Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 19-05-2011, n. 361 Occupazione d’urgenza

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Giunge in decisione l’appello, interposto dai signori Sc., avverso la sentenza, di estremi specificati in epigrafe, con la quale il T.A.R. per la Sicilia, sezione staccata di Catania, ha respinto i ricorsi e i motivi aggiunti, proposti in primo grado dagli odierni appellanti, onde ottenere l’annullamento dei seguenti atti:

– il decreto assessoriale del 21 maggio 1993, n. 5905, con il quale fu disposta l’occupazione temporanea e d’urgenza della zona archeologica di Tindari e della "Villa Amato" nel comune di Patti;

– il decreto assessoriale del 21 maggio 1993, n. 5904, relativo all’impegno della somma necessaria per procedere all’acquisizione della predetta zona archeologica;

– il decreto assessoriale del 29 dicembre 1990, n. 3791, di approvazione del progetto presentato dalla Soprintendenza per i Beni Culturali ed Ambientali di Messina;

– il decreto del 26 marzo 2002, n. 5405, con il quale fu approvato il progetto esecutivo di completamento dei lavori di recupero e restauro funzionale museale della ex villa Amato, nonché del magazzino e del giardino annessi all’area archeologica dell’antica Tindari;

– il decreto assessoriale del 5 giugno 1996, n. 6706, di espropriazione definitiva degli immobili ubicati nell’area archeologica di Tindari e della Villa Amato.

2. – Nessuna delle amministrazioni evocate in giudizio si è costituita.

3. – All’udienza pubblica del 2 febbraio 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

4. – Gli appellanti sono proprietari dei terreni interessati dal procedimento espropriativo del quale si controverte. Con decreto del 25 ottobre 1992, n. 6507 l’immobile denominato Villa Amato fu dichiarato di interesse storico e architettonico; con successivo decreto del 21 maggio 1993, n. 5905, l’amministrazione ne dispose l’occupazione, immettendosi poi nel possesso della villa e dei terreni circostanti.

All’impugnativa di detti atti fece seguito quella, con motivi aggiunti, del decreto n. 26 marzo 2002, n. 5405 sopra menzionato.

Infine gli appellanti impugnarono anche il decreto assessoriale del 5 giugno 1996, n. 6706, di espropriazione definitiva degli immobili ubicati nell’area archeologica di Tindari e della Villa Amato.

5. – Il Tribunale adito ha respinto tutte le impugnative.

6. – L’appello è affidato ai seguenti mezzi di gravame:

I) il Tribunale ha male interpretato la prima censura dell’originario ricorso iscritto al n. 5230/2003 r.g. ed erroneamente ha ritenuto che sussistesse la dichiarazione di interesse storico e architettonico della ex Villa Amato;

II) altrettanto erroneamente il Tribunale ha ravvisato l’esistenza di un pregresso vincolo, sorto in virtù del decreto del Presidente della Regione siciliana in data 26 settembre 1966;

III) va riformata la sentenza nella parte in cui il T.A.R. ha giudicato sufficiente la descrizione dei beni da occupare, consistita nel mero riferimento alla zona archeologica di Tindari e alla Villa Amato;

IV) il Tribunale avrebbe potuto rigettare le ulteriori censure.

7. – Con il primo motivo di impugnazione gli appellanti lamentano l’illegittima emanazione del decreto assessoriale n. 3791 del 29 dicembre 1990, recante l’approvazione del progetto dei lavori di sistemazione della zona archeologica, in quanto asseritamente avvenuta sulla base del falso presupposto che gli immobili, oggetto dell’intervento, fossero stati già dichiarati di interesse storico e architettonico: la relativa dichiarazione sarebbe invece intervenuta in epoca successiva, mercé l’adozione del decreto assessoriale n. 6507 del 23 ottobre 1992.

La doglianza non merita accoglimento. Sul punto il T.A.R. ha correttamente osservato che "(l)a documentazione prodotta dall’Amministrazione resistente dimostra … che, oltre all’immobile denominato "Villa Amato", anche il terreno è stato dichiarato di interesse storico-archeologico a seguito di decreto del Presidente della Regione Sicilia 26 settembre 1966, successivamente trascritto in data 24 febbraio 1967 (di convalida del precedente decreto del Ministro della pubblica istruzione del 22.12.1956, trascritto il successivo 15.3.1957)". La riferita statuizione dimostra, innanzitutto, che il primo Giudice non ha male interpretato la censura. Inoltre l’argomento sopra riportato, sul quale poggia la pronuncia di rigetto, trova conferma negli atti di causa. Ed invero, con il decreto assessoriale n. 3791/1990 è stato unicamente approvato il progetto dei lavori per la sistemazione della zona archeologica, per l’ampliamento del museo e per il proseguimento degli scavi nel comune di Patti, ma il vincolo su tale area promanava, come rilevato dal T.A.R., dal succitato decreto del Presidente della Regione siciliana risalente al 1966 e non dal decreto assessoriale n. 6507/1992, con il quale fu dichiarato di interesse storico e architettonico il solo edificio denominato Villa Amato. Da ciò discende l’infondatezza del motivo in punto di fatto, non risultando l’incoerenza tra i provvedimenti denunciata dagli appellanti.

