Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 19-05-2011, n. 367 Danni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Giunge in decisione l’impugnazione interposta dai signori In. avverso la sentenza, di estremi specificati in epigrafe, con la quale il T.A.R. per la Sicilia, sede di Palermo, ha rigettato il ricorso, promosso dagli odierni appellanti, onde ottenere l’annullamento dei seguenti atti:

– l’ordinanza n. 103 del 15 aprile 1999 del Sindaco del Comune di Gela;

– la nota, prot. n. 28773, del 16 aprile 1999 del Sindaco del Comune di Gela;

– l’ordinanza n. 570 del 14 dicembre 2000 del Sindaco del Comune di Gela;

– la nota, prot. n. 948, del 5/7 aprile 2004 del funzionario responsabile e del dirigente del settore patrimonio ed espropriazioni del Comune di Gela;

– l’ordinanza n. 251 del 10 maggio 2004 del funzionario responsabile e del dirigente del settore patrimonio ed espropriazioni del Comune di Gela.

Con il primitivo ricorso è stata anche proposta, nei confronti del Comune di Gela e della sunnominata cooperativa edilizia, una domanda di risarcimento dei danni.

2. – Si è costituita, per resistere all’impugnazione, la cooperativa edilizia "Residence 91" (d’ora in poi "Cooperativa"), la quale ha, in via preliminare, eccepito l’irricevibilità dell’appello e, nel merito, ha contestato le deduzioni avversarie.

3. – All’udienza pubblica del 3 febbraio 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

4. – Con l’originario ricorso i signori In. chiesero, per quanto riguarda la domanda cassatoria, l’annullamento di alcuni provvedimenti relativi al procedimento di espropriazione per pubblica utilità di un fondo di loro proprietà, per la realizzazione di n. 20 alloggi sociali da parte della Cooperativa.

A tal riguardo il T.A.R. per la Sicilia, sede di Palermo, osservò che alcuni di detti atti risultavano notificati ai ricorrenti in epoca largamente anteriore alla proposizione del ricorso, segnatamente: l’ordinanza n. 103 del 15 aprile 1999 (recante l’occupazione d’urgenza; la nota, prot. n. 28773, del 16 aprile 1999 (contenente l’avviso di immissione in possesso) e l’ordinanza n. 570 del 14 dicembre 2000 (di determinazione dell’indennità di espropriazione provvisoria). Rispetto a tali atti il Tribunale ha quindi statuito nel senso dell’irricevibilità dell’impugnativa, non avendo accolto la tesi patrocinata dai ricorrenti in ordine alla pretesa tardività dell’emanazione del provvedimento di espropriazione (ossia l’ordinanza n. 251 del 10 maggio 2004). Difatti il Tribunale ha osservato che:

– l’occupazione d’urgenza fu disposta con l’ordinanza n. 103 del 15 aprile 1999 e che l’immissione in possesso avvenne in data 13 maggio 1999 (in esecuzione della citata nota, prot. n. 28773, del 16 aprile 1999);

– per effetto del combinato disposto degli artt. 22 della L. 20 maggio 1991, n. 158, e 4 della L. 1 agosto 2002, n. 166, era stato prorogato, passando da tre a cinque anni, il termine finale dell’occupazione legittima, la cui scadenza rilevava ai fini della valida pronuncia del provvedimento di espropriazione;

– conseguentemente, il provvedimento di espropriazione, emesso il 10 maggio 2004, resisteva alla censura di pretesa tardività rispetto alla asserita scadenza del periodo di occupazione legittima.

Muovendo dalla considerazione dell’infondatezza del ricorso nella parte impugnatoria il T.A.R. ha altresì respinto la connessa azione risarcitoria.

5. – L’appello è affidato ai seguenti mezzi di gravame:

I) erroneamente il primo Giudice ha giudicato tardiva l’originaria impugnativa, posto che l’azione di annullamento fu proposta unitamente a quella risarcitoria e quest’ultima era soggetta al termine di prescrizione quinquennale e non a quello breve di decadenza;

II) erroneamente il T.A.R. ha ritenuto che il termine triennale dell’occupazione sarebbe stato prorogato dalle norme sopra richiamate, posto che l’art. 22 della L. n. 158/1991 si applicava unicamente ai procedimenti espropriativi in corso al momento dell’entrata in vigore della predetta legge, mentre l’art. 4 della L. n. 166/2002 non aveva introdotto alcuna ulteriore proroga del termine finale dell’occupazione.

6. – Tanto premesso, si impone il prioritario scrutinio dell’eccezione di irricevibilità dell’appello, sollevata dalla Cooperativa. Quest’ultima rileva che la sentenza gravata fu pubblicata il 16 luglio 2009 e che, pertanto, non essendo stata la pronuncia notificata, i signori In. avrebbero dovuto impugnarla entro il termine di 120 giorni decorrente da tale pubblicazione, ovverosia entro il 29 dicembre 2009, a norma della disciplina processuale recata dall’art. 23-bis della L. n. 1034/1971 applicabile alla fattispecie ratione temporis. Per contro l’appello, giacché consegnato per la notifica soltanto in data 15 ottobre 2010, risulterebbe proposto ben oltre la scadenza del termine di decadenza.

7. – L’eccezione è fondata.

È vero che, in costanza del precedente regime processuale, la proposizione dell’azione risarcitoria c.d. "autonoma" per i danni subiti a seguito di un’espropriazione non era soggetta al termine di decadenza breve fissato dall’art. 23-bis della L. n. 1034/1971 (ora abrogato), ma a quello, quinquennale, di prescrizione (Cons. St., ad. plen., 30 luglio 2007, n. 9; C.G.A. 20 novembre 2008, n. 946). Difatti l’art. 53, comma 2, del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità – Testo A), nella versione anteriore all’entrata in vigore del codice del processo amministrativo, circoscriveva il rinvio alle disposizioni del citato art. 23-bis ai soli "giudizi aventi per oggetto i provvedimenti relativi alle procedure di occupazione e di espropriazione delle aree destinate all’esecuzione di opere pubbliche o di pubblica utilità" (la sottolineatura è stata aggiunta). Di qui la conseguenza che anche il termine "lungo" per l’impugnazione non era quello speciale, di 120 giorni, dettato dal sunnominato art. 23-bis, comma 7, ma quello ordinario, di un anno (fatta salva la sospensione feriale) previsto dall’art. 327 c.p.c.

Sennonché, nel caso di specie, i signori In., come dagli stessi rilevato, hanno proposto congiuntamente, in primo e in secondo grado (si vedano i motivi di appello i quali si dirigono sia contro la dichiarazione di irricevibilità del primitivo ricorso sia contro gli atti del procedimento espropriativo), una domanda cassatoria e una connessa domanda risarcitoria, con la conseguenza che, anche quest’ultima, pure in secondo grado, avrebbe dovuto proporsi entro il termine di decadenza previsto per quella impugnatoria, stante la forza attrattiva del rito speciale (come oggi confermato, anche per i giudizi in materia espropriativa, dall’art. 32, comma 1, del codice del processo amministrativo). Difatti "…la giurisprudenza (ha) più volte affrontato il tema della simultanea impugnazione di provvedimenti esplicitamente soggetti al rito speciale di cui all’art. 23-bis unitamente ad atti da giudicare col rito ordinario, affermando la vis actractiva dei primi circa la normativa processuale da applicare (Cons. St., Sez. VI, 27 marzo 2003 n. 1605; 27 giugno 2007 n. 3712; 4 aprile 2008 n. 1435)" (Cons. Stato, sez. V, 11 gennaio 2011, n. 84).

L’appello non offre convincenti argomenti per discostarsi dal riferito orientamento ermeneutico e, dunque, stante l’incontrovertibile tardività dell’impugnazione, l’appello deve essere dichiarato irricevibile.

8. – Considerata l’eccezione accolta, il Collegio ritiene di poter assorbire ogni altro motivo o eccezione di rito e di merito, in quanto ininfluenti e irrilevanti ai fini della presente sentenza.

9. – Il regolamento delle spese processuali segue la soccombenza.
P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, dichiara l’appello irricevibile.

Condanna gli appellanti, in solido, alla rifusione, nei confronti della controparte costituita, delle spese processuali del secondo grado del giudizio, liquidate in complessivi Euro 3.000,00 (tremila/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, nelle camere di consiglio del 3 febbraio 2011 e del 15 marzo 2011, con l’intervento dei signori: Riccardo Virgilio, Presidente, Gerardo Mastrandrea, Gabriele Carlotti, estensore, Giuseppe Mineo, Alessandro Corbino, componenti.

Depositata in Segreteria il 19 maggio 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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