Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 23-03-2011) 18-05-2011, n. 19621

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza 1-3-2010 la Corte d’Appello di Genova confermava la sentenza del Tribunale di Savona sez. di Albenga in data 18-2-2009, con la quale F.A. e M.D. erano stati ritenuti responsabili del furto aggravato di un giubbotto in danno del gestore di un negozio, in cui erano entrati entrambi e, mentre F. teneva occupata l’unica commessa provando delle scarpe, M., con la scusa di provare dei pantaloni, si era recato in un camerino dal quale era uscito portando con sè il giubbotto e guadagnando velocemente l’uscita.

Propongono personalmente ricorso gli imputati con atti separati ma identici, lamentando vizio di motivazione della conferma della sentenza di primo grado, per genericità ed inadeguatezza.

Chiedono l’accoglimento dei motivi di appello con annullamento della sentenza impugnata.
Motivi della decisione

Per costante orientamento di questa corte, il motivo di impugnazione, per essere specifico, deve concretarsi nella precisa e determinata indicazione dei punti di fatto e di diritto da sottoporre al giudice dell’impugnazione e nella chiara esposizione, ancorchè concisa, delle censure che si muovono ai punti indicati, onde consentire il sindacato con riferimento alle argomentazioni svolte al riguardo nel provvedimento impugnato. Ne consegue che i motivi di ricorso per cassazione non possono limitarsi al semplice richiamo per relationem a quelli di appello, per denunciare, in riferimento ad essi, la mancanza di motivazione della impugnata sentenza, mancando ogni possibilità di individuare le ragioni sulle quali la doglianza è fondata e, conseguentemente, di consentire un adeguato controllo sul punto (Cassazione penale, sez. 4, 13/03/1991, Albera).

E’ quanto si verifica nel caso di specie, in quanto nei ricorsi il vizio di motivazione della sentenza di secondo grado è formulato in modo del tutto generico, con richiamo, per il resto, ai motivi di appello, già oggetto di adeguato esame da parte della corte territoriale.

Senza contare, poi, che l’appello di M., trasmesso in busta chiusa al giudice competente dal carcere dove lo stesso era detenuto, è non solo privo di sottoscrizione, ma anche tardivo (l’atto è pervenuto il 28-4-2010, mentre il termine era scaduto il 15-4-2010).

I ricorsi vanno quindi dichiarati inammissibili e a tale declaratoria conseguono le statuizioni di cui all’art. 616 c.p.p..
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali ed della somma di Euro 1000 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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