Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 19-05-2011, n. 369 Sentenze della Corte Costituzionale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

erato in diritto quanto segue.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Con ricorso al TAR della Sicilia, sezione staccata di Catania, la professoressa Ro. impugnò i seguenti atti:

– il decreto dell’Assessorato regionale territorio ed ambiente dell’11 marzo 2002, di approvazione del programma costruttivo della Cooperativa edilizia Quasimodo (d’ora in poi "Cooperativa");

– la deliberazione commissariale n. 85 del 5 luglio 1999 di localizzazione degli interventi costruttivi;

– la deliberazione del Consiglio comunale di Modica del 22 maggio 2001, di approvazione del citato intervento costruttivo;

– il parere del Genio civile di Ragusa del 24 agosto 2000;

– il parere dell’Assessorato regionale territorio ed ambiente – Dipartimento regionale urbanistica – del 27 febbraio 2002;

– l’ordinanza del dirigente del quarto settore U.T.C. espropriazioni del Comune di Modica n. 619 del 6 agosto 2002, con cui fu disposta l’occupazione temporanea ed urgente degli immobili necessari alla realizzazione del citato programma costruttivo;

– gli avvisi di immissione in possesso;

– l’ordinanza del dirigente del quarto settore U.T.C. espropriazioni del Comune di Modica n. 479 del 20 maggio 2004 di esproprio definitivo dell’area.

2. – Con sentenza n. 3372/04 del 22 novembre 2004 il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania (sez. I), dichiarò il ricorso irricevibile per tardività.

La professoressa Ro. interpose appello e questo Consiglio, con decisione del 21 giugno 2006, n. 293, accolse l’impugnazione e, per l’effetto, anche il ricorso di primo grado, annullando gli atti impugnati.

3. – Previa diffida in data 3 novembre 2005, la professoressa Ro. adì nuovamente questo Consiglio per l’ottemperanza, in prima battuta, al dispositivo n. 245 del 27 settembre 2005 e, con successivi motivi aggiunti, alla suddetta decisione n. 293 del 22 giugno 2006. In particolare la ricorrente richiese la restituzione del fondo oltre al risarcimento del danno per l’abusiva occupazione e per il prosieguo della stessa in assenza di idonei titoli abilitativi; dedusse inoltre che: – la Cooperativa non era legittimata a resistere, essendo una parte privata;

– la retrocessione spettava anche nell’ipotesi di irreversibile trasformazione dell’area.

4. – Si costituì in giudizio la Cooperativa eccependo:

– la tardività del deposito del ricorso in data 6 febbraio 2006 a fronte della notifica effettuata in data 15 dicembre 2005;

– l’inesistenza di una sentenza passata in giudicato, in quanto ancora ricorribile sia per revocazione a norma dell’art. 395 n. 4 e 5 c.p.c. sia per cassazione per motivi inerenti la giurisdizione;

– l’acquiescenza della ricorrente al provvedimento n. 85 del 1999 di localizzazione degli interventi costruttivi;

– l’inapplicabilità della retrocessione del bene ai sensi dell’art. 37 del testo unico delle espropriazioni ( D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327), poiché il decreto di esproprio era stato emanato il 20 maggio 2004 ed era dunque assoggettato alla normativa previgente e, in ispecie, all’art. 3, comma 1, della L. 27 ottobre 1988, n. 458, a mente del quale l’abusiva occupazione di aree destinate ad interventi di edilizia residenziale pubblica, agevolata e convenzionata, può legittimare il risarcimento del danno, ma non anche la retrocessione del bene al proprietario.

5. – Dipoi, in data 26 settembre 2006, il Comune di Modica acquisì il bene al patrimonio del Comune ai sensi dell’art. 43 del citato testo unico sulle espropriazioni.

6. – Con successivi motivi aggiunti la professoressa Ro. impugnò anche tale provvedimento osservando che:

– esso non poggiava su una valutazione rigorosa sull’interesse pubblico alla acquisizione;

– la Cooperativa non aveva legittimazione passiva a resistere al ricorso per ottemperanza;

– in subordine, i criteri di valutazione del danno erano errati.

