Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 19-05-2011, n. 370 Competenza esclusiva del giudice amministrativo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Il Comune di Motta d’Affermo ha impugnato la sentenza, indicata nelle premesse, con la quale il T.A.R. per la Sicilia, sezione staccata di Catania, accolse il ricorso, promosso in primo grado dal signor Do.Ca., nella qualità di titolare dell’omonima impresa individuale, onde ottenere l’annullamento:

– del provvedimento, a firma del responsabile dell’Area tecnica e del sindaco, del 12 gennaio 2009, con cui l’amministrazione civica ribadì il diniego al riconoscimento, in favore della suddetta impresa, dell’integrazione per "prezzo chiuso";

– del provvedimento, a firma del dirigente dell’Area tecnica e del sindaco, del 28 luglio 2003, avente ad oggetto: "lavori di completamento ed ammodernamento della rete idrica interna del centro e frazioni", con cui fu respinta la richiesta di riconoscimento della integrazione per "prezzo chiuso".

2. – Si è costituito, per resistere all’impugnazione, il signor Do.Ca.

3. – All’udienza pubblica del 23 febbraio 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

4. – La sentenza impugnata reca una succinta, ma completa, ricostruzione della vicenda sulla quale si è innestata la controversia. A detta narrativa può dunque attingersi per riferire i fatti salienti della causa.

Il 22 ottobre 1994 il comune di Motta d’Affermo riapprovò i lavori di completamento ed ammodernamento della rete idrica; tali lavori furono aggiudicati all’impresa individuale del signor Do.Ca.

In data 19 ottobre 1995 fu stipulato il relativo contratto d’appalto, con la previsione che "…il termine utile per l’ultimazione dei lavori resta fisso in mesi diciotto consecutivi, decorrenti dalla data di consegna degli stessi" (art. 9). Tuttavia il comune di Motta d’Affermo consegnò i lavori alla impresa aggiudicataria soltanto il 23 novembre 1995, con la conseguenza che, dalla data di svolgimento della gara (22 ottobre 1994) a quella di consegna dei lavori trascorse il lasso temporale di circa un anno ed un mese.

In sede di collaudo l’impresa appose una riserva in merito all’aumento del corrispettivo per prezzo chiuso, ai sensi dell’art. 45, comma 4, della L. 29 aprile 1985, n. 21 (aumento determinato in Euro 125.326,24, oltre interessi legali e moratori).

Siffatta richiesta fu rigettata dal comune con i provvedimenti sopra richiamati.

Avverso il rigetto l’impresa Ca. adì il T.A.R. per la Sicilia, sezione staccata di Catania.

5. – Il Tribunale etneo accolse il ricorso sulla base delle seguenti argomentazioni:

– il diniego opposto dall’amministrazione resistente si fonda sulla considerazione che l’istanza volta a ottenere la corresponsione di quanto dovuto a titolo di "prezzo chiuso" avrebbe dovuto essere avanzata dalla impresa appaltatrice al momento della relazione del verbale di consegna, sicché la mancata iscrizione delle riserve nel registro di contabilità avrebbe determinato la decadenza della predetta impresa dal diritto all’integrazione;

– tuttavia il riconoscimento del prezzo chiuso non è subordinato al rispetto delle regole sulle riserve, giacché la normativa regionale di riferimento (id est il succitato art. 45, comma 4) statuisce che "quando, fra la data fissata come termine di ricezione delle offerte, o quella in cui è pervenuta l’offerta nel caso di trattativa privata senza gara, e la data di consegna anche parziale dei lavori, intercorre più di un anno, trova applicazione il sistema del prezzo chiuso, anche se inizialmente non stabilito";

– la disposizione considera, quindi, l’incremento del prezzo chiuso come una conseguenza automatica del decorso di un lasso temporale, superiore ad un anno, tra la data di scadenza del termine di ricezione delle offerte e quella di consegna dei lavori, indipendentemente dalla proposizione di alcuna riserva;

