Cass. civ. Sez. I, Sent., 19-09-2011, n. 19058 Impugnazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Roma, chiamato a pronunciarsi in una causa promossa nel 1990 dalla società yemenita Ycon Yemen Contractors Ldt. (in prosieguo indicata solo come Ycon), in persona del del sig. A.M., nonchè da quest’ultimo in proprio, condannò il convenuto sig. M.S. a corrispondere alla predetta società la somma di complessivi 849.394 dollari statunitensi e quella di 4.186.035 ryals yemeniti. Lo condannò altresì a versare al sig. Mu., in proprio, l’ulteriore somma di 125.000 dollari statunitensi.

La condanna si basava su due presupposti: in primo luogo, che il sig. M., il quale era stato amministratore della Ycon, non aveva dato conto degli utili realizzati dalla società negli anni tra il 1981 ed il 1983 e si era indebitamente appropriato di valori appartenenti al patrimonio sociale; in secondo luogo, che il medesimo convenuto era rimasto in debito di una quota di utili spettanti al sig. Mu. nell’esercizio di un’ulteriore impresa societaria (definita joint venture), denominata Varycon 1.

Tale decisione fu in seguito riformata dalla Corte d’appello di Roma, chiamata a pronunciarsi sul gravame proposto in via principale dal sig. M. e su quello incidentale della Ycon e del sig. Mu., con sentenza depositata il 31 gennaio 2008.

La corte romana anzitutto ritenne che le domande della Ycon fossero inammissibili, perchè il sig. Mu. non aveva dato adeguata prova della sua legittimazione a proporre tali domande in nome della società. Non solo non risultava che l’azione di responsabilità esercitata nei confronti dell’amministratore sig. Me. fosse stata autorizzata dall’assemblea dei soci, ma il sig. Mu. era soltanto uno dei componenti del consiglio di amministrazione, mentre lo statuto sociale attribuiva il potere di rappresentanza negoziale congiuntamente ad entrambi gli amministratori e non era stato idoneamente dimostrato che la legge yemenita, derogando al principio per cui la rappresentanza processuale deve normalmente coincidere con quella sostanziale, consentisse al presidente dell’organo amministrativo di agire in giudizio senza il consenso dell’altro amministratore.

Quanto alle domande proposte in proprio dal sig. Mu., la corte d’appello, dopo aver osservato che esse avrebbero dovuto esser rivolte non nei confronti del sig. M., bensì della società Varycon 1, aggiunse che non poteva tenersi conto di un documento prodotto in causa, dal quale risultava un riconoscimento di debito sottoscritto in territorio yemenita dallo stesso sig. M., giacchè le prove acquisite, ed in particolare la deposizione del console italiano in luogo, avevano dimostrato come tale riconoscimento fosse stato estorto al cittadino italiano con la minaccia di sequestrargli il passaporto.

Da ultime, la corte d’appello rigettò anche il gravame incidentale, poichè ritenne che fosse rimasta priva di adeguata prova la domanda con cui il sig. M. pretendeva il risarcimento dei danni per aver dovuto abbandonare materiali di sua proprietà allorchè era stato costretto a lasciare in tutta fretta il suolo yemenita.

Per la cassazione di tale sentenza hanno proposto congiuntamente ricorso, con quattro motivi, la Ycon, rappresentata dal sig. A.M.S.A.A., e gli eredi del sig. A. M., frattanto deceduto.

Il sig. M. ha resistito con controricorso ed ha formulato tre motivi di ricorso incidentale, i primi due dei quali in via condizionata.

Entrambe le parti hanno depositato memorie.

I ricorsi, giacchè proposti avverso la medesima sentenza, sono stati riuniti in base al disposto dell’art. 335 c.p.c..
Motivi della decisione

1. Occorre preliminarmente esaminare le eccezioni d’inammissibilità del ricorso principale, sollevate dal controricorrente sig. M.. Eccezioni che investono non solo la posizione della società Ycon ma anche quella degli eredi del sig. A. M..

1.1. Quanto al primo aspetto, è stato eccepito tanto il difetto di prova che la società sia tuttora esistente, quanto il difetto di prova che colui il quale se ne è qualificato legale rappresentante, rilasciando la procura speciale per la proposizione del ricorso per cassazione, abbia davvero tale veste.

1.1.1. In ordine all’esistenza della società, deve rilevarsi come, essendo del tutto pacifico in causa che la Ycon è stata a suo tempo validamente costituita, secondo le norme dell’ordinamento yemenita, e che era tuttora esistente nel corso del giudizio di merito, non occorreva, all’atto della proposizione del ricorso per cassazione, fornire una qualche ulteriore prova di esistenza della medesima società.