7. – Con decisione "mista" n. 710 del 3 agosto 2007 questo Consiglio:

I) riconobbe la fondatezza del ricorso per ottemperanza e dell’impugnativa dell’atto di acquisizione;

II) escluse la tardività del deposito del ricorso in ottemperanza atteso che, agli effetti della instaurazione del contraddittorio nel giudizio di ottemperanza, non era richiesta, in costanza del precedente regime processuale, la notificazione del ricorso all’Amministrazione tenuta all’esecuzione o alle altre parti, essendo all’uopo sufficiente la comunicazione del ricorso a cura della Segreteria ai sensi dell’ormai abrogato art. 91 del R.D. 17 agosto 1907, n. 642; pertanto non sussisteva un onere di deposito entro termini prefissati quando il ricorso, ad abundantiam, fosse stato previamente notificato alla amministrazione ed alle altre parti;

III) rigettò l’eccezione circa l’inesistenza di un giudicato, atteso che l’esecutività della sentenza non viene meno solo per la prospettata possibilità di un ricorso per revocazione o per cassazione (incidenter è doveroso segnalare che la revocazione promossa dalla Cooperativa fu dichiara inammissibile con decisione di questo Consiglio n. 778 del 23 settembre 2008);

IV) nel merito dichiarò fondata la richiesta di retrocessione del bene e, tuttavia, dopo aver chiarito quali fossero in via generale i presupposti per l’applicabilità dell’art. 43 del sunnominato testo unico sulle espropriazioni, statuì che, nella fattispecie, l’adozione di un atto di acquisizione al patrimonio indisponibile, di cui all’art. 43 del D.P.R. n. 327 del 2001, fosse giustificata in ragione dell’esistenza sia delle circostanze eccezionali indicate dalla giurisprudenza amministrativa sia dell’interesse pubblico, ravvisato nella già avvenuta realizzazione dell’opera alla data dell’8 febbraio 2006, di guisa che, nella doverosa comparazione degli interessi, ciò comportava una prevalenza dell’interesse pubblico alla conservazione delle opere e, quindi, alla apprensione del bene rispetto all’interesse privato, peraltro qualificato unicamente in termini economici;

V) dichiarò dunque l’esclusivo diritto della ricorrente al risarcimento del danno ai sensi dell’art. 2043 c.c., circoscrivendo il residuo oggetto della controversia alla sola valutazione, attraverso consulenza tecnica, della congruità della somma liquidata nel provvedimento, sia per l’occupazione precedente lo stesso, sia per l’acquisizione del bene, dovendosi avere come riferimento il valore venale dei beni ai prezzi di mercato.

All’uopo fu nominato un primo consulente tecnico.

8. – Con ordinanza n. 706 del 5 settembre 2008 questo Consiglio, preso atto del mancato deposito della consulenza tecnica, concesse un ulteriore termine al CTU.

9. – La consulenza tecnica fu depositata il 27 novembre 2008.

10. – Con successiva ordinanza n. 411 del 13 maggio 2009 questo Consiglio revocò il precedente consulente giacché quest’ultimo:

– aveva espletato l’incarico con notevole ritardo (di circa un anno) rispetto al termine stabilito con la decisione n. 710/2007;

– aveva individuato come data di riferimento del valore di mercato del bene la data del 5 novembre 2002, con un incremento medio annuo, omogeneo, del 5%, privo di giustificazione, anziché accertare il valore del bene al momento dell’adozione del provvedimento di acquisizione sanante;

– aveva stimato il valore di mercato dell’immobile attraverso una considerazione del tutto parziale, e non adeguatamente motivata, di singoli acquisti intervenuti in aree limitrofe.

Con il medesimo provvedimento fu nominato un nuovo CTU, con l’incarico di rispondere in modo dettagliato e documentato, ai quesiti già formulati da questo Consiglio, tenendo conto delle pertinenti osservazioni delle parti e dei loro consulenti.

11. – Con ordinanza n. 1157 del 27 novembre 2009 fu concessa una proroga del termine per il deposito dell’elaborato peritale.

12. – Con ordinanza n. 407 del 19 marzo 2010 fu, tra l’altro, concessa un’ulteriore proroga.

13. – La relazione del CTU fu depositata in data 1 giugno 2010. Le conclusioni rassegnate dal consulente furono nel senso della sostanziale congruità delle somme liquidate dal Comune di Modica, con un’oscillazione, in più o in meno, di circa Euro 10.000,00.

14. – Il CTU depositò altresì la notula delle spese, chiedendone la liquidazione.

15. – Tanto premesso, va rilevato che, con memoria difensiva depositata il 12 gennaio 2011, la ricorrente ha: – insistito nella richiesta di restituzione dell’area acquisita dal Comune di Modica, in forza della sopravvenuta sentenza della Corte costituzionale n. 293 dell’8 ottobre 2010, recante la declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 43 del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327;

– criticato, con plurime argomentazioni, la metodologia di determinazione del risarcimento nonché l’entità di quest’ultimo, illustrate nella consulenza tecnica d’ufficio, motivando per relationem le proprie obiezioni facendo riferimento alla consulenza di parte depositata in data 29 settembre 2010;

– richiesto l’immediata nomina di un commissario ad acta, in sostituzione dell’amministrazione comunale ritenuta inottemperante.