– da ciò consegue che, ogni qualvolta si verifichi il presupposto previsto dalla legge per l’applicazione del prezzo chiuso, tale istituto debba trovare indefettibile applicazione;

– la ratio dell’istituto riposa infatti sulla necessità di evitare che l’inerzia dell’amministrazione si traduca in un danno per l’appaltatore e, quindi, con l’art. 45 il Legislatore regionale ha predisposto un meccanismo di riequilibrio contrattuale basato sulla sola circostanza obiettiva della tardiva consegna dei lavori per fatto non imputabile all’impresa aggiudicatrice; – da ciò discende altresì che non sussiste, a carico dell’appaltatore, alcun onere di formulare apposite riserve per conseguire il prezzo chiuso, giacché l’istituto in esame va tenuto distinto dal collaudo dei lavori, in quanto quest’ultimo è unicamente finalizzato ad accertare che l’opera sia stata eseguita a regola d’arte e che i dati risultanti dai documenti giustificativi concordino tra loro e con le risultanze di fatto e, infine, che i compensi determinati nella liquidazione finale corrispondano a quelli liquidati in contratto.

6. – L’appello del comune è affidato ai seguenti mezzi di gravame:

I) violazione e falsa applicazione dell’art. 45, comma 4, della L. n. 21/1985, come modificato dall’art. 57 della L. n. 19/1993; difetto di motivazione;

II) violazione dell’art. 44 della L. n. 21/1985, sostituito dall’art. 56 della L. n. 10/1993;

III) decadenza della richiesta del "prezzo chiuso";

IV) errata determinazione del "prezzo chiuso".

7. – Il primo motivo di appello è fondato. Non può invero condividersi il principio di diritto, enunciato dal T.A.R., secondo cui il mero decorso di un tempo superiore a un anno (tra la scadenza del termine della ricezione delle offerte e la data di consegna dei lavori) comporti automaticamente e in ogni caso il diritto dell’impresa aggiudicataria a vedersi riconosciuto l’incremento per il c.d. "prezzo chiuso", quand’anche non inizialmente stabilito in contratto. Sebbene un’affermazione del genere rinvenga obiettivamente un addentellato letterale nel dettato normativo dell’art. 45, comma 4, della L. 29 aprile 1985, n. 21 (Norme per l’esecuzione dei lavori pubblici in Sicilia), nondimeno l’interpretazione seguita da questo Consiglio è differente da quella che sorregge la sentenza impugnata. In particolare, nella decisione n. 143 del 19 marzo 2002, dalla quale non vi è motivo di discostarsi, si è affermato che: "… questo Collegio non reputa condivisibile l’orientamento del giudice di primo grado che annette rilevanza esclusiva, ai fini della maturazione del diritto dell’appaltatore a conseguire il c.d. prezzo chiuso, ai sensi dell’art. 45, comma 4, L. reg. n. 21/1985, nel testo novellato dall’art. 57 L. reg. n. 10/1993, al mero dato obiettivo del decorso dell’intervallo temporale di oltre un anno tra la data di ricezione delle offerte e quella di consegna (anche parziale) dei lavori, senza alcuna considerazione delle ragioni del ritardo intercorso e della imputabilità, o meno, dello stesso all’una o all’altra delle parti.

Se è vero, infatti, che la norma all’esame non introduce un’ipotesi di responsabilità contrattuale, né quindi configura a carico dell’amministrazione un’obbligazione di tipo risarcitorio, mirando invece a garantire un meccanismo oggettivo di ripristino dell’equilibrio contrattuale, di per sé vulnerato dal tempo decorso dalla data di formulazione dell’offerta, è altresì conforme ai principi generali in materia di rapporti obbligatori che l’eventualità imputabilità al creditore del ritardo nell’adempimento della prestazione del debitore non può comunque ridondare in danno di quest’ultimo.

Conseguentemente, fermo restando che l’amministrazione deve sopportare il maggior onere economico inerente alla maggiorazione forfetaria del prezzo contrattuale anche in assenza di fatti ad essa soggettivamente imputabili a titolo di colpa, la relativa obbligazione resta nondimeno esclusa se ed in quanto l’infruttuoso decorso del periodo annuale previsto ex lege sia interamente ascrivibile a comportamento dell’appaltatore, che si renda a sua volta inadempiente alle obbligazioni a suo carico gravanti ai fini della formalizzazione del vincolo contrattuale".

Tanto premesso, la controversia in esame deve trovare soluzione nella verifica dell’eventuale sussistenza di comportamenti, ascrivibili a responsabilità dell’impresa appellata, i quali abbiano spiegato una sensibile incidenza sull’allungamento dei tempi per la consegna dei lavori. Laddove tali condotte siano individuabili, allora in virtù dell’operare del surrichiamato principio di diritto, dovrà escludersi l’applicabilità alla fattispecie dell’istituto del prezzo chiuso.

Ad avviso del Collegio l’impresa aggiudicataria ha effettivamente contribuito, e in maniera determinante, alla maturazione del ritardo del quale si discute. Il comune ha difatti dedotto che, dopo l’aggiudicazione della gara (22 ottobre 1994), l’impresa del signor Ca. attese circa undici mesi (ossia fino al 1 settembre 1995) prima di versare la cauzione, ossia la polizza assicurativa prevista dagli atti indittivi; inoltre la consegna dei lavori fu rinviata a successiva data (segnatamente, al 23 novembre 1996) per l’assenza del direttore tecnico dell’impresa aggiudicataria, seppure convocato.

8. – Prima di esaminare in dettaglio la rilevanza causale delle predette circostanze di fatto, occorre dedicare alcuni cenni all’esame delle eccezioni sollevate sul punto dalla parte appellata. Difatti, nella memoria di costituzione e di replica, l’impresa Ca. obietta che soltanto in appello, per la prima volta, l’amministrazione comunale avrebbe dedotto l’inapplicabilità alla fattispecie dell’art. 45, comma 4, della L. n. 21/1985 nei casi in cui l’infruttuoso ritardo sia anche riconducibile all’inadempimento dell’appaltatore agli obblighi su di esso gravanti. Soggiunge che in nessun documento risulta che l’amministrazione abbia mai mosso all’impresa contestazioni di siffatto tenore e che d’altronde completamente diverse erano state le motivazioni del diniego del riconoscimento del "prezzo chiuso". Infine conclude negando la sussistenza, a suo carico, di qualunque tipo di responsabilità colposa dal momento che era stato lo stesso comune di Motta d’Affermo a subordinare (con nota n. 703 dell’8 marzo 1995) la stipulazione del contratto alla ricezione, da parte della Prefettura di Messina, dell’informativa prefettizia, informativa pervenuta soltanto in data 28 settembre 1995.

9. – Le contestazioni dell’appellata non colgono nel segno. Con riferimento alla pretesa violazione del divieto dei nova in appello, va osservato che il comune, resistente in primo grado, è legittimato, in sede di impugnazione, a criticare la sentenza impugnata, muovendo alla stessa tutte le censure utili a capovolgere le statuizioni sfavorevoli in essa contenute: il potere di impugnazione, per la parte resistente, non soggiace difatti al vincolo di corrispondenza rispetto alle domande formulate avanti il T.A.R., vincolo che invece condiziona l’appello dei ricorrenti principale e incidentale.

Inoltre, nel caso di specie, il comune di Motta d’Affermo non ha sollevato alcuna eccezione in senso tecnico, ma ha soltanto svolto una difesa, ovverossia ha contestato la sussistenza di un elemento negativo della fattispecie legale prevista e disciplinata dal predetto art. 45, comma 4, elemento negativo consistente nell’assenza di una partecipazione colposa dell’appaltatore alla genesi o, comunque, alla determinazione del ritardo ultrannuale nella consegna dei lavori. In sintesi: la deduzione del concorso colposo dell’inadempimento dell’impresa appellata al superamento del termine di cui al suddetto art. 45 rientra nell’onere di accertamento negativo, fisiologicamente ricadente sulla parte nei cui confronti sia stata avanzata (in primo grado) una domanda.