Sarebbe stato semmai onere del controricorrente allegare e documentare circostanze tali da far ritenere che detta società sia venuta meno medio tempore. Ed è appena il caso di aggiungere che una simile circostanza non può consistere nell’asserita impossibilità di conseguire l’oggetto sociale, a cagione dell’insanabile dissenso tra i due soli soci, giacchè il verificarsi di un’eventuale causa di scioglimento comporta la necessità di procedere alla liquidazione, ma non la sparizione ipso facto dell’ente dal mondo giuridico, ed una società in liquidazione è pur sempre esistente e pienamente legittimata ad agire ed a resistere in giudizio.

1.1.2. Appare invece fondata l’eccezione di difetto di prova dell’esistenza dei necessari poteri rappresentativi in capo al soggetto che ha rilasciato la procura alle liti in nome della Ycon. E’ certamente vero che, in via di principio, la persona fisica la quale abbia conferito il mandato al difensore non ha l’onere di dimostrare la sua qualità di legale rappresentante dell’ente per cui agisce, se questo è soggetto a pubblicità legale, giacchè la controparte ha la possibilità di verificare il potere rappresentativo dell’attore consultando gli atti soggetti a pubblicità legale e, quindi, spetta a lei di fornire l’eventuale prova negativa, (cfr. Cass., sez. un., 1 ottobre 2007, n. 20596, ed altre successive pronunce conformi).

La peculiarità della fattispecie in esame sta però nel fatto che una delle questioni sin da principio controverse in causa è proprio quella concernente la spettanza del potere di rappresentare in giudizio la società yemenita Ycon: da una parte si sostiene che tale potere compete unicamente al presidente del consiglio di amministrazione, dall’altra che si tratta invece di un potere esercitabile solo congiuntamente da tutti i componenti di tale consiglio.

Ora, è incontroverso che il consiglio di amministrazione della Ycon fosse, almeno inizialmente, composto dal sig. M. e dal sig. A.M., il quale rivestiva la carica di presidente. La discussione si è quindi incentrata sulla possibilità che quest’ultimo, da solo, rappresentasse validamente la società nel giudizio di merito. Dal ricorso per cassazione si deduce, però, che detto sig. A.M. è deceduto ed il ricorso è stato proposto a nome della Ycon da un diverso soggetto, il sig. A.M.S.A.A., che si qualifica "legale rappresentante e presidente pro tempore del consiglio di amministrazione", avendo in tale veste rilasciato la procura speciale al difensore. Il controricorrente eccepisce, facendo leva sullo statuto sociale ritualmente prodotto, che solo l’assemblea dei soci avrebbe potuto nominare un nuovo componente (e presidente) del consiglio di amministrazione, in luogo di quello deceduto, e che nessuna assemblea si è invece a tal proposito tenuta; ed aggiunge che una siffatta ipotetica assemblea in nessun caso avrebbe potuto validamente designare un nuovo componente dell’organo amministrativo senza il consenso dello stesso attuale controricorrente, essendo egli titolare (per il tramite di altra società da lui controllata) del 50% del capitale sociale della Ycon ed essendo necessario il voto favorevole di oltre la metà del capitale medesimo per la validità delle deliberazioni assembleari di quest’ultima società, da considerarsi altrimenti radicalmente mille in base alla legge yemenita.

Stando così le cose, non sembra che il controricorrente dovesse assolvere alcun onere ulteriore di prova per dare fondamento alla propria eccezione, giacchè gli elementi dedotti ed incontestati – ossia la circostanza che colui il quale si è qualificato nel ricorso come legale rappresentante della società ricorrente prima non lo era, e che per assumere validamente detta qualifica sarebbe occorsa una nuova deliberazione alla quale lo stesso controricorrente avrebbe presumibilmente dovuto concorrere – appaiono sufficienti a far ragionevolmente escludere che il sig. A.M.S.A. A. possa legittimamente agire in nome e per conto della società Ycon. Nella memoria depositata a norma dell’art. 378 c.p.c., tuttavia, la difesa della società ricorrente obietta che la qualità di legale rappresentante della Ycon in capo a chi ha rilasciato la procura è attestata dal capo dell’ufficio consolare italiano nella capitale yemenita, nell’autentica della procura medesima da lui vergata in base ai poteri notarili di cui al D.P.R. 5 gennaio 1967, n. 200, art. 19, e che, per rovesciare tale attestazione, sarebbe occorsa una querela di falso. La stessa difesa aggiunge, poi, che il sig. M. non sarebbe legittimato, in proprio, a far valere pretesi vizi della delibera assembleare di nomina del nuovo legale rappresentante della Ycon, che la relativa azione sarebbe ormai prescritta in base alla legge yemenita, onde l’efficacia di detta deliberazione risulterebbe ormai incontestabile, e che, comunque, il giudice italiano non potrebbe conoscere di una siffatta questione.

