Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 19-05-2011, n. 364 Contratti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – La SIMEI S.p.A. d’ora in poi solo "SIMEI", impugna la sentenza, di estremi specificati in epigrafe, con la quale il T.A.R. per la Sicilia, Sezione staccata di Catania, ha respinto il ricorso e i motivi aggiunti, proposti in primo grado dall’odierna appellante, avverso i seguenti atti:

– la nota del 25 maggio 2009, prot. 2003, con la quale il dirigente del Comune di Tremestieri Etneo – VI Settore LL.PP. /Manutenzione/Sanatoria, comunicò la "Disdetta della convenzione – contratto rep. 485 del 3.1.2000";

– la nota dello stesso dirigente del 4 giugno 2009, prot. 9876, avente ad oggetto: "Convenzione – contratto Rep. n. 486 del 3.1.2000 – Diffida per la consegna degli impianti di pubblica illuminazione di proprietà dell’Ente";

– l’ordinanza sindacale n. 15 dell’11 giugno 2009, su: "Convenzione-contratto rep. n. 485 del 3.1.2000. Ordine di rilascio degli impianti di pubblica illuminazione di proprietà dell’Ente".

2. – Si è costituito, per resistere all’impugnazione, il Comune di Tremestieri Etneo, contestando tutto quanto dedotto dalla SIMEI e chiedendo il rigetto dell’appello.

3. – All’udienza pubblica del 3 febbraio 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

4. – La vicenda dalla quale ha tratto origine la presente controversia è stata puntualmente ricostruita nella narrativa del fatto contenuto nella sentenza impugnata; per i fini della presente decisione è sufficiente riferire succintamente che:

– in data 3 gennaio 2000 la SIMEI ottenne in concessione novennale l’affidamento, ai sensi dell’art. 42-ter della L. n. 21/1985, della gestione degli impianti di pubblica illuminazione di strade, piazze, parcheggi, incluse l’esecuzione di tutte le opere e la fornitura di tutti i materiali occorrenti per l’ordinario mantenimento degli impianti, nonché la fornitura e posa di tutto il materiale necessario alla riqualificazione tecnologica degli impianti di pubblica illuminazione e l’ottimizzazione degli stessi al fine di ridurre i consumi energetici;

– nei commi 2, 3, 4 e 5 dell’art. 2 della concessione era espressamente previsto che: "La disdetta del presente rapporto dovrà essere comunicata per mezzo di lettera A.R., che dovrà essere recapitata almeno 12 (dodici) mesi prima della data di scadenza prevista.

Nella eventualità che l’A.C., alla scadenza, ritenesse di non rinnovare la convenzione o viceversa intendesse affidarlo a terzi, l’impresa SIMEI può esercitare il diritto di prelazione così come concordemente pattuito, e pertanto l’A.C. si obbliga ad informare la SIMEI SpA sulle condizioni e modalità di gestione dell’impianto eventualmente proposte da terzi.

Resta comunque inteso che in tutti i casi di cessazione del rapporto per qualsiasi causa, compresa la naturale scadenza, si fa obbligo all’impresa di continuare la completa esecuzione del servizio di gestione e manutenzione, regolato dalla presente convenzione, agli stessi patti e condizioni fin tanto che non sarà espletata la consegna degli impianti all’impresa subentrante.

È escluso il rinnovo tacito della convenzione";

– approssimandosi la scadenza naturale della concessione (2 gennaio 2009), l’amministrazione comunicò alla SIMEI che il rapporto contrattuale sarebbe cessato alla scadenza naturale, non potendosi addivenire ad alcuna forma di rinnovo a seguito dell’introduzione nell’ordinamento italiano, mercé l’art. 23, comma 1, della L. n. 62/2005 (legge comunitaria 2004), del divieto di rinnovazione dei contratti; che non si sarebbe potuta applicare la previsione, sopra richiamata, dell’art. 2, comma 2, della convenzione-contratto e che, in ogni caso, la SIMEI avrebbe avuto l’obbligo, previsto dallo stesso art. 2 (comma 4) della predetta convenzione, di continuare la completa esecuzione del servizio di gestione e manutenzione agli stessi patti e condizioni, fino alla consegna degli impianti all’impresa subentrante;

– la SIMEI oppose che il contratto, in mancanza di una tempestiva disdetta nei termini convenzionalmente pattuiti, si era già automaticamente rinnovato alle medesime condizioni;

– il comune ribadì la propria posizione e reclamò il pagamento di taluni importi, diffidò inoltre la società a riconsegnare gli impianti;

– con successivi motivi aggiunti la SIMEI impugnò i provvedimenti con i quali il comune dispose l’affidamento diretto del servizio di gestione e manutenzione degli impianti di pubblica illuminazione alla Italservice s.n.c.

