Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 19-09-2011, n. 19082 Pensione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’appello di Roma accogliendo, in riforma della decisione di primo grado, la domanda di R.F., ha dichiarato illegittima la richiesta di restituzione di somme rivoltagli dall’INPS a titolo di prestazioni pensionistiche indebitamente percepite, sul rilievo che l’Istituto non avesse provato la sussistenza dell’indebito, nè fornito, neppure in corso di giudizio, documentazione idonea ad evidenziare gli elementi costitutivi della pretesa (il superamento del limite reddituale ostativo alla percezione del trattamento di famiglia).

2. Per la cassazione di questa sentenza l’INPS ha proposto ricorso fondato su un unico motivo. Resiste l’assicurato con controricorso, illustrato con memoria.
Motivi della decisione

1. Nell’ unico motivo di ricorso, con deduzione di violazione ed errata applicazione dell’art. 2697 c.c., l’INPS censura la sentenza impugnata per aver ritenuto la genericità della richiesta restitutoria elemento idoneo a rovesciare il principio dell’onere della prova, erroneamente non considerando che, nelle azioni, come quella di specie, volte all’accertamento negativo della sussistenza del debito pensionistico, grava sul soggetto che tale azione ha promosso fornire la prova del possesso dei requisiti cui la legge riconnette il riconoscimento del diritto alla prestazione.

4. Il ricorso è fondato.

5. La questione relativa all’onere probatorio nel giudizio promosso dall’assicurato nei confronti dell’ente previdenziale per contrastare la pretesa di quest’ultimo alla restituzione di somme erogate a titolo pensionistico è stata recentemente decisa dalle Sezioni unite, con la sentenza n. 18046 del 2010. La Corte regolatrice ha, invero, composto il contrasto di giurisprudenza sorto, al riguardo, nella Sezione lavoro, nei sensi di cui al seguente principio di diritto: "in tema di indebito, anche previdenziale, ove l’accipiens chieda l’accertamento negativo della sussistenza del suo obbligo di restituire quanto percepito, egli deduce necessariamente in giudizio il diritto alla prestazione già ricevuta, ossia un titolo che consenta di qualificare come adempimento quanto corrispostogli dal convenuto, sicchè egli ha l’onere di provare i fatti costitutivi di tale diritto". 6. Nella fattispecie le Sezioni Unite hanno ritenuto che spettasse al pensionato-attore l’onere di provare il mancato superamento della soglia del reddito per l’attribuzione della quota d’integrazione al minimo, contestata dall’Ente previdenziale in sede di richiesta stragiudiziale di ripetizione della maggior somma erogata.

7. In ossequio all’enunciato principio affermato dalle Sezioni unite 18046/2010, alla cui motivazione il Collegio rinvia integralmente, e diversamente da quanto affermato dalla sentenza impugnata, spettava non all’Inps ma al pensionato, originario ricorrente in accertamento negativo della sussistenza dell’obbligo di restituire quanto percepito, dimostrare le condizioni per l’irripetibilità dell’indebito alla luce della L. n. 662 del 1996, art. 1, commi 260 e 261 e, in particolare, nella specie, allegare e provare l’esistenza di un reddito inferiore a quello indicato dalla L. n. 662 del 1996 e il raggiungimento della soglia minima reddituale non ostativa alla percezione del trattamento di famiglia già erogato dall’INPS. 8. All’accoglimento del ricorso segue la cassazione della sentenza impugnata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la Corte, decidendo nel merito, in difetto di allegazione e prova, da parte dell’assicurato, dei fatti costitutivi del diritto alla prestazione già ricevuta, rigetta la domanda di accertamento negativo di cui al ricorso introduttivo.

9. Nulla deve disporsi per le spese dell’intero giudizio ex art. 152 disp. att. c.p.c. non trovando applicazione, ratione temporis, il disposto del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, comma 11 convertito in L. 24 novembre 2003, n. 326, trattandosi di ricorso conseguente a fase di merito introdotta in epoca antecedente all’entrata in vigore dell’indicato Decreto Legge (2 ottobre 2003).
P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta la domanda di cui al ricorso introduttivo. Nulla spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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