16. – Esaurita l’esposizione delle articolate vicende della lite, può passarsi all’esame delle questioni dedotte in contenzioso.

In via preliminare il Collegio osserva che la causa non è matura per una decisione in ordine a ogni aspetto della controversia, giacché soltanto alcuni profili della complessiva res litigiosa si prestano a una immediata definizione. S’impone pertanto una pronuncia interlocutoria nella forma di una sentenza non definitiva, ai sensi dell’art. 36, comma 2, del codice del processo amministrativo.

17. – Ancora in via preliminare devono essere respinte le eccezioni di difetto di legittimazione passiva rispettivamente sollevate dall’Assessorato regionale territorio e ambiente, circa la propria presenza nel giudizio, e dalla ricorrente, con riferimento alla posizione della Cooperativa.

Sul primo punto va dato atto che l’amministrazione regionale è estranea, dal punto di vista sostanziale, al concreto contenuto che è stato posto al centro del contraddittorio processuale, dal momento che le domande veicolate con il ricorso emarginato si dirigono essenzialmente nei confronti del Comune di Modica, ancorché quest’ultimo abbia ritenuto di non costituirsi. Sennonché è altrettanto incontestabile che l’azione di ottemperanza si rivolga necessariamente nei confronti di tutti i soggetti che assunsero la qualità di parte nel giudizio definito con la sentenza posta in esecuzione. Tanto è confermato dall’attuale art. 114, comma 1, del codice del processo amministrativo. Una volta calato nella fattispecie, il principio enunciato conduce al rigetto dell’eccezione in esame.

Analoghe considerazioni valgono per la Cooperativa, la cui posizione tuttavia si presenta sensibilmente differenziata rispetto a quella della Regione: se, invero, la Cooperativa difetta di qualunque interesse a contraddire rispetto alla domanda aquiliana e ai profili relativi all’esatta quantificazione del risarcimento del danno preteso dalla professoressa Ro., posto che l’unico soggetto obbligato risulta essere l’ente civico appellato, nondimeno essa è certamente legittimata processualmente, per evidenti motivi, a contrastare la domanda, reiterata dalla ricorrente, volta a conseguire la restituzione del compendio immobiliare acquisito dal Comune di Modica, interessato dal programma costruttivo della Cooperativa stessa. Anche tale eccezione, dunque, non può trovare accoglimento.

18. – Le ultime considerazioni introducono all’esame della domanda di restituzione dell’area, avanzata nuovamente dalla professoressa Ro. sul presupposto della recente sentenza della Corte costituzionale n. 293/2010. La domanda è infondata. Ed invero, la citata pronuncia recante la dichiarazione di incostituzionalità del predetto art. 43 del D.P.R. n. 327/2001 è intervenuta in epoca successiva alla formazione del giudicato sulle statuizioni recate dalla decisione non definitiva n. 710 del 2007. Come sopra accennato, in detta sentenza questo Consiglio ha riconosciuto soltanto in linea teorica la sussistenza del diritto della ricorrente alla restituzione del bene, ma in concreto ha poi respinto, facendo salvi unicamente i profili risarcitori, la domanda di annullamento del provvedimento comunale di acquisizione sanante. Si attaglia, pertanto, al caso in esame il consolidato principio (tra i molti precedenti, si veda la pronuncia del Cons. Stato, sez. VI, 6 giugno 2008, n. 2724) secondo il quale la dichiarazione di illegittimità costituzionale di una norma rileva anche nei processi in corso, ma non incide sugli effetti irreversibili già prodottisi. Ciò perché la retroattività degli effetti della dichiarazione di incostituzionalità incontra un limite negli effetti che la stessa, ancorché successivamente rimossa dall’ordinamento, abbia irrevocabilmente prodotto qualora resi intangibili dalla preclusione nascente o dall’esaurimento dello specifico rapporto giuridico disciplinato dalla norma espunta dall’ordinamento giuridico oppure dal maturare di prescrizioni e decadenze ovvero, ancora, dalla formazione del giudicato.

Quest’ultima è l’ipotesi ricorrente nel caso che occupa il Collegio, giacché gli effetti giuridici, ormai irreversibilmente prodottisi, sono per l’appunto consistiti nella perdita, da parte della ricorrente, di ogni diritto alla restituzione del bene, essendosi formato il giudicato in ordine al riconoscimento in capo alla professoressa Ro. di un diritto di credito di natura risarcitoria, a nulla rilevando che il presente giudizio prosegua per la stima del quantum ad Ella spettante.