5. – Con la sentenza gravata il T.A.R. ha respinto l’articolata impugnativa promossa in primo grado dalla SIMEI.

6. – L’appello è sorretto da plurimi motivi, non distintamente rubricati, così ricostruibili:

I) il Tribunale ha erroneamente interpretato l’art. 23 della L. n. 62/2005: la disposizione, che eliminò la possibilità di rinnovare anche in modo espresso i rapporti contrattuali per forniture e servizi, non si applicava, in forza dell’art. 11 delle preleggi, ai contratti già conclusi all’epoca di entrata in vigore della previsione e, quindi, per tali contratti, incluso quello oggetto del contendere, continuavano a conservare validità le relative clausole sulla rinnovabilità;

II) più in generale, onde determinare la complessiva durata dei contratti provvisti di clausola di rinnovo, occorre sommare all’originario termine di efficacia quello corrispondente al rinnovo;

III) l’art. 23 si riferiva ai soli contratti scaduti o in scadenza privi di clausola di rinnovo e non ancora rinnovati, ma non anche ai contratti, provvisti di clausola di rinnovo e tuttavia non ancora scaduti alla data di entrata in vigore della disposizione;

IV) in ogni caso il T.A.R. ha erroneamente considerato illegittima la clausola convenzionale con la quale il Comune di Tremestieri Etneo aveva riconosciuto alla SIMEI un diritto di prelazione, giacché tale previsione del regolamento convenzionale non si presentava in conflitto con il citato art. 23 e comunque essa trovava giustificazione nel procedimento amministrativo svoltosi a monte dell’affidamento ai sensi dell’art. 42-ter della L.R. n. 21/1985.

7. – L’appello non merita accoglimento.

Vale innanzitutto osservare che il T.A.R. ha diffusamente spiegato le ragioni dell’applicabilità alla fattispecie dell’art. 23, comma 1, della L. n. 62/2005 e della conseguente liceità delle determinazioni del Comune di Tremestieri Etneo. A sostegno dell’impugnazione la SIMEI ha essenzialmente riproposto le tesi patrocinate in prime cure, senza confutare in modo analitico le molteplici argomentazioni sulle quali poggia il rigetto dell’originaria impugnativa. Nel caso di specie il rilievo non conduce alla declaratoria di inammissibilità del gravame (siccome eccepito dal comune appellato), poiché l’impugnazione, se valutata nel suo insieme, esprime obiettivamente una critica alla decisione avversata; nondimeno la mancanza di una specifica contestazione dell’itinerario decisorio percorso dal Tribunale legittima il Collegio a richiamare le doviziose motivazioni spiegate dal primo Giudice, meritando le stesse piena adesione.

Muovendo dalla premessa di siffatto rinvio integrale alle statuizioni recate dalla sentenza impugnata, il compito del Collegio si riduce a poche, ulteriori considerazioni sull’infondatezza dell’interpretazione dell’art. 23 suggerita dalla SIMEI.

A tal fine è sufficiente osservare che la tesi centrale sostenuta dall’appellante, secondo cui l’art. 23 sarebbe applicabile unicamente ai contratti scaduti all’epoca di entrata in vigore della disposizione o in scadenza privi di clausola di rinnovo e non ancora rinnovati, ma non anche ai contratti, provvisti di clausola di rinnovo e tuttavia non ancora scaduti, è manifestamente errata ed è stata smentita dalla giurisprudenza (Cons. Stato, sez. V, 8 luglio 2008, n. 3391).

Va ricordato che il comma 1 dell’art. 23 ha soppresso l’ultimo periodo del comma 2 dell’art. 6 della L. n. 537/1993, così precludendo alle amministrazioni la possibilità di accertare la sussistenza di ragioni di convenienza e di pubblico interesse per la rinnovazione espressa dei contratti.

Orbene, il divieto recato dall’art. 23, introdotto allo scopo di adeguare l’ordinamento interno a quello sovranazionale, è a tutti gli effetti una norma inderogabile di diritto pubblico, imperativa dal punto di vista civilistico, e in grado di eterointegrare anche i regolamenti negoziali in essere all’epoca della sua entrata in vigore.

