T.A.R. Campania Napoli Sez. V, Sent., 19-05-2011, n. 2790 Rapporto d’impiego

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Espone in fatto parte ricorrente di essere stata dipendente della Scuola Magistrale L.R. ex "Cappabianca" di S. Maria Capua Vetere con la qualifica di insegnante; in data 17/9/1980 stipulava con il Comune di S. Maria Capua Vetere in qualità di gestore della Scuola Magistrale un contratto di convenzione a tempo determinato per l’anno scolastico quale insegnante della Scuola Magistrale per il corrispettivo di Lire400.000 lorde mensili, con esclusione del versamento dei contributi previdenziali, ed alla scadenza veniva stipulato altro contratto e così fino al 30/8/1992. Il rapporto di lavoro aveva natura subordinata con attività lavorativa dal lunedì al sabato dalle 8.00 alle 13.00, anche se non era possibile stipulare un contratto convenzionale non essendo l’attività classificabile tra quelle con carattere professionale o autonomo.

Il Comune di S. Maria Capua Vetere si è costituito per eccepire la prescrizione del credito previdenziale ed evidenziare che già nel 1988 il Comune dismise la gestione della scuola, che in ogni caso il rapporto sarebbe inesistente ed il ricorso inammissibile.

Alla pubblica udienza del 5 maggio 2011 la causa è stata chiamata e trattenuta per la decisione, come da verbale.
Motivi della decisione

1. Con il ricorso in esame parte ricorrente lamenta la violazione dell’art.36 Cost. e dell’art.2126 c.c.

2. Il Collegio ritiene che, a prescindere dall’eccezione di prescrizione che, nella fattispecie, dovrebbe ritenersi quinquennale in quanto la pretesa di parte ricorrente rientra nei crediti di lavoro dei pubblici dipendenti soggetti al termine quinquennale di prescrizione (in termini questa Sezione, 8.2.2010, n.704; Cons. Stato, V, 2.4.2001 n. 1900), dal momento che il lavoratore che agisce in rivalsa per la quota a carico del prestatore trattenuta dal datore di lavoro ai fini del versamento all’ente di previdenza fa valere un credito comunque di natura retributiva (Cass. Civ., sez. lav., 10.6.2001, n. 8175), il ricorso sia infondato per le ragioni di seguito indicate.

2.1 Infatti, ogni qualvolta si richiede al giudice amministrativo nell’ambito della sua giurisdizione esclusiva l’accertamento della sussistenza del rapporto d’impiego chiesto, non si può utilizzare il termine di prescrizione in presenza di provvedimenti costitutivi di un rapporto di lavoro con la Pubblica Amministrazione che formalmente non consentono di qualificarlo come pubblico impiego; il soggetto che abbia ricevuto dalla Pubblica Amministrazione una pluralità di incarichi professionali a termine, qualora intenda chiedere l’accertamento della sussistenza del rapporto di pubblico impiego, è tenuto ad impugnare nel termine di decadenza i singoli atti di conferimento dell’ incarico, pena l’ impossibilità di accertamento per il periodo considerato dagli atti non impugnati (Cons. Stato, V, 3.2.2000, n.647). Quanto all’invocata azione d’accertamento, non vale affermare che il riconoscimento dell’esistenza di un rapporto di lavoro corrisponde ad un diritto soggettivo perfetto accertabile in sede di giurisdizione esclusiva ed azionabile nel termine di prescrizione e non di decadenza: ciò è possibile soltanto allorché l’azione giudiziale punta unicamente ad una denominazione del rapporto di lavoro diversa da quella emergente dagli atti dell’amministrazione, dai quali non si ricava tuttavia un sostanziale disconoscimento del rapporto di pubblico impiego, ovvero quando la natura pubblica dello specifico rapporto di lavoro discende da uno schema legale predefinito (Cons. Stato, V, 2.5.2001, n. 2477).

3. Proprio con riguardo alla pretesa azionata con il presente ricorso la Sezione ritiene di condividere l’orientamento giurisprudenziale (Cons. Stato, V, 14.2.2011, n.957) per cui il reclamato riconoscimento ai fini giuridici ed economici dal 1980 del rapporto di pubblico impiego intrattenuto con l’Ente presupporrebbe l’accertamento di un rapporto di lavoro laddove, anche di recente (Cons. Stato, V, 25.8.2008, n. 4031; 6.9.2007, n. 4677), con le decisioni dell’Ad. Pl. nn. 1, 2 e 5 del 1992 è stato stabilito che la norma dell’art. 5 del D.L. 10 novembre 1978 n. 702 convertito nella Legge 8 gennaio 1979, n. 3, che dispone il divieto di assunzione in forme diverse da quelle del pubblico concorso e la nullità degli atti adottati in tal senso, deve essere intesa come fondamento dell’impossibilità di accertare che il rapporto di pubblico impiego si è costituito, ciò indipendentemente dalla sussistenza, in concreto, di quelli che sono stati definiti gli indici rivelatori della rapporto di lavoro subordinato, che hanno perduto rilevanza al fine specifico di tale accertamento. Pertanto tale normativa impedisce il riconoscimento di un rapporto di lavoro – anche a tempo determinato – per l’esistenza di una specifica disciplina contraria che esclude ogni riferimento alla diversa disciplina privatistica, che non può trovare applicazione al caso di specie. Il divieto opera anche nell’ipotesi in cui un’eventuale assunzione sia stata dissimulata sotto forma di contratto d’opera (Cons. Stato, V, 12.11.1996, n.1321), sicché in alcun modo è possibile aderire alla richiesta di parte ricorrente, sottostante all’accertamento del diritto alla corresponsione di maggiori compensi, di qualificazione del rapporto come di lavoro pubblico. Quanto al diritto alla corresponsione di somme, deve essere dichiarata l’irricevibilità per mancata tempestiva impugnazione delle statuizioni dell’Amministrazione in ordine al tipo di rapporto instaurato, qualificato come incarico professionale, ed al quantum del corrispettivo pattuito che, come più sopra precisato, non può essere in alcun modo riparametrato sulla base di una diversa qualificazione del rapporto, ma va fatto discendere dalla convenzione intervenuta ed interamente eseguita.

4. In conclusione per i motivi dianzi esposti il ricorso va rigettato.

Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Quinta)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

La sentenza è depositata presso la Segreteria del Tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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