Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 01-04-2011) 18-05-2011, n. 19625

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

– che con l’impugnata sentenza, per quanto ancora qui d’interesse, fu confermato il giudizio di penale responsabilità di T. F. in ordine al reato di lesioni personali volontarie in danno di M.E., commesso spruzzandole negli occhi una sostanza antiparassitaria e percotendola ad un braccio, con conferma altresì delle statuizioni civili in favore della persona offesa, costituitasi parte civile;

– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, con atto a propria firma, l’imputata, denunciando:

1) inosservanza di norme processuali, sull’assunto, in sintesi e nell’essenziale, che: -1/a) sarebbe stato da dichiarare nullo, per genericità dell’imputazione e mancata indicazione delle fonti di prova, il decreto con il quale essa imputata era stata originariamente tratta a giudizio davanti al giudice di pace (il quale aveva poi declinato la propria competenza in favore di quella del tribunale, per ritenute ragioni di connessione con il procedimento instaurato presso detto ultimo ufficio a carico di Mo.Cl., marito della M., per il reato di minaccia grave in danno dell’attuale ricorrente); – 1/b) frutto di "gravissimo errore" commesso dal pubblico ministero nel corso del giudizio davanti al tribunale sarebbe stata l’acquisizione di prove riguardanti un diverso e separato procedimento per danneggiamento (quali, in particolare, alcune fotografie riproducenti lo stato dei luoghi), a fronte della mancata acquisizione, per converso, di prove presenti nel fascicolo delle indagini dello stesso pubblico ministero ed attinenti al vero oggetto del presente giudizio;

2) vizio di motivazione in ordine al confermato giudizio di condanna, in quanto: -2/a) si sarebbe fatto indebito riferimento, da parte dei giudici di primo e secondo grado, ad un inesistente decreto penale di condanna emesso nei confronti della ricorrente come pure all’asserita mancata disponibilità, da parte della ricorrente, a rimettere la querela nei confronti del Mo., non considerando che il reato a questi addebitato era perseguibile d’ufficio; -2/b) indebitamente la M. sarebbe stata considerata soltanto come persona offesa, nonostante avesse – si afferma -"partecipato moralmente alla minaccia aggravata compiuta dal marito"; 2/c) non sarebbe stato preso in alcuna considerazione il motivo d’appello con il quale si erano segnalate "rilevanti contraddizioni tra le dichiarazioni rese dal sig. Mo. e quelle rese dalla sig.ra M."; 2/d) errata sarebbe stata l’assoluzione del Mo. dal reato a lui ascritto, sulla base di una ritenuta quanto inesistente giustificabilità della condotta minacciosa da lui stesso confessata e nonostante la presenza in atti di documentazione foto-planimetrica dimostrativa di "quanto fossero limitati gli spazi di fuga a disposizione della sig.ra T." all’atto in cui la stessa sarebbe stata "aggredita e minacciata dal sig. Mo. e dalla moglie dello stesso con l’uso di una falce"; – 2/e) in contrasto con "le risultanze dei documenti acquisti" sarebbe stata la ritenuta sussistenza del nesso di causalità tra lo spruzzo della sostanza antiparassitaria e l’irritazione agli occhi lamentata dalla persona offesa; – 2/f) non sarebbe stato preso in considerazione quanto nei motivi d’appello sarebbe stato illustrato a sostegno della tesi che il giudice di prime cure "avrebbe fatto uso di argomenti del tutto estranei alle risultanze processuali, che coinvolgono persone che non sono state sentite e fatti che non sono stati accertati"; 2/g) nessuna motivazione sarebbe stata fornita a sostegno della ritenuta congruità della somma stabilita a titolo di risarcimento, nonostante le obiezioni che anche su questo punto erano state sollevate con l’atto d’appello.
Motivi della decisione

– che, avuto riguardo al tempo trascorso dalla commissione del fatto, e pur tenendo conto della sospensione del decorso del termine di prescrizione per un totale di giorni 221, quale risulta dall’esame degli atti, detto termine, non ancora scaduto alla data di pronuncia della sentenza impugnata, è però venuto successivamente a scadenza;

– che, pertanto, non apparendo ravvisabili ragioni di totale inammissibilità del ricorso, l’impugnata sentenza va annullata senza rinvio, agli effetti penali, pere sopravvenuta estinzione del reato dovuta a prescrizione;

– che, dovendosi però decidere il ricorso agli effetti civili, ai sensi dell’art. 578 c.p.p., lo stesso, ancorchè non totalmente inammissibile, va tuttavia respinto in quanto:

a) con riguardo al primo motivo: – a/1) l’ipotetica nullità dell’originario decreto di citazione a giudizio davanti al giudice di pace non avrebbe comunque assunto rilievo alcuno, dal momento che, a seguito del trasferimento della competenza, per connessione, al tribunale, la citazione era poi stata, ovviamente, rinnovata e, con riguardo ad essa, nessuna doglianza risulta proposta; – a/2) l’asserita acquisizione, nel corso del giudizio, di prove non pertinenti non può, di per sè, costituire valido motivo di censura, non risultando in alcun modo dimostrato che tali prove abbiano assunto rilievo determinante ai fini della pronuncia di condanna;

b) con riguardo al secondo motivo: – b/1) non risulta, dalla lettura dell’impugnata sentenza, alcun riferimento ad un decreto penale di condanna pronunciato nei confronti della ricorrente nè risulta che ai fini della decisione assunta abbia avuto incidenza la indisponibilità della ricorrente a rimettere la querela nei confronti del Mo., essendosi limitata la corte d’appello, nel ricostruire lo svolgimento del processo, all’asettica annotazione che vi era stata "disponibilità da parte dei coniugi" (cioè il Mo. e la M.) a rimettere le querele; b-2) puramente assertive e/o generiche, e pertanto inammissibili, appaiono le ulteriori doglianze, avuto riguardo anche al principio ormai da tempo affermatosi nella giurisprudenza di questa Corte circa l’esigenza che il ricorso per cassazione risponda all’esigenza della cd.

"autosufficienza"; esigenza che non può dirsi soddisfatta con il solo richiamo (come invece si verifica nella specie) a quello che si assume essere stato il contenuto dell’atto d’appello.
P.Q.M.

La Corte annulla senza rinvio, agli effetti penali, la sentenza impugnata perchè il reato è estinto per prescrizione. Rigetta il ricorso agli effetti civili.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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