19. – Il rigetto della domanda di restituzione travolge anche la successiva istanza di nomina di un commissario ad acta: ed invero, atteso quanto testé chiarito, non dovendosi restituire alcunché alla ricorrente e non dovendosi compiere alcuna attività provvedimentale di natura sostitutiva e con finalità esecutive, residua unicamente il problema della esatta quantificazione del risarcimento dovuto alla professoressa Ro., ma a tali fini il Collegio non ha bisogno di avvalersi di un commissario ad acta, apparendo indispensabile soltanto un accertamento (già in corso) tipicamente riservato alla cognizione giurisdizionale (e, come tale, non delegabile ad un commissario ad acta).

20. – Il Collegio però, come sopra preannunciato, non è nelle condizioni di definire il giudizio sulla base della relazione del CTU; difatti, pur valutando positivamente l’operato del consulente d’ufficio, reputa necessario un supplemento istruttorio sotto due profili. Innanzitutto il Consiglio ritiene, ad un’approfondita valutazione della questione, che non sia pienamente condivisibile l’approccio metodologico seguito dal CTU. In particolare, le perplessità del Collegio si addensano sui criteri con i quali il CTU ha costruito il campione delle compravendite immobiliari destinato a costituire il parametro di riferimento per la determinazione storica del valore di mercato del bene. Ancora più in dettaglio è a dirsi che i dubbi riguardano il passaggio della relazione, segnatamente a pag. 10, laddove il CTU ha precisato che: "Sotto il profilo estimativo è emerso che tutte le transazioni di terreni interessati da tale variante sono state condizionate dalla necessità per le Cooperative di ottenere con immediatezza la disponibilità delle aree, senza l’alea dei ricorsi pendenti innanzi al Tribunale Amministrativo. Tale condizionamento, esplicitato negli stessi atti con notazione notarile, ha comportato una maggiorazione del prezzo pagato dalle Cooperative per ottenere la rinuncia ai ricorsi stessi da parte dei proprietari. Tale prezzo unitario al metro quadrato risulta peraltro eguale in tutti i suddetti atti, a testimonianza che non si tratta di un prezzo di scambio formatosi in un regime di libero mercato, ma di un fatto congiunturale che ha consentito ai venditori di fissare un prezzo in regime oligopolistico".

Il criterio indicato dal CTU è sicuramente sorretto da un’argomentazione razionale; sennonché il Collegio è dell’opinione che le interferenze sulla determinazione del prezzo di vendita riconducibili all’esigenza delle varie cooperative edilizie di definire in via transattiva le controversie amministrative instaurate dai proprietari delle aree in questione non abbiano condotto alla formazione di un valore di scambio "fuori mercato". A ben vedere il "mercato" da tener presente ai fini della determinazione del risarcimento del danno spettante al proprietario ai sensi dell’art. 43 del testo unico delle espropriazioni non corrisponde a nessun modello teorico tradizionalmente individuato dalla dottrina economica. Detto altrimenti, nella ricostruzione del mercato rilevante, occorre tener conto, sia pure ex post, di quello che risulta esser stato l’effettivo andamento delle contrattazioni nella specifica area di riferimento e in relazione ai terreni aventi le medesime caratteristiche urbanistiche e fisiche di quelli oggetto di acquisizione sanante. Non si deve, pertanto, depurare il campione, escludendo da esso tutte quelle negoziazioni che a vario titolo non possano ritenersi espressione di un mercato idealmente funzionante in condizioni di perfetta concorrenzialità. Le incidenze "oligopolistiche", alle quali ha accennato il CTU, quand’anche siano realmente intervenute, non hanno difatti determinato la formazione del prezzo secondo meccanismi coattivi o, comunque, diversi dal normale operare delle dinamiche economiche della domanda e dell’offerta. Icasticamente può affermarsi che il prezzo offerto dalle cooperative, ove pure maggiorato ai fini di internalizzare i "costi" dovuti all’alea temporale e distributiva dei processi pendenti, è da considerasi comunque l’esito di un gioco a somma positiva, in cui cioè sia il venditore sia l’acquirente hanno massimizzato la rispettiva utilità, ancorché quella realizzata dai venditori abbia in concreto inglobato anche il "prezzo per la rinuncia ai ricorsi proposti".