8. – Con la seconda censura, connessa alla precedente, si è dedotto, in sostanza, che il T.A.R. avrebbe equivocato la natura del decreto presidenziale del 1966: quest’ultimo avrebbe imposto un mero vincolo indiretto e comunque non avrebbe avuto a oggetto la Villa Amato. La seconda osservazione è corretta e tuttavia essa, stante quanto chiarito nel precedente paragrafo, non sorregge (ma inficia) la tesi della pretesa illegittimità del decreto assessoriale n. 3791/1990 patrocinata dall’appellante.

La deduzione secondo cui il vincolo del 1966 sarebbe stato soltanto indiretto trova spiegazione nella circostanza che, con riferimento alla medesima area, furono emanati dal Presidente della Regione siciliana, in pari data, due decreti (uno dei quali effettivamente impositivo di un vincolo indiretto).

Anche tale doglianza dunque deve essere respinta.

9. – Con il terzo mezzo di gravame si sostiene che il T.A.R. avrebbe erroneamente ritenuto sufficiente la mera descrizione dei beni da occupare, senza tener conto della circostanza che, negli anni successivi alla data di imposizione del vincolo, le particelle originariamente individuate avevano subito modificazioni in conseguenza di frazionamenti.

Riguardo l’allegata assenza di una specifica indicazione dei beni da occupare, il Tribunale ha affermato che "il decreto impugnato reca un distinto riferimento all’occupazione temporanea e di urgenza "… della zona archeologica di Tindari e della "Villa Amato" nel comune di Patti …" così compiutamente descrivendo gli immobili oggetto di intervento".

Così è.

Difatti il decreto di occupazione ha interessato la zona archeologica di Tindari e la Villa Amato, ossia beni immobili già individuati in precedenti atti e, in particolare, nei succitati decreti presidenziali del 1966 e nel sunnominato decreto assessoriale del 1992. Non si ravvisa, pertanto, alcuna incertezza nell’individuazione dell’oggetto del provvedimento di occupazione.

La censura pertanto non merita accoglimento.

10. – Con il quarto motivo di impugnazione si lamenta, per un verso, l’illegittimità consistita nell’omessa notificazione preventiva ai proprietari dell’istanza recante la richiesta di dichiarazione di pubblica utilità dell’espropriazione dei beni vincolati; per altro verso, si critica l’operato della Soprintendenza che, a detta degli appellanti, una volta acquisiti gli immobili, non avrebbe posto in essere nessun intervento di recupero conservativo e nemmeno avrebbe destinato il bene ad attività museale, lasciando l’area in condizioni di totale abbandono.

La prima parte della doglianza è inammissibile, per violazione del divieto dei nova in appello, posto che la relativa censura non risulta esser stata proposta in primo grado, almeno nei termini precisati nell’atto di impugnazione. Invero un accenno ai principi enunciati nella decisione del Consiglio di Stato, sez. IV, 23 settembre 1994, n. 737 era contenuto nel ricorso, allibrato con il n. 5108/96 nel registro generale del T.A.R.; tuttavia nel contesto di quella impugnativa detto richiamo giurisprudenziale non aveva la dignità di un’autonoma doglianza piuttosto consisteva in un argomento portato a sostegno della tesi, sopra smentita, dell’assenza di un vincolo sui terreni dapprima occupati e poi espropriati. Non a caso il relativo motivo era stato coerentemente rubricato come "illegittimità derivata".

Le circostanze di fatto richiamate nella seconda parte del motivo, quand’anche ipoteticamente fondate, non potrebbero comunque riverberarsi all’indietro sulla legittimità dei provvedimenti avversati. D’altronde proprio la legittimità dell’ablazione di cui si discute esclude in radice la sopravvivenza in capo agli appellanti di alcun interesse a dolersi di quanto avvenuto successivamente alla perdita del diritto dominicale.

11. – Al lume dei superiori rilievi il ricorso emarginato deve essere integralmente respinto e possono essere assorbiti gli altri motivi ed eccezioni, in quanto ininfluenti e irrilevanti ai fini della presente decisione.

12. – La mancata costituzione in giudizio delle amministrazioni intimate esonera il Collegio dalla condanna della parte soccombente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, respinge l’appello.

Nulla per le spese processuali del grado.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, nella camera di consiglio del 2 febbraio 2011, con l’intervento dei signori: Riccardo Virgilio, Presidente, Gerardo Mastrandrea, Gabriele Carlotti, estensore, Giuseppe Mineo, Alessandro Corbino, Componenti.

Depositata in Segreteria il 19 maggio 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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