La natura imperativa ed inderogabile della disposizione, recante un divieto generalizzato di rinnovazione dei contratti delle pubbliche amministrazioni, implica pertanto la sopravvenuta inefficacia delle previsioni, amministrative o contrattuali, confliggenti con il suddetto vincolante principio: quest’ultimo, difatti, non tollera la sopravvivenza di difformi clausole negoziali, quand’anche inserite in contratti stipulati prima dell’entrata in vigore della legge comunitaria 2004.

Viepiù l’art. 23 della L. n. 62/2005 deve essere letto e applicato in modo da escludere, in via generale e incondizionata, la percorribilità di opzioni esegetiche di altre disposizioni dell’ordinamento o di differenti previsioni contrattuali che consentano, in deroga alle procedure ordinarie di affidamento e attraverso un’elusione del ridetto divieto, l’affidamento senza gara degli stessi servizi per ulteriori periodi, così, di fatto, conseguendo per altra via l’obiettivo del rinnovo dei contratti (tra i molti precedenti in tal senso, Cons. Stato, sez. V, 8 luglio 2008, n. 3391; id., sez. IV, 31 maggio 2007, n. 2866): è del tutto evidente, invero, che soluzioni ermeneutiche di questo tipo non assicurerebbero la conformazione del diritto nazionale a quello comunitario.

Infine, per invalidare in radice i motivi di appello, è sufficiente osservare che il principio comunitario di divieto di affidamento di contratti pubblici senza gara, di cui l’art. 23 non rappresenta altro che il diretto precipitato a livello di normazione interna di rango primario, previgeva e, in virtù della primazia comunitaria, era immanente nell’ordinamento nazionale già all’epoca di stipulazione del contratto-concessione del quale si controverte: l’invocazione dell’art. 11 prel. c.c. rispetto a un formante di rango costituzionale è quindi un argomento privo di qualunque pregio.

8. – I precedenti succinti rilievi permetterebbero di sgombrare il campo da ogni questione, ivi incluso il motivo incentrato sulla clausola di prelazione, trattandosi evidentemente di una previsione contrattuale che, come puntualmente chiarito dal T.A.R., si traduce in un’elusione del divieto di rinnovo. Sul punto si deve però soggiungere che è errato anche il richiamo dell’art. 42-ter della L.R. n. 21/1985 quale base normativa del preteso diritto alla prelazione. L’art. 42-ter, comma 10, contemplava (l’articolo fu aggiunto dall’art. 21 della L.R. 8 gennaio 1996, n. 4 e poi fu abrogato dall’art. 9, comma 5, della L.R. 23 dicembre 2000, n. 32) – nell’ambito delle procedure di affidamento delle concessioni analoghe alla finanza di progetto – un diritto di prelazione legale a favore del promotore, qualora nel corso della procedura, e segnatamente in occasione della licitazione privata, fossero state presentate da altre imprese proposte migliorative rispetto a quella del promotore. Insomma è del tutto evidente che la prelazione dell’art. 42-ter concerneva esclusivamente l’affidamento della concessione, ma la cogenza della previsione non si perpetuava, a valle, nella fase esecutiva del rapporto e, tanto meno, veniva in rilievo nella prospettiva di una protrazione della durata dello stesso.

La prelazione invocata dalla SIMEI è, invece, del tutto differente da quella di cui al predetto art. 42-ter, e consiste in un’ordinaria clausola di prelazione contrattuale sicuramente in contrasto, per le ragioni sopra spiegate, con il generale divieto di rinnovo dei contratti pubblici.

9. – Al lume dei superiori rilievi il Collegio ritiene di poter assorbire ogni altro motivo o eccezione di rito e di merito, in quanto ininfluenti e irrilevanti ai fini della presente sentenza.

10. – In conclusione, l’appello, giacché integralmente infondato, va respinto: la sentenza impugnata è immune dai vizi denunciati e, anzi, si presenta perfettamente allineata alla giurisprudenza amministrativa.

11. – Il regolamento delle spese processuali del grado segue la soccombenza.
P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, respinge l’appello.

Condanna l’appellante alla rifusione, nei confronti della controparte costituita, delle spese del secondo grado del giudizio, liquidate in complessivi Euro 5.000,00 (cinquemila/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, nella camera di consiglio del 3 febbraio 2011, con l’intervento dei signori: Riccardo Virgilio, Presidente, Gerardo Mastrandrea, Gabriele Carlotti, estensore, Giuseppe Mineo, Alessandro Corbino, componenti.

Depositata in Segreteria il 19 maggio 2011.

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