Anche a voler prescindere dalle superiori considerazioni, va comunque tenuto presente che la controversia appartiene al novero delle liti su diritti soggettivi attribuiti alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e, quindi, non è unicamente rilevante né di per sé determinante, ai fini del decidere, il sindacato sulla congruenza delle motivazioni addotte dall’amministrazione civica negli atti impugnati in primo grado, chiaramente difettando tali "provvedimenti" di qualunque autoritatività, trattandosi piuttosto di atti paritetici. Da ciò discende che il Collegio, onde effettuare il giudizio di sussunzione del fatto al diritto, in ogni caso non avrebbe potuto astenersi dal doveroso accertamento della sussistenza di tutti gli elementi della fattispecie legale della cui applicazione si controverte, ivi incluso quell’elemento negativo al quale poco sopra si è accennato. Strumentale a tale dovere di accertamento è anche il potere di integrazione istruttoria del giudice di appello previsto attualmente dall’art. 104, comma 2, del codice del processo amministrativo (e, in precedenza, ricostruibile, anche per il rito amministrativo, sulla base dell’art. 345 c.p.c.).

10. – Passando ora all’esame nel merito della vicenda va succintamente osservato quanto segue:

– è vero che la comunicazione in ordine all’assenza, a carico del legale rappresentante dell’impresa aggiudicataria, di procedimenti e provvedimenti per l’applicazione di misure di prevenzione pervenne dalla Prefettura di Messina soltanto in data 28 settembre 1995 (v. le premesse del contratto), ma tale ritardo non avrebbe impedito la stipulazione ex art. 10 della L. 31 maggio 1965, n. 575, siccome modificato dall’art. 2 della L. 23 dicembre 1982, n. 936; semmai un successivo accertamento prefettizio di segno negativo avrebbe inciso sull’efficacia di quello eventualmente stipulato, legittimando l’amministrazione all’interruzione immediata del rapporto negoziale instaurato;

– tanto è vero che l’amministrazione comunale richiese all’impresa, fin dall’8 marzo 1995 (v. la nota in pari data n. 703), la produzione della polizza fideiussoria;

– tale polizza fu però prodotta soltanto in data 1 settembre 1995; – inoltre il direttore tecnico dell’impresa appaltatrice era il signor Do.Ca. (v. l’art. 14 del contratto);

– questi tuttavia non si presentò in data 6 novembre 1995 per ricevere in consegna i lavori;

– la consegna fu pertanto differita al 23 novembre 1995.

Le circostanze sopra riferite conducono il Collegio a ritenere che, qualora la polizza fideiussoria fosse stata tempestivamente presentata e i lavori fossero stati tempestivamente presi in consegna, non si sarebbe determinato alcun superamento del termine annuale di cui al sunnominato art. 45, comma 4.

Non può dunque ascriversi all’esclusiva responsabilità del comune appellante la genesi e l’accumulo del ritardo maturato, con conseguente inapplicabilità del sistema del prezzo chiuso.

11. – I superiori rilievi conducono all’accoglimento dell’intero appello: ritiene infatti il Collegio di poter assorbire ogni altro motivo o eccezione, in quanto ininfluenti e irrilevanti ai fini della presente decisione.

12. – In conclusione la sentenza non resiste all’impatto dell’impugnazione e merita integrale riforma, con conseguente rigetto del ricorso proposto in primo grado.

13. – La peculiarità della fattispecie giustifica, in via d’eccezione, la compensazione delle spese processuali del doppio grado del giudizio.
P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, accoglie l’appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado.

Compensa integralmente tra le parti le spese processuali del doppio grado del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, nella camera di consiglio del 23 febbraio 2011, con l’intervento dei signori: Luciano Barra Caracciolo, Presidente, Guido Salemi, Gabriele Carlotti, estensore, Pietro Ciani, Alessandro Corbino, Componenti.

Depositata in Segreteria il 19 maggio 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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