cinque anni nell’ipotesi in cui lo strumento urbanistico sia stato sottoposto all’amministrazione competente per la approvazione entro un anno dalla conclusione della fase di pubblicazione"(art. 36, 4° comma).

Da siffatto contesto normativo si ricava l’esistenza di due tipi di misure di salvaguardia:

– da un lato, quelle cd. normali (artt., 12, 3° comma, d.P.R. cit., 34, 4° comma L.R. cit.), estrinsecazione di attività vincolata da parte dell’amministrazione, che hanno lo scopo di evitare che, nel periodo intercorrente fra l’adozione e l’approvazione dei piani urbanistici, siano rilasciati provvedimenti che, sulla base di un regime più permissivo, consentono trasformazioni del territorio che possono compromettere l’assetto urbanistico previsto dagli strumenti adottati. Esse consistono, quindi, in una cautela di tipo "formale" prima ancora che "materiale", nel senso di inibire, non già, l’attività edilizia scaturente dall’autorizzazione, ma, ancor prima, ogni determinazione sulle domande di intervento edilizio, ove il dirigente del competente ufficio comunale ravvisi un contrasto dell’intervento programmato con il piano adottato.

– Da ciò la differenza rispetto alle altre misure, cd. eccezionali (artt. 12, 4° comma d.P.R. cit. e 34, 3° comma L.R. cit.), di carattere discrezionale e relative a permessi di costruire già rilasciati, che investono attività edilizie in corso di esecuzione. Qui si tratta, per l’esattezza, di provvedimenti di competenza dell’autorità regionale che, incidendo su un titolo edilizio già perfezionato e, dunque, su una posizione di diritto soggettivo, non tollerano automatismi ma postulano un’adeguata ponderazione dell’interesse pubblico con l’interesse dei privati incisi dalla misura in questione.

Ebbene, in relazione al caso che qui occupa, a venire in rilievo è una misura di tipo "normale", adottata dall’autorità comunale a seguito del rilevato contrasto con il P.G.T. in itinere, di cui deve essere verificata la legittimità, in relazione all’ambito inciso dalla disposta cautela.

E, a ben vedere, la tesi comunale secondo cui qui si sarebbe legittimamente intervenuti su una D.I.A. non ancora perfezionata, per incompletezza della documentazione ad essa allegata, non può essere affatto condivisa, tenuto conto che il Comune soltanto nell’odierna sede processuale ha evidenziato l’esistenza del suindicato deficit istruttorio, in relazione alle richieste contenute nella nota comunale del 4.10.2010, mai in precedenza dedotto e, soprattutto, mai contestato all’indirizzo dei ricorrenti, successivamente all’integrazione documentale dagli stessi fornita in data 8.10.2010, proprio in riscontro alla suddetta nota.

In tali evenienze, rammentato come – sul piano strettamente normativo – la D.I.A. è stata introdotta in via generale dall’art. 19 della L.n.241 del 1990 (che, in realtà, oggi disciplina la segnalazione certificata di inizio attività, detta s.c.i.a.) e, con riferimento alla materia edilizia, dagli artt. 22 e 23 del d.P.R. n.380/2001, non può in alcun modo sostenersi il mancato perfezionamento della D.I.A., essendo ampiamente decorsi i termini di cui ai commi 1° e 6°, del cit. art. 23.

Il potere inibitorio dell’amministrazione in materia di D.I.A., infatti, è – per orientamento costante della giurisprudenza – "estinguibile", in quanto sottoposto al termine di esercizio perentorio di giorni trenta dalla presentazione della denuncia, al pari dell’attività di verifica cui è funzionalmente collegato. Ne consegue che, spirato detto termine, l’attività edilizia potrà essere liberamente iniziata non potendo l’amministrazione intervenire sulla stessa tramite l’esercizio di un potere inibitorio ormai esauritosi e salvo restando il potere di autotutela, ma soggetto a ben diversi presupposti (cfr. T.A.R. Campania Napoli, sez. VIII, 08 ottobre 2009, n. 5200; T.A.R. Veneto, Venezia, sez. II, 09 luglio 2009, n. 2137; T.A.R. Lombardia Milano, sez. II, 17 giugno 2009, n. 4066; T.A.R. Liguria, 22 gennaio 2003, n. 113).

Né si può ritenere, per le ragioni già sopra esposte, che possano all’uopo supplire le misure di salvaguardia di competenza comunale poiché esse, giova ribadire, trovano un ostacolo invalicabile nell’avvenuto perfezionamento della D.I.A. (mentre, come già accennato, l’eccezionale rimedio inibitorio dei lavori deve passare al vaglio della competente autorità regionale, all’uopo investita del potere discrezionale di intervento cautelare, in forza delle disposizioni sopra citate).

Il motivo da ultimo scrutinato risulta, nei suesposti sensi, fondato.

Deve essere, per contro, respinta la formulata domanda risarcitoria, in considerazione della rapida definizione della controversia nell’odierna sede cautelare in senso favorevole ai ricorrenti e, comunque, in mancanza di allegazioni sia sull’an che sul quantum dei lamentati danni da parte degli esponenti medesimi.

Per le considerazioni che precedono, il ricorso in epigrafe specificato deve essere accolto, nei sensi di cui in motivazione, con conseguente annullamento del provvedimento con esso impugnato. Deve essere, invece, respinta la domanda risarcitoria.

Le spese seguono la soccombenza, e sono liquidate a favore dei ricorrenti e a carico dell’intimata amministrazione comunale nella misura di cui al dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla il provvedimento come in epigrafe impugnato. Respinge la domanda risarcitoria.

Pone le spese di lite a carico del Comune di Civo e a favore dei ricorrenti nella misura di euro 2.500,00, oltre gli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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