Tali rilievi non sono però concludenti.

Pur nell’esercizio delle funzioni notarili a lui spettanti, il console, a norma dell’art. 49 della legge notarile (L. n. 89 del 1913), è chiamato ad attestare l’identità personale delle parti, ma non anche la veridicità delle qualifiche che le parti stesse ritengano di attribuire a sè medesime. L’atto pubblico fa fede della circostanza che il comparente si è dichiarato legale rappresentante della società, ma non anche dell’effettiva titolarità dei poteri rappresentativi enunciati.

Quanto, poi, all’eventuale invalidità della delibera assembleare di nomina del nuovo amministratore ed ai limiti entro i quali il controricorrente potrebbe in questa sede dedurla, le obiezioni della difesa di parte ricorrente, se pur fossero in astratto fondate alla luce di quanto in proposito dispone la legge yemenita, non risultano in concreto pertinenti. Infatti la contestazione sollevata dal controricorrente in ordine al difetto di prova dei poteri rappresentativi di chi ha proposto il ricorso a nome della Ycon non appaiono tanto dirette a far valere l’invalidità della delibera assembleare di nomina del nuovo legale rappresentante della società, quanto piuttosto ad evidenziare l’improbabilità dell’esistenza stessa di una siffatta deliberazione – che avrebbe dovuto essere assunta con il concorso determinante dello stesso controricorrente – e, quindi, la necessità di una rigorosa prova documentale al riguardo, che è invece mancata.

1.2. E’ del pari fondata l’eccezione d’inammissibilità del ricorso proposto dagli eredi del più volte menzionato sig. A. M., che ha partecipato al giudizio di merito anche in proprio.

E’ principio consolidato nella giurisprudenza di questa corte quello secondo cui all’impugnazione sono legittimati soltanto i soggetti che avevano partecipato al precedente grado o alla precedente fase del giudizio, con la conseguenza che colui il quale proponga il gravame deducendo di essere subentrato a una parte nella qualità di erede deve allegare e offrire la prova non soltanto del decesso della parte, ma anche della predetta qualità (cfr. Cass. 26 gennaio 2006, n. 1507; Sez. un., 25 febbraio 2009, n. 4468; Cass. 25 giugno 2010, n. 15352, ed altre conformi).

Anche a tal riguardo la difesa di parte ricorrente ha invocato, per contrastare l’eccezione d’inammissibilità del ricorso, l’attestazione risultante dalla procura speciale autenticata dal console italiano in luogo, ma non può qui che ribadirsi quanto già sopra osservato in ordine alla non riferibilità del valore fidefacente di tale attestazione anche alla veridicità delle circostanze dichiarate al pubblico ufficiale dalla parte, trattandosi di circostanze che lo stesso pubblico ufficiale non può nè deve direttamente accertare: ivi compresa l’asserita qualità di successore ereditario di chi dichiara di agire in luogo di altro soggetto che abbia partecipato ad un precedente grado di giudizio.

1.3. Il ricorso principale, alla stregua delle considerazioni che precedono, deve essere dunque dichiarato inammissibile.

2. La declaratoria d’inammissibilità del ricorso principale implica l’assorbimento dei primi due motivi del ricorso incidentale, prospettati solo in via condizionata dal sig. M..

Resta invece da esaminare il motivo di ricorso incidentale non condizionato, col quale il medesimo sig. M. lamenta l’insufficienza della motivazione adoperata dalla corte territoriale nel rigettare la sua domanda di risarcimento del danno per la perdita del materiale di sua proprietà indebitamente trattenuto in Yemen dal sig. Mu..

2.1. La censura non coglie, però, nel segno.

La corte d’appello ha rilevato un difetto di prova sul fatto che il materiale di cui si discute appartenesse proprie al sig. M..

Questi lamenta che non si sia tenuto conto del complesso delle risultanze istruttorie, dalle quali, a suo dire, quella prova invece emergerebbe. Ma, per poter stabilire se davvero erano a tal fine decisive le risultanze che il ricorrente sostiene siano state pretermesse dalla corte di merito, occorrerebbe procedere ad un nuovo e complessivo esame di tutte le prove raccolte (non essendo sufficiente la lettura dei brevi passi riportati a tal riguardo nel ricorso) e ciò evidentemente esula dalla competenza del giudice di legittimità. 3. La reciproca soccombenza giustifica la compensazione tra le parti delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.

La corte dichiara inammissibile il ricorso principale, con assorbimento dei primi due motivi di quello incidentale, rigetta il terzo motivo di quest’ultimo ricorso e compensa tra le parti delle spese del giudizio di legittimità.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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