Cass. civ. Sez. I, Sent., 19-09-2011, n. 19066

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

L’ACI di Caltanissetta con atto del 14.2.1994 convenne innanzi al Tribunale di Catania la Provincia Regionale di Catania ed il locale ACI sull’assunto di aver svolto, d’intesa con le convenute, una campagna per la sicurezza stradale in detta provincia dal 27.12.1990 al 2.3.1991 e di non aver ricevuto, nonostante l’incarico fosse contenuto nelle Delib. n. 3275 del 90 di Giunta e Delib. n. 577 del 1992 del Consiglio, il compenso spettante. Ha quindi chiesto la condanna al pagamento, sia a titolo contrattuale sia per ingiustificato arricchimento, della somma di L. 120 milioni. Si costituirono la Provincia Regionale e l’ACI di Catania ed il Tribunale con sentenza 17.10.2000 respinse la domanda verso l’ACI di Catania ma accolse quella proposta nei confronti della Provincia. La sentenza venne impugnata dalla Provincia e l’appello venne accolto dalla Corte di Catania con sentenza 9.12.2004. Affermò la Corte di merito in motivazione: che era pacifico che tra le parti non fosse stata mai stipulata alcuna convenzione, a nulla valendo invocare le Delibere della Giunta e del Consiglio, dovendosi eventuali effetti obbligatori collegare solo ad un atto redatto in forma pubblica; che le delibere rimanevano quindi meri atti interni dell’Ente, peraltro afferenti i rapporti tra A.P. e ACI di Catania, e non la appellata ACI di Catania; che neanche era consistente la pretesa articolata ex art. 2041 c.c. atteso che di essa mancava la necessaria sussidiarietà, che infatti alla luce del disposto del D.L. n. 66 del 1989, art. 23, comma 4 conv. in L. n. 144 del 1989 l’azione, in difetto delle previste formalità di impegno di spesa, era diretta nei confronti del funzionario e non era data nei riguardi dell’Ente che doveva ritenersi, pertanto, immune dalla azione residuale in discorso, che neanche era predicabile la ipotesi di una azione per conseguire il pagamento di debito fuori bilancio (del D.Lgs. n. 77 del 1995, art. 24) posto che l’A.P. regionale non aveva assunto alcuna delibera in tal senso.

Per la cassazione di tale sentenza l’ACI di Caltanissetta ha proposto ricorso il 13.10.2005 depositato unitamente a copia non autentica della sentenza impugnata e seguito da nuova notificazione del ricorso in data 9.11.2005. La Provincia Regionale ha notificato controricorso 13.12.2005 eccependo l’inammissibilità della seconda impugnazione e l’ACI ha contro dedotto in memoria difensiva 3.3.2006. Nel ricorso vengono articolati quattro motivi, che l’ACI ricorrente ha illustrato in memoria finale, dissentendo anche dalla eccezione dell’A..
Motivi della decisione

Riuniti i due ricorsi ex art. 335 c.p.c. e dichiarata la improcedibilità di quello iscritto al n. 25583 RG dell’anno 2005, va anche disatteso il rilievo di inammissibilità posto dalla Provincia con riguardo al ricorso del 9.11.2005 : ed infatti il secondo ricorso è stato tempestivamente rinotificato (il termine decorrendo dalla data del 13.10.2005, di notifica del ricorso sostituito) in dichiarata sostituzione del primo ed in difetto di alcuna intervenuta declaratoria di improcedibilità (S.U. 24762 del 2009 e Cass. 22957 del 2010).

Si procede quindi all’esame dei quattro motivi portati dal secondo ricorso, il cui esito induce il Collegio al rigetto del ricorso stesso. Con il primo motivo la ricorrente ACI si duole della affermazione per la quale le delibere di giunta e di consiglio sarebbero atti interni privi di rilievo contrattuale e con il secondo e terzo motivo lamenta la scorretta affermazione per la quale comunque le Delibere non avrebbero attinto la posizione dell’ACI di Caltanissetta. I motivi, che possono essere trattati congiuntamente, restano coinvolti nella stessa sorte del rigetto, avendo la Corte di merito esattamente affermato la inderogabile necessità della forma scritta pubblica per la conclusione del contratto tra Provincia e soggetto esterno, la Amministrazione in questione essendo soggetto tenuto ad osservare le disposizioni di cui al R.D. n. 2240 del 1923, artt. 16 e 17 con la conseguenza per la quale le pattuizioni contrattuali concluse in difetto di forma scritta ad substantiam devono ritenersi affette da nullità. E’ stato infatti affermato da questa Corte che ai fini della conclusione di un contratto d’opera professionale, che, quando ne sia parte la pubblica amministrazione, va redatto, a pena di nullità, in forma scritta, è irrilevante l’esistenza di una deliberazione dell’organo collegiale dell’ente pubblico che abbia autorizzato il conferimento dell’incarico al professionista,richiamando ed approvando anche lo schema del disciplinare, ove tale deliberazione non risulti essersi tradotta in atto contrattuale, sottoscritto dal rappresentante esterno dell’ente stesso e dal professionista. Detta deliberazione non costituisce, infatti, una proposta contrattuale nei confronti dei professionista, ma un atto con efficacia interna all’ente pubblico, avente per destinatario il diverso organo dell’ente legittimato ad esprimere la volontà all’esterno e carattere meramente autorizzatorio (in tal senso è la massima della sentenza n. 17695 del 2003; si rammentano anche, da ultimo, sulla questione, Cass. n. 10299 del 2010 e, tra le altre, Cass. nn. 14570 del 2004 – 3042 del 2005 – 24296 del 2005 – 17650 del 2007 – 27407 del 2008).

Con il quarto motivo si censura la sentenza per violazione degli art. 2041 e 2042 c.c.. La censura appare frutto di evidente fraintendimento delle disposizioni di legge certamente applicabili alla specie (il D.L. n. 66 del 1989, art. 23, comma 4), le quali pongono in risalto l’esistenza di un rapporto diretto ed esclusivo del contraente (quindi anche ove vi fosse stato contratto con forma di atto pubblico) con il funzionario-amministratore stipulante le volte in cui, e tale è il caso accertato dalla sentenza nella specie, il contratto venne concluso (o la delibera seguita da accettazione venne a tenerne luogo, secondo la tesi della ricorrente ACI) in difetto di alcun impegno di spesa e di richiamo della copertura finanziaria della stessa. In tal caso infatti risalta l’assorbente questione della improponibilità della domanda ex art. 2041 c.c. rivolta all’Ente locale per progettazioni commissionate senza alcun previo impegno di spesa nè copertura finanziaria, come imposto nella specie dal previgente del D.L. n. 66 del 1989, art. 23, comma 4 convertito nella L. 144 del 1989 (norme infine approdate nel D.Lgs. n. 267 del 2000, artt. 191 e 194), improponibilità derivante dal fatto che le norme, impositive di sole azioni dirette nei confronti del funzionario deliberante, hanno fatto venir meno la necessaria residuante dell’azione nei riguardi dell’Ente locale (in tal senso, e tra le ultime, Cass. n. 9080 del 2011, n. 12880 e n. 21242 del 2010).

Il rigetto del (secondo) ricorso porta alle conseguenze di legge in ordine alle spese di giudizio che dovranno gravare sul soccombente ACI.
P.Q.M.

Riuniti i ricorsi, dichiara improcedibile il ricorso n. 25583/2005 R.G. e rigetta il ricorso iscritto al n. 28532/2005 R.G.; condanna la ricorrente ACI di Caltanissetta a corrispondere alla controricorrente Provincia Regionale, per spese di giudizio, la somma di Euro 4.200 (di cui Euro 200 per esborsi) oltre a spese generali ed accessori di legge.

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