Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 23-03-2011) 18-05-2011, n. 19623 Errore

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza 24-5-2010 la Corte d’Appello di Ancona confermava la sentenza in data 14-3-2006 del Tribunale di Urbino, con la quale D. A.C. era stata riconosciuta responsabile del reato di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico ( D.P.R. n. 445 del 2000, artt. 46 e 76 in relazione all’art. 483 c.p.), avendo falsamente dichiarato, nella dichiarazione sostitutiva di certificazione presentata alla Camera di Commercio di Pesaro in data 28-11-2003 ai fini dell’iscrizione al REC, di non aver riportato condanne penali ostative all’iscrizione richiesta, mentre aveva riportato una condanna per traffico di stupefacenti.

Ha proposto ricorso il difensore dell’imputata, avv. Giovanni Marcelli, con due motivi.

1) Erronea applicazione dell’art. 5 c.p. risultante dall’intervento della Corte Costituzionale del 1988, in quanto la corte territoriale, nell’escludere l’errore scusabile sull’assunto che chi opera in un determinato settore è tenuto ad informarsi diligentemente sulla normativa vigente (richiamando Cass. 22205/2008), non ha tenuto conto del fatto che qui si richiedeva una valutazione tecnico-giuridica complessa (esistenza di condanne ostative; natura reati anche in caso di condanna a pena condizionalmente sospesa, misura pena, tempo decorso).

2) Mancanza di motivazione, avendo il giudice di secondo grado affermato che l’imputata ben avrebbe potuto informarsi circa le condanne penali ostative, senza però indicare le modalità di un’agevole informazione (la n possibilità di ricorso ad un legale sarebbe stata troppo onerosa).

Si chiede quindi l’annullamento della sentenza impugnata.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e va disatteso.

La sentenza impugnata è infatti in linea con l’orientamento giurisprudenziale delle sezioni unite di questa corte che, nel tracciare, a seguito della sentenza n. 364/1988 della Corte Costituzionale, i limiti dell’inevitabilità dell’ignoranza della legge penale, ha stabilito che, mentre per il comune cittadino tale condizione è sussistente "ogni qualvolta egli abbia assolto, con il criterio dell’ordinaria diligenza, al cosiddetto "dovere di informazione" … tale obbligo è particolarmente rigoroso per tutti coloro che svolgono professionalmente una determinata attività, i quali rispondono dell’illecito anche in virtù di una "culpa levis" nello svolgimento dell’indagine giuridica" (Cass. SU 8154/1994).

Rientrando il caso di specie in quest’ultima tipologia, dal momento che la D.A. si apprestava ad iscriversi al REC ai fini dell’esercizio di un’attività commerciale (il che richiede conoscenze e competenze specifiche), l’errore invocato, derivante da totale mancanza di informazione – e non da complessità della materia o prassi amministrative, atte a convincere l’imputata della correttezza del comportamento tenuto, è inescusabile. Al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente alle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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