Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 23-03-2011) 18-05-2011, n. 19578

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

pe Alvise, il quale ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo

La Corte d’appello di Catania,con sentenza del 24 novembre del 2009, in riforma di quelle pronunciate con il rito abbreviato dal giudice dell’udienza preliminare presso il tribunale di Siracusa rispettivamente il 19 dicembre del 2008 ed il 4 dicembre dello stesso anno dichiarava non doversi procedere nei confronti di Costa Giovanni perchè i reati ascrittigli si erano estinti per la morte dell’imputato e, unificati tutti i reati ascritti a D.P. G. sotto il vincolo della continuazione, rideterminava in anni cinque mesi sei di reclusione ed Euro 22.000 di multa la pena inflitta al predetto e confermava nel resto le impugnate sentenze, con cui tra gli altri S.S., P.G. e S.K. erano stati condannati alla pena ritenuta di giustizia quali responsabili di detenzione a fine di spaccio di cocaina.

L’affermazione di responsabilità si fondava sul contenuto di alcune intercettazioni telefoniche,sulla detenzione da parte del D.P. di 100 grammi di cocaina, sulle osservazioni degli investigatori e sul rinvenimento nel furgone usato dai prevenuti di tracce di cocaina Ricorrono per cassazione i predetti imputati.

Il D.P. deduce mancanza di motivazione in ordine alla ritenuta equivalenza delle generiche con le aggravanti, con riferimento alla sentenza pronunciata il 19 novembre del 2008, ed al diniego , nel procedimento concluso con la sentenza pronunciata il 4 dicembre del 2008, delle circostanze attenuanti generiche nonostante la confessione e le pessime condizioni economiche S.S. e P.G. deducono:

1) mancanza ed illogicità della motivazione sul contenuto delle conversazioni telefoniche, le quali,contrariamente a quanto sostenuto dai giudici del merito, non erano suffragate da riscontri oggettivi, giacchè i riferimenti alle caprette si giustificava per l’attività di allevamento svolta dal prevenuto S.S. mentre il furgone dove sono stati rinvenuti residui di cocaina si trovava in stato di abbandono davanti all’abitazione dello S.. Pertanto chiunque avrebbe potuto usarlo per depositarvi droga; la frequentazione con soggetti malavitosi è elemento equivoco;

2) la violazione dell’art. 81 c.p. per l’erronea applicazione dell’istituto della continuazione giacchè le varie condotte ascritte,essendo contestuali, configurano un solo reato;

3) la violazione del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, perchè l’attenuante della lieve entità del fatto non è incompatibile con la reiterazione dei fatti stessi.

La sola P. lamenta inoltre:

1) la violazione della norma incriminatrice e dell’art. 378 c.p. perchè il comportamento ascritto alla prevenuta, convivente di S.S., potrebbe tutt’al più configurare il reato di favoreggiamento personale e non il concorso nel delitto ascritto al convivente;

2) violazione e falsa applicazione della legge in ordine alla contestata recidiva ed alla mancata concessione delle generiche :

assume che la recidiva non poteva essere contestata trattandosi di soggetto incensurato ed il ruolo secondario svolto la rendeva meritevole del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.

La S. denuncia:

la violazione della norma incriminatrice nonchè dell’art. 133 c.p. e mancanza di motivazione sul punto perchè i giudici del merito non avevano tenuto conto del fatto che il D.P., suo convivente, confessando l’addebito, l’aveva scagionata; in ogni caso a suo carico era configurabile tutt’al più il reato di cui all’art. 379 c.p. e non il concorso nel delitto addebitato al D.P.; la pena irrogata era comunque inadeguata al ruolo da lei svolto.
Motivi della decisione

Tutti i ricorsi vanno respinti perchè infondati.

Relativamente a quello proposto dal D.P., si osserva che al predetto le attenuanti generiche sono state già concesse nel procedimento definito con la sentenza del 19 novembre del 2008 e sono state ritenute equivalenti alle contestate aggravanti. Nell’altro processo sono state negate con motivazione adeguata avendo la Corte fatto riferimento alla reiterazione dei fatti ed alla negativa personalità dell’imputato.

Infondato è il ricorso proposto nell’interesse di S.S. e P.G..

Con riferimento al primo motivo si osserva che secondo il consolidato orientamento di questa Corte (Cass. n. 15396 del 2008; n 40172 del 2004, n 35680 del 2005) in materia di intercettazioni telefoniche, l’interpretazione del linguaggio e del contenuto delle conversazioni costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, e si sottrae al sindacato di legittimità se tale valutazione sia motivata in conformità ai criteri della logica e delle massime di esperienza.

I giudici del merito con motivazione, che non presenta alcun profilo di incoerenza, hanno accertato che il contenuto delle conversazioni intercettate ed utilizzate aveva attinenza con i fatti contestati.

Il secondo motivo è nuovo perchè risulta dedotto per la prima volta davanti a questa Corte. Esso presuppone accertamenti fattuali sull’identità della sostanza stupefacente e sulla contestualità della condotta che non possono essere espletati da questa Corte. In ogni caso dalla stessa contestazione risulta che trattasi di fatti diversi commessi in diversi contesti: invero l’attività criminosa si è protratta dal 12 marzo 2007 al 31 maggio del 2007. Quindi legittimamente è stata ritenuta la continuazione tra i vari fatti.

Infondato è anche il terzo motivo perchè l’attenuante della lieve entità del fatto non è stata negata per la semplice reiterazione dei fatti, ma per la gravità del fatto e per il quantitativo di sostanza stupefacente (cocaina) di cui al capo 8 dell’imputazione Infondato è altresì il motivo con cui la P. contesta la sua compartecipazione nel delitto attribuito al marito, giacchè la stessa non era una mera connivente e non si è prestata ad aiutare il convivente dopo la consumazione del delitto,ma vi ha partecipato attivamente, come affermato dai giudici del merito.

Questi hanno,infatti, accertato che la P. eseguiva gli ordini dello S., custodiva lo stupefacente, riscuoteva il denaro e teneva i contatti con gli acquirenti. Si tratta quindi di una compartecipe e non di una favoreggiatrice.

La recidiva è stata esclusa e le generiche sono state negate con motivazione adeguata incensurabile in questa sede.

Il ricorso della S.,al limite dell’inammissibilità perchè si risolve in larga misura nella riproposizione di censure già puntualmente disattese dai giudici del merito senza l’indicazione dei vizi del ragionamento dei giudici censurati, è comunque infondato.

I giudici del merito hanno precisato che l’aiuto prestato durante la consumazione del reato configura la partecipazione nel reato stesso e non il delitto di favoreggiamento reale.

In proposito va rimarcato che il 1 luglio del 2007 agenti del Commissariato di P.S. di Noto fermarono per un controllo l’autovettura Fiat Punto targata (OMISSIS) con alla guida D.P. G. accanto al quale sedeva S.K..

Quest’ultima, avendo dichiarato di trovarsi in stato di gravidanza e di avere conati di vomito, venne condotta presso il Pronto Soccorso dell’ospedale di (OMISSIS) anche al fine di poterla sottoporre a perquisizione personale che venne effettuata dall’infermiera A. M.. Quest’ultima, occultato nella parte interna dei pantaloni,rinvenne un involucro contenente circa 100 grammi di cocaina La donna visitata dai sanitari risultò in buone condizioni di salute. Il D.P. riferì spontaneamente di avere chiesto alla propria compagna di occultare la cocaina dopo averla acquistata da un extracomunitario. La S. ammise di avere ricevuto l’involucro che aveva riposto nei pantaloni ignorandone il contenuto.

I giudici del merito hanno ritenuto invece che la donna fosse consapevole del contenuto dell’involucro proprio perchè aveva simulato un malessere per non essere perquisita.

Tale valutazione non presenta alcun profilo di manifesta incoerenza.

La prevalenza delle generiche è stata negata in base ai precedenti penali della donna.

La pena irrogata (anni quattro, mesi sei di reclusione ed Euro 20.000 di multa) non può considerarsi inadeguata rispetto al determinante ruolo svolto dalla donna.
P.Q.M.

LA CORTE Letto l’art. 616 c.p.p..

Rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *