T.A.R. Campania Napoli Sez. VI, Sent., 19-05-2011, n. 2734 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.1. Con ricorso ritualmente notificato e depositato, T.A. impugnava il provvedimento indicato in epigrafe e, in virtù di numerose censure in fatto e in diritto, ne chiedeva l’annullamento. 1.2. Nessuno si costituiva per il Comune di Forio..

1.3. All’esito dell’udienza di trattazione del 20.04.2011, il Collegio tratteneva la causa in decisione.

2.1. Con il provvedimento impugnato (ordinanza n. 209/2006), il Comune di Forio ingiungeva la demolizione di alcune opere eseguite in loc. San Giuliano alla via Cava Spinillo; in particolare, l’Ente intimato ordinava di demolire: 1) un manufatto di circa 56 mq; 2) un tracciato stradale in terra battuta lungo 73 m; 3)un piccolo fabbricato di circa 27 mq; 4) una struttura con pali in legno con superficie di circa 56 mq coperta con rete frangivento; 5) una struttura di pali in legno coperta da rete frangivento realizzata in adiacenza a un vecchio fabbricato di circa 20 mq.

2.2. Il ricorrente ha censurato il provvedimento per i seguenti motivi: 1) violazione degli artt. 27 e 31 dpr 380/2001, 167 d.lgs. 42/2004, eccesso di potere e carenza di istruttoria; 2) violazione degli artt. 38 e 44 L. 47/1985 anche in relazione alla L. 326/2003; 3) violazione del D.lgs. 42/2004 e della L.R. 82/1992 e incompetenza; 4) violazione dell’art. 167 del D.lgs. 42/2004; 5) violazione dell’art. 27 dpr 380/2001, violazione del giusto procedimento e difetto di motivazione; 6) violazione degli artt. 36 dpr 380/2001 e 3 L. 241/1990; 7) violazione degli artt. 31 e 37 dpr 380/2001 e dell’art. 3 L. 241/1990, carenza di motivazione; 8) eccesso di potere per difetto di motivazione e dell’interesse pubblico.

3.1. L’esame delle censure rivela la parziale fondatezza del ricorso.

3.2. Con il primo motivo il ricorrente censura la scorrettezza della qualificazione delle opere in esame come "nuove costruzioni"; si tratterebbe, infatti, di opere precarie e/o pertinenziali, inidonee a conseguire uno stabile mutamento dei luoghi e, perciò ascrivibili ad attività "libera" di ordinaria manutenzione.

3.3.1. L’argomento non ha pregio. Va esclusa, infatti, la natura precaria delle opere; è evidente l’assenza di precarietà per le opere in muratura, stabilmente infisse al suolo e non amovibili senza procedere a demolizione, mentre per quel che riguarda le palizzate sormontate, in parte, da rete frangivento e la strada in terra battuta se ne deve valutare la destinazione funzionale.

3.3.2. È stato chiarito in proposito che la precarietà dell’opera va apprezzata non tanto in ragione delle sue caratteristiche strutturali, quanto con riferimento all’obiettiva utilizzazione dell’opera: si esclude la precarietà dell’opera qualora il proprietario tragga dall’opera un’utilità prolungata nel tempo (cfr. C.d.S., sez. IV, 15 maggio 2009, n. 3029; C.d.S. Sez. V 13 giugno 2006 n. 3490; T.A.R. Campania Napoli sez. IV 10 novembre 2004 n. 16733). Un manufatto può essere qualificato precario solo se sia destinato a un uso realmente temporaneo, per fini specifici, contingenti e limitati nel tempo, con conseguente e sollecita eliminazione, non essendo sufficiente che si tratti eventualmente di un manufatto smontabile e/o non infisso al suolo (Cassazione penale, sez. III, 28 settembre 2006, n. 40439).

3.3.3. Ad avvalorare questa ricostruzione, il legislatore ha recentemente escluso ogni titolo abilitativo -prevedendo comunque una comunicazione- per le sole opere "dirette a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee e ad essere immediatamente rimosse al cessare della necessità e, comunque, entro un termine non superiore a novanta giorni" (art. 6 co. 2 lett. b del D.P.R. 380/2001 come modificato dall’art. 5, D.L. 25 marzo 2010, n. 40).

3.3.4. Ebbene, le opere in esame sono destinate a soddisfare una stabile utilità e neppure il ricorrente fa riferimento alla loro potenziale rimozione.

3.4.1. Il ricorrente, poi, sostiene la pertinenzialità delle opere, tutte funzionalmente collegate al suolo agricolo cui accedono.

3.4.2. Deve ribadirsi in proposito che la nozione di "pertinenza urbanistica" è meno ampia di quella definita dall’art. 817 c.c. e dunque non può consentire la realizzazione di opere di grande consistenza soltanto perché destinate al servizio di un bene qualificato principale. In merito alle palizzate, in particolare, giova ribadire che "gli interventi consistenti nella installazione di tettoie o di altre strutture che siano comunque apposte a parti di preesistenti edifici come strutture accessorie di protezione o di riparo di spazi liberi, cioè non compresi entro coperture volumetriche previste in un progetto assentito, possono ritenersi sottratti al regime della concessione edilizia (oggi permesso di costruire) soltanto ove la loro conformazione e le loro ridotte dimensioni rendono evidente e riconoscibile la loro finalità di arredo o di riparo e protezione (anche da agenti atmosferici) dell’immobile cui accedono; tali strutture non possono viceversa ritenersi installabili senza concessione edilizia (oggi permesso di costruire) allorquando le loro dimensioni sono di entità tale da arrecare una visibile alterazione all’edificio o alle parti dello stesso su cui vengono inserite; quando, quindi, per la loro consistenza dimensionale non possono più ritenersi assorbite, ovvero ricomprese in ragione della accessorietà, nell’edificio principale o della parte dello stesso cui accedono". (T.A.R. Campania Napoli, sez. II, 29 gennaio 2009, n. 492).

3.4.3. Nel caso di specie, va esclusa risolutamente la natura pertinenziale delle opere in muratura che presentano una propria autonomia funzionale e che, comunque, hanno dimensioni non irrisorie, ma anche quella delle due strutture in pali di 56 e 20 mq che, per la propria consistenza, non possono ritenersi ricomprese nell’edificio principale.

3.5. La strada in terra battuta, poi, è anch’essa da qualificarsi nuova costruzione costituendo opera di trasformazione urbanistica che comporta un mutamento del precedente assetto del territorio (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 08 maggio 2003, n. 2445; Cassazione penale, sez. III, 24 giugno 1999, n. 9912).

3.6. Conclusivamente sul punto, deve dirsi che tutte le opere attinte dal provvedimento sono da qualificarsi come nuove costruzioni, realizzando uno stabile mutamento dello stato dei luoghi, incompatibile con le nozioni di manutenzione ordinaria e di manutenzione straordinaria, intesi quali interventi che non possono conseguire innovazioni sostanziali del manufatto preesistente.

4.1. È, invece, parzialmente fondata la seconda censura relativa all’illegittimità del provvedimento demolitorio per la pregressa presentazione di domande di condono edilizio.

4.2. Giova ribadire, in proposito, che "la normativa sul condono edilizio prevede, in pendenza dei termini, la sospensione de iure di ogni attività repressiva degli abusi edilizi. In conseguenza, le ingiunzioni di demolizione adottate in violazione dell’art. 44, l. n. 47 del 1985 (richiamato dal co. 1 dell’art. 39 L. 724/1994) si rivelano illegittime. Invero, la predetta sospensione paralizza (non solo i procedimenti in corso, bensì anche) l’avvio dei poteri repressivi comunali, stante l’ontologica e funzionale incompatibilità del loro esercizio sia con la ratio della norma primaria, siccome volta, questa, a consentire il recupero dell’attività edilizia posta in essere, che con i principi di lealtà, coerenza, efficienza ed economicità dell’azione amministrativa, i quali impongono la previa definizione del procedimento di condono prima di assumere iniziative, le cui finalità poterebbero essere vanificate dall’esito dell’iter in procinto di essere avviato sulla base della dichiarazione d’impulso ad istanza di parte (richiesta del condono edilizio)".

4.3. Il ricorrente ha documentato (cfr. perizia giurata del geom. Salvatore Mattera dep. il 10.03.2011) che, in relazione agli immobili meglio descritti al par. 2.1. nn. 1, 3 e 4 sono state presentate istanze di condono ai sensi della L. 47/1985 (prot. 10337/1985) e della L. 326/2003 (prot. 28099 del 09.12.2004), con la conseguente illegittimità del provvedimento impugnato, emanato successivamente alla presentazione delle descritte istanze, nella parte in cui si ordina la demolizione del manufatto di circa 56 mq, del piccolo fabbricato di circa 27 mq e della struttura con pali in legno con superficie di circa 56 mq coperta con rete frangivento.

4.4. Quanto ai profili di invalidità denunciati con la seconda censura, il provvedimento, quindi, conserva la propria efficacia solo per quanto riguarda il tracciato stradale in terra battuta lungo 73 m e la struttura di pali in legno coperta da rete frangivento realizzata in adiacenza a un vecchio fabbricato di circa 20 mq, dovendo essere annullato con riferimento alle altre opere.

5.1. La fondatezza solo parziale della censura n. 2 impone di esaminare le rimanenti.

5.2. La terza censura, relativa alla pretesa incompetenza del Dirigente a favore del Sindaco nella materia "ambientale" subdelegata dalla Regione ai Comuni, è infondata. In merito, va osservato che, come ripetutamente affermato anche da questa Sezione, ogni competenza del Sindaco, in merito ai provvedimenti ascrivibili alla mera attività di gestione amministrativa in materia edilizia, deve essere ritenuta abrogata in virtù delle disposizioni legislative che hanno inteso separare, anche negli enti locali, la funzione di indirizzo politico da quella, appunto, di gestione amministrativa. Nel settore dell’edilizia, infatti, prima, l’art. 6, l. n. 127 del 1997, modificando l’art. 51, l. n. 142 del 1990, ha previsto alla lett. f) che spettino alla competenza dei dirigenti "i provvedimenti di autorizzazione, concessione o analoghi, il cui rilascio presupponga accertamenti e valutazioni, anche di natura discrezionale, nel rispetto di criteri predeterminati dalla legge, dai regolamenti, da atti generali di indirizzo, ivi comprese le autorizzazioni e le concessioni edilizie". Successivamente, la l. n. 191 del 1998 ha, a sua volta, modificato l’art. 6, l. n. 127 del 1997, introducendo la lett. f bis) secondo la quale spettano ai dirigenti "tutti i provvedimenti di sospensione dei lavori, abbattimento e riduzione in pristino di competenza comunale, nonché i poteri di vigilanza edilizia e di irrogazione delle sanzioni amministrative previsti dalla vigente legislazione statale e regionale in materia di prevenzione e repressione dell’abusivismo edilizio e paesaggisticoambientale", così espressamente attribuendo alla dirigenza la competenza in materia di applicazione di sanzioni edilizie; a norma dell’art. 51 comma 3, l. 8 giugno 1990 n. 142 (oggi, d.lg. 18 agosto 2000 n. 267), infine, sono di competenza dei dirigenti "tutti i compiti, compresa l’adozione degli atti e provvedimenti amministrativi che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, che la legge e lo statuto espressamente non riservino agli organi di governo dell’ente" (cfr. T.A.R. Campania Napoli, sez. II, 13 febbraio 2009, n. 802, T.A.R. Campania Napoli, sez. VI, n. 03586/2009).

6.1. Egualmente infondata è la quarta censura laddove si invoca l’applicazione dell’art. 167 co. 4 e 5 che consente al proprietario dell’immobile abusivo di richiedere l’accertamento della compatibilità paesaggistica degli interventi realizzati. Da un lato, non risulta documentata la presentazione di alcuna domanda di accertamento in tal senso (fatta salva la descritta presentazione dei condoni limitatamente ad alcune opere), dall’altro, come in precedenza evidenziato, per le opere in questione era comunque necessaria la previa acquisizione della concessione edilizia (oggi permesso di costruire), la cui mancanza è ex se sufficiente a sorreggere il provvedimento impugnato.. Le opere attinte dal provvedimento impugnato, infatti, conseguono la realizzazione di superfici e non sono qualificabili come opere di manutenzione ordinaria né di manutenzione straordinaria.

7.1. Con la quinta censura, si contesta che non sarebbe stato applicabile l’art. 27 D.P.R. 380/2001 per l’avvenuta, risalente, ultimazione delle opere non sussistendo la necessaria "immediatezza" dell’intervento repressivo.

7.2. Il mezzo è infondato in quanto, come ripetutamente ribadito dalla giurisprudenza di questo Tribunale, non rileva, ai fini dell’applicazione dell’art. 27 D.P.R. 380/2001, se l’opera sia o meno ultimata. L’articolo citato, infatti, dispone: "qualora si tratti di aree assoggettate alla tutela di cui al regio decreto 30 dicembre 1923, n. 3267, o appartenenti ai beni disciplinati dalla legge 16 giugno 1927, n. 1766, nonché delle aree di cui al decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, il dirigente provvede alla demolizione ed al ripristino dello stato dei luoghi, previa comunicazione alle amministrazioni competenti le quali possono eventualmente intervenire, ai fini della demolizione, anche di propria iniziativa". La norma in questione, proprio all’esito delle modifiche apportate con D.L. 269/2003, è, evidentemente, applicabile tanto se venga accertato l’inizio quanto l’avvenuta esecuzione di opere abusive su area vincolata (cfr. T.A.R. Campania Napoli, sez. III, 11 marzo 2009, n. 1376), per cui non può trovare accoglimento la prospettazione del ricorrente nel senso dell’inapplicabilità della norma a causa dell’avvenuto completamento dei lavori (Sent. T.A.R. Napoli sez. VI n. 8987/2009).

8.1. Infondate sono pure la sesta, la settima censura e l’ottava censura. Si contesta che non si sarebbe effettuata la doverosa valutazione dell’effettiva sussistenza dell’interesse pubblico alla demolizione -non potendo limitarsi il Comune a constatare l’abusività dell’opera- nonché il difetto di motivazione in ordine alla grave sanzione irrogata anche in rapporto al sacrificio imposto al privato.

8.2. All’opposto, deve dirsi che l’incontestata abusività delle opere, in considerazione della concomitante insistenza sul territorio isolano del vincolo paesistico ai sensi del D.Lgs. 29101999 n. 490, come da costante giurisprudenza della Sezione, impone la demolizione del manufatto, da qualificarsi come atto rigidamente vincolato (cfr. art. 27 co. 2 D.P.R. 380/2001 sopra richiamato).

8.3. Ebbene, la vincolatezza del provvedimento di demolizione rende superflua e non dovuta una puntuale motivazione sull’interesse pubblico alla demolizione e sull’entità della sanzione adottata, essendo sufficiente l’aver evidenziato la violazione del regime vincolistico (cfr., ex multis, T.A.R. Campania Napoli, sez. VI, 04 agosto 2008, n. 9718); l’interesse pubblico al ripristino dello stato dei luoghi è "in re ipsà poiché la straordinaria importanza della tutela reale dei beni paesaggistici ed ambientali elide, in radice, qualsivoglia doglianza circa la pretesa non proporzionalità della sanzione ablativa, fermo comunque che, in presenza dell’operata qualificazione delle opere realizzate, abbisognevoli dei prescritti titoli abilitativi e non essendo rilasciabile a posteriori l’autorizzazione paesaggistica, alcuno spazio vi è per far luogo alla sola sanzione pecuniaria (T.A.R. Campania Napoli, sez. VI, 14 aprile 2010, n. 1975).

9.1. Quanto precede dimostra la fondatezza del ricorso limitatamente ai profili evidenziati con la seconda censura (omessa considerazione dei condoni) in relazione alle sole opere consistenti nella realizzazione di un manufatto di circa 56 mq, del piccolo fabbricato di circa 27 mq e della struttura con pali in legno con superficie di circa 56 mq coperta con rete frangivento.

Il ricorso va, quindi, accolto limitatamente alla sola parte in cui l’impugnato provvedimento ordina la demolizione delle opere appena descritte e per l’effetto deve essere annullato in parte qua; mentre deve essere respinto nella parte in cui il medesimo provvedimento dispone la demolizione della strada in terra battuta e alla struttura di pali in legno di circa 20 mq coperta da rete frangivento realizzata in adiacenza a un vecchio fabbricato.

9.2. La parziale soccombenza impone la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Sesta),

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

1) lo accoglie in parte nei sensi e limiti di cui in motivazione e lo respinge per il resto;

2) per l’effetto annulla il provvedimento impugnato nella parte in cui ordina la demolizione di un manufatto di circa 56 mq, del piccolo fabbricato di circa 27 mq e della struttura con pali in legno con superficie di circa 56 mq coperta con rete frangivento;

3) compensa le spese di lite;

4) ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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