Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 19-05-2011, n. 382 Procedimento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Il comune di Palermo ha impugnato la sentenza, di estremi specificati in epigrafe, con la quale il T.A.R. per la Sicilia, sede di Palermo, dichiarò inammissibile, per difetto di giurisdizione, il ricorso originario, promosso dalla medesima amministrazione civica, onde ottenere l’annullamento del decreto del Presidente della Regione siciliana del 13 aprile 2006 (D.P.R.S. n. 171/serv.4°/S.G., pubblicato nella G.U.R.S. n. 25, parte I, del 19 maggio 2006), nella parte recante la devoluzione alla Curia arcivescovile di Palermo del patrimonio appartenente all’estinta Opera pia "Istituto Pignatelli Principessa di Roviano".

Si sono costituite, per resistere all’impugnazione, le controparti sopra indicate; l’Arcidiocesi ha anche interposto, avverso la medesima sentenza impugnata dal Comune, un appello incidentale subordinato.

All’udienza pubblica del 24 febbraio 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

2. – Giova premettere, in fatto, alla successiva esposizione delle ragioni del decidere che:

– con testamento pubblico del 24 settembre 1842 la Principessa Do.An.Ma.Pi. lasciò in legato "alla Mensa Arcivescovile di Palermo e per Essa all’Arcivescovo pro tempore tanti fondi quanti sono sufficienti per fornire l’annua rendita, depurata del peso fondiario, di ducati napoletani novemila … affinché in detta città di Palermo sia eretta e fondata una casa per la custodia e l’educazione di povere donzelle", stabilendo inoltre che "L’Amministrazione, la direzione ed il governo di tale casa sia del prelodato Arcivescovo pro tempore …"; l’accettazione del legato fu autorizzata con R.D. 17 gennaio 1846;

– con D.A. n. 684 del 12 dicembre 1987 l’O.P. Pignatelli Principessa di Roviano venne dichiarata I.P.A.B. (d’ora in poi "Ipab");

– con successivo D.P.R.S., Gr. VIII/S.G., n. 153 del 14 maggio 1998 la predetta O.P. si fuse con l’O.P. Ricovero Gente di Mare "Simone Gulì", venendo così a costituire un nuovo ente denominato "O.P. Istituto Pignatelli-Gulì";

– con delibera n. 12 del 20 maggio 2005 il commissario straordinario di detta O.P. propose l’estinzione dell’ente ai sensi del comma 2 dell’art. 34 della L. n. 22/1986, con devoluzione al comune di Palermo dell’intero patrimonio;

– con il decreto, impugnato in primo grado, fu dichiarata l’estinzione dell’O.P. "Istituto Pignatelli Gulì" ai sensi dell’art. 27 c.c. e dell’art. 34, comma 2, della L. n. 22/1986, prevedendosi tuttavia all’art. 2 del decreto che "il patrimonio appartenente all’ex O.P. Istituto Pignatelli Principessa di Roviano è devoluto alla Curia Arcivescovile di Palermo nel rispetto della volontà della testatrice".

3. – Il comune di Palermo adì il T.A.R. per la Sicilia, onde ottenere in questa parte l’annullamento del decreto e, quindi, la devoluzione in suo favore dell’intero patrimonio. L’Arcidiocesi di Palermo contestò l’appartenenza della controversia alla giurisdizione amministrativa e propose un ricorso incidentale, con cui chiese l’annullamento nella sua interezza del decreto di estinzione, nell’eventualità dell’accoglimento del ricorso proposto dal comune. Resistette, per la Presidenza della Regione, l’Avvocatura dello Stato, eccependo anch’essa il difetto della giurisdizione amministrativa.

4. – Il Giudice di prime cure ha dichiarato il ricorso inammissibile, in accoglimento dell’eccezione sollevata dall’Avvocatura e dalla Arcidiocesi. In particolare, il T.A.R. ha ritenuto che:

– la questione al centro del contendere vertesse, in sostanza, sulla individuazione del soggetto proprietario del compendio devoluto, dal Presidente della Regione, alla Curia Arcivescovile;

– l’impugnato decreto presupponesse la natura privata dell’Istituzione estinta;

– essendo quello sopra descritto l’oggetto del contenzioso, la controversia esulasse dall’alveo della giurisdizione amministrativa per rientrare in quello proprio del Giudice ordinario;

– le restanti, connesse, questioni sulla natura e sugli effetti giuridici della disposizione testamentaria, nonché sulla titolarità dei beni acquistati dall’Istituto Pignatelli, afferissero alla sfera di diritti soggettivi, parimenti ricadenti nell’ambito della giurisdizione ordinaria.

5. – L’appello del comune di Palermo, sul punto della giurisdizione (che è d’altronde l’unico profilo della lite di cui questo Consiglio può in questa sede conoscere), è sorretto dai seguenti mezzi di gravame:

I) la Ipab O.P. "Istituto Pignatelli-Gulì" è stata dichiarata estinta ai sensi dell’art. 34, comma 2, della L. n. 22/1986 e la procedura disciplinata da tale disposizione riguarda esclusivamente le Ipab aventi natura pubblica;

II) appartengono alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo i ricorsi contro i provvedimenti amministrativi – come quello in esame – che incidano sull’esistenza o sulla struttura di una Ipab; III) in ogni caso il comune di Palermo non ha richiesto l’accertamento della natura pubblica o privata dell’"Istituto Pignatelli-Gulì", ma l’annullamento del decreto impugnato nella parte relativa all’art. 2.

6. – L’Arcidiocesi, oltre a contestare tutto quanto ex adverso dedotto, ha proposto due appelli incidentali:

– uno, autonomo, diretto contro il capo di sentenza con il quale il T.A.R., nel regolare le spese del primo grado del giudizio, ha disposto l’integrale compensazione delle stesse tra le parti;

– un altro, proprio, per l’ipotesi di accoglimento dell’appello principale del comune di Palermo: in dettaglio l’Arcidiocesi ha chiesto l’annullamento dell’intero decreto impugnato in prime cure.

7. – Sia l’appello principale proposto dal comune di Palermo sia quello incidentale autonomo, interposto dalla Arcidiocesi, sono manifestamente infondati.

Con riferimento alla questione di giurisdizione, deve essere riconosciuta la correttezza della decisione assunta dal T.A.R. e, quindi, la sentenza gravata merita conferma.

Al riguardo occorre innanzitutto rilevare, con riferimento al secondo motivo dell’appello principale, che nella fattispecie non ricorre alcuna ipotesi di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Ed invero, sebbene alla vicenda potrebbe ipoteticamente applicarsi ratione temporis (ex art. 5 c.p.c.) l’art. 29 del R.D. n. 1054/1924, va nondimeno osservato che i casi contemplati dai nn. 2) e 3) di detta previsione (abrogata dal codice del processo amministrativo) riguardavano, rispettivamente, "i ricorsi contro i provvedimenti che autorizzano o negano la fondazione di istituzioni pubbliche di beneficenza, o di istituzioni pubbliche di istruzione e di educazione, o che ne approvano o modificano gli statuti" e "i ricorsi relativi al concentramento, al raggruppamento, alla fusione, alla trasformazione, alla costituzione in consorzio o alla federazione delle istituzioni pubbliche indicate nel numero precedente o ad esse equiparate a norma dell’art. 91 della L. 17 luglio 1890, n. 6972".

All’evidenza la giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo non si estendeva alle ipotesi di mera estinzione di una Ipab (ossia non preordinata a una riorganizzazione attraverso operazioni di concentrazione) e nemmeno lambiva le questioni relative alla devoluzione del patrimonio delle Istituzioni estinte.

Sotto altro aspetto bisogna soggiungere che sia l’art. 2 del decreto regionale impugnato sia i motivi di merito introdotti con il primitivo ricorso attengono obiettivamente all’interpretazione di una clausola testamentaria e, dunque, afferiscono a una materia senza dubbio sottratta alla cognizione del giudice amministrativo, al di là della circostanza che la devoluzione sia stata disposta con un atto amministrativo e all’esito di un procedimento.

La controversia, insomma, esula del tutto dell’alveo della iuris dictio amministrativa e tale conclusione non muterebbe quand’anche si ritenesse che la principale questione controversa non intercetti le problematiche connesse alla circolazione giuridica (in via successoria) dei diritti di proprietà, ma che essa si incentri piuttosto sulla natura pubblica o privata della Ipa sunnominata: anche tale questione, invero, risolvendosi in una controversia di stato, sarebbe riservata alla cognizione del giudice ordinario, indipendentemente dall’esito delle procedure amministrative eventualmente esperite (in termini, Cass. civ., sez. un., 6 maggio 2009, n. 10365). Nonostante il richiamo nell’atto originariamente impugnato dell’art. 34 della L. n. 22/1986, il reale petitum sostanziale dedotto in contenzioso è relativo a diritti soggettivi e a questioni prettamente civilistiche e non pubblico-amministrative.

Difetta quindi anche la generale giurisdizione amministrativa di legittimità. Il rigetto dell’appello principale travolge automaticamente l’appello incidentale proprio (cioè la controimpugnazione subordinata all’accoglimento di quella proposta in via principale dal comune di Palermo), facendone venir meno l’interesse alla coltivazione.

8. – Non va incontro a miglior sorte l’appello incidentale autonomo proposto dall’Arcidiocesi di Messina. Alla stregua di un orientamento giurisprudenziale consolidato (tra i numerosi precedenti, v. Cons. St., sez. V, 28 settembre 2009, n. 5811) le statuizioni sul regolamento delle spese costituiscono espressione di un ampio potere discrezionale del giudice, con la conseguenza che, in sede di appello, esse possono essere sindacate soltanto quando le spese siano state poste a carico della parte vittoriosa oppure risultino manifestamente irrazionali o, ancora, palesemente esorbitanti o incongrue.

Nessuna di tali ipotesi ricorre nel caso che occupa il Collegio.

9. – Al lume di tutto quanto osservato e considerato, il Collegio ritiene di poter assorbire ogni altro motivo o eccezione, in quanto ininfluenti e irrilevanti ai fini della presente decisione.

10. – In conclusione, la sentenza appellata si presenta immune dai vizi contro di essa dedotti e va, pertanto, confermata la declinatoria della giurisdizione amministrativa.

11. – In considerazione della reciproca soccombenza delle parti le spese processuali del secondo grado del giudizio possono essere interamente compensate.
P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, respinge gli appelli, principale e incidentale. Compensa integralmente tra le parti le spese processuali del doppio grado del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, nella camera di consiglio del 24 febbraio 2011, con l’intervento dei signori: Luciano Barra Caracciolo, Presidente, Guido Salemi, Gabriele Carlotti, estensore, Pietro Ciani, Alessandro Corbino, componenti.

Depositata in Segreteria il 19 maggio 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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