In questo senso non vi era alcuna ragione per ritenere tali "transazioni" estranee allo specifico "mercato" immobiliare e, tantomeno, le relative contrattazioni potevano esser considerate come non "liberamente" concluse.

Il secondo aspetto che induce il Collegio a richiedere un approfondimento istruttorio riguarda sia le carenze informative denunciate dalla ricorrente sia l’esigenza, ai fini di una corretta e completa formazione del convincimento di questo Giudice, di un puntuale riscontro a tutte le obiezioni rassegnate nella consulenza tecnica di parte.

A tal riguardo – pur dovendo stigmatizzare la circostanza che il consulente di parte abbia indirizzato, senza averne titolo, le proprie osservazioni in un atto che, sebbene contenente richieste rivolte al CTU, appare formalmente indirizzato direttamente a questo Consiglio – deve trovare accoglimento, per intuibili esigenze di tutela del pieno contraddittorio processuale, la pretesa della professoressa Ro. di ottenere la disponibilità materiale dei documenti visionati dal CTU e utilizzati per la stima; all’uopo dovranno, dunque, rinnovarsi eventualmente, a richiesta di parte, gli accessi effettuati dal CTU presso i pubblici depositari.

È altresì necessario, inoltre, che il CTU prenda posizione su tutte le contestazioni alla relazione sollevate nella citata consulenza di parte.

21. – Per l’effetto il Collegio assegna al CTU il termine di giorni 90 (novanta), decorrente dalla notificazione o, se antecedente, dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza, per compiere gli ulteriori accertamenti secondo i criteri e le modalità sopra indicate. Entro il termine suddetto il CTU dovrà depositare una nuova relazione – in otto copie perfettamente leggibili, ciascuna corredata della documentazione richiamata e debitamente fascicolate – presso la segreteria di questo Consiglio, curando di comunicarne preventivamente una copia al difensore della professoressa Ro.

22. – Per l’effetto la trattazione della causa è rinviata alla udienza pubblica indicata nel susseguente dispositivo.

23. – Va poi liquidato il compenso del CTU. Il Collegio, esaminata la notula depositata, ritiene congrua la somma richiesta la quale d’altronde, stanti i nuovi accertamenti ordinati dal Collegio, deve considerarsi liquidata a titolo di acconto. L’obbligazione del relativo pagamento è posta provvisoriamente a carico della ricorrente e dovrà essere versata al CTU prima dell’inizio delle operazioni peritali suppletive. La ricevuta del relativo versamento sarà depositata unitamente a copia della relazione e dell’eventuale omesso adempimento il CTU dovrà tempestivamente informare questo Consiglio per le determinazioni e le valutazioni del caso.

Visto l’art. 35, comma 2, del codice del processo amministrativo.
P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, non definitivamente pronunciando,

a) respinge, nei sensi e nei limiti indicati in motivazione, le eccezioni di difetto di legittimazione della Cooperativa edilizia Quasimodo e dell’Assessorato regionale territorio e ambiente;

b) respinge la domanda di restituzione dei beni avanzata dalla ricorrente;

c) respinge la domanda di nomina di un commissario ad acta;

d) liquida in Euro 3.870,94 (tremilaottocentosettanta/94), esente da I.V.A. – come da dichiarazione resa dal CTU sotto la sua esclusiva responsabilità – il compenso, spettante al predetto consulente, a titolo di acconto sulle ulteriori competenze che saranno determinate successivamente; pone l’obbligo del pagamento di quanto liquidato a provvisorio carico della ricorrente;

e) dispone che il CTU riformuli la consulenza sulla base dei criteri indicati in parte motiva e tenendo conto, ossia aderendo o motivatamente discostandosi, dai rilievi formulati dalla ricorrente nella consulenza tecnica depositata in data 29 settembre 2010;

f) assegna al CTU, per l’espletamento dell’incarico, il termine di 90 (novanta) giorni, decorrente dalla notificazione o, se antecedente, dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza;

g) rinvia per il prosieguo della trattazione all’udienza pubblica del 28 settembre 2011, ore di rito;

h) impregiudicata la definitiva decisione sulle restanti questioni controverse, riserva alla pronuncia definitiva la liquidazione delle spese processuali dell’intero giudizio;

i) manda la segreteria per la comunicazione della presente sentenza al CTU nominato;

l) ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, nella camera di consiglio del 23 febbraio 2011, con l’intervento dei signori: Luciano Barra Caracciolo, Presidente, Guido Salemi, Gabriele Carlotti, estensore, Pietro Ciani, Alessandro Corbino, componenti.

Depositata in Segreteria il 19 maggio 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *