Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 03-02-2011) 18-05-2011, n. 19573 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza del 15 dicembre 2009 la Corte di Appello di Messina, in parziale riforma della sentenza del GUP del Tribunale di Messina del 3 dicembre 2008 con la quale A.C., G.D., D.B.A., A.G. e V.A. imputati dei reati di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, erano stato ritenuti colpevoli e condannati, rispettivamente, A., alla pena di anni quattro mese uno e giorni dieci di reclusione ed Euro 18.000 di multa in continuazione rispetto alla sentenza del Tribunale di Messina del 30 maggio 2007, esclusa la recidiva; G., alla pena di anni quattro e mesi sei di reclusione ed Euro 19.200.00 di multa in continuazione con la detta sentenza del 30 maggio 2007, esclusa la recidiva; D.B., alla pena di anni quattro e mesi due di reclusione ed Euro 14.000 di multa, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti;

A. alla pena di anno uno di reclusione ed Euro 3.000 di multa previa concessione delle circostanze attenuanti generiche e con il beneficio della sospensione condizionale e V. alla pena di anni quattro e mesi otto di reclusione ed Euro 22.000 di multa, oltre le pene accessorie di legge) assolveva il V. e confermava nel resto.

La Corte territoriale, nel richiamare – sia pure parzialmente – la motivazione del primo giudice, ricostruiva in modo autonomo le varie vicende ed i singoli profili di responsabilità dei vari imputati, traendo così il convincimento della colpevolezza di ognuno degli imputati (tranne che per il V., successivamente assolto) da molteplici elementi di fatto che venivano dettagliatamente menzionati (indagini di P.G; esito delle intercettazioni:

comportamento processuale assunto dagli imputati; parziali ammissioni di responsabilità) e da elementi logici (con riguardo specifico all’ultimo episodio contestato al capo G), costituiti dalla ritenuta inverosimiglianza di un viaggio effettuato da parte degli imputati da Messina alla volta di Rosarno per incontrarsi con trafficanti calabresi con notevole dispendio di uomini e mezzi, se davvero finalizzato – come sostenuto dagli imputati – all’acquisto di una minima quantità di marijuana, facilmente reperibile sulla piazza di Messina.

Il giudice territoriale disattendeva le doglianze difensive dei vari imputati i cui difensori avevano sollecitato – per A. – in principalità l’assoluzione perchè il fatto non sussiste o per non averlo commesso relativamente ai reati di cui ai capi D) e G); in subordine il riconoscimento della circostanza attenuante speciale di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, anche per l’episodio di cui al capo G); in ulteriore subordine il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e, in ultimo, la riduzione della pena inflitta; per G., in via principale l’assoluzione dal reato di cui al capo C) per non avere commesso il fatto; in subordine l’assoluzione anche dai reati di cui ai capi D) e G) perchè il fatto non sussiste e per non averlo commesso, trattandosi di fatto non punibile per "consumo di gruppo"; il riconoscimento della circostanza attenuante speciale di cui al comma 5 anche per l’episodio di cui al capo G); in subordine ulteriore il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e, in ultimo, la riduzione della pena inflitta;

per il D.B., l’assoluzione dai reati sub G) ed H) ai sensi dell’art. 530 cpv. c.p.p., in via gradata, il riconoscimento del fatto di lieve entità anche per il reato di cui al capo G); in ulteriore subordine il riconoscimento in termini di prevalenza delle già concesse circostanze attenuanti generiche e, in ultimo, la riduzione della pena; per la A. – l’assoluzione dal reato di cui al capo F) per non avere commesso il fatto, trattandosi di mera connivenza non punibile.

Ricorrono avverso la detta sentenza tutti gli imputati a mezzo dei rispettivi difensori, anche se nelle more l’imputato A. ha rinunciato al ricorso.

La difesa della ricorrente A. denuncia omessa motivazione con riguardo al punto dell’appello relativo alla concessione del beneficio della non menzione della condanna.

La difesa del ricorrente G. deduce illogicità e contraddittorietà della motivazione in relazione al diverso metro di giudizio adoperato dalla Corte con riguardo alla posizione del V., nonostante la parità di posizione; ancora vizio di inutilizzabilità delle dichiarazioni di C.M. (soggetto tratto in arresto in flagranza del reato relativo all’episodio di cui al capo C) in ordine al quale nessuna motivazione aveva fornito la Corte.

Deduce, ancora, vizio di motivazione perchè illogica e/o mancante in merito all’episodio di cui al capo D), rilevando un vero e proprio travisamento del fatto.

Deduce, poi, violazione della legge penale (art. 73, comma 5) e omessa motivazione relativamente alle ragioni del diniego della invocata circostanza attenuante di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, comma 5, per i reati sub D) e G).

Deduce, infine, insufficiente e contraddittoria motivazione in merito all’ingiustificato diniego delle circostanze attenuanti generiche.

La difesa del ricorrente D.B. deduce vizio di motivazione con riguardo al mancato riconoscimento della circostanza attenuante del fatto di lieve entità relativamente al reato di cui al capo G), sostenendo che in modo del tutto illogico e fuorviante la Corte aveva avallato la decisione del Tribunale in punto di valutazione della condotta di detenzione e trasporto ribadendo il concetto che si era trattato di un trasporto avente per oggetto una rilevante quantità di droga qualificata presumibilmente come eroina sulla base di dati non convincenti;

motivazione definita illogica anche laddove la Corte aveva giudicato inverosimile la tesi di un viaggio organizzato con grande spiegamento di uomini e mezzi, e dunque del tutto sproporzionato rispetto all’asserito scopo di acquistare una modesta quantità di marijuana (400 gr.), essendovi invece elementi che avevano indotto la Corte a ritenere quel viaggio diretto a l’acquisto di una quantità rilevante di eroina.

Con un secondo motivo deduce vizio di motivazione perchè illogica o mancanze in punto di diniego della circostanza attenuante del fatto di lieve entità.

Va dichiarato inammissibile il ricorso proposto nell’interesse di A.C. stante l’intervenuta rinuncia, mentre i rimanenti ricorsi sono manifestamente infondati.

Per quanto riguarda la ricorrente A.G., la stessa ha lamentato omessa motivazione in merito alla sua richiesta di concessione del beneficio della non menzione:

trattasi di motivo inammissibile non essendo stata detta doglianza prospettata con i motivi di appello.

Per quanto riguarda i ricorsi degli imputati D.B.A. e G.D., molti dei motivi, avendo tratti in comune, possono essere trattati unitariamente.

Quanto alla ritenuta omessa motivazione da parte della Corte in punto di conferma della responsabilità di entrambi gli imputati, trattasi di censura manifestamente infondata non solo perchè la Corte ha analizzato specificamente la posizione del D.B. e del G., ma soprattutto perchè tale operazione è stata condotta in modo autonomo rispetto alle già analitiche considerazioni del GUP, attraverso una rielaborazione dell’intero materiale probatorio sottoposto ad esame che è stata effettuata in modo puntuale, esaustivo, logico e coerente con tutti i dati probatori disponibili che sono stati passati in rassegna compiutamente e con grande rigore metodologico.

E’ peraltro principio pacifico quello secondo cui in fase di appello il giudice non è tenuto a prendere in considerazione ogni argomentazione proposta dalle parti, bastando invece che vengano enunciate le ragioni a base della decisione: nell’assolvere a tale compito il giudice di merito deve rispettare i canoni della congruità, sufficienza e logicità della motivazione (in termini tra le tante, Cass. Sez. 5^ 6.5.1999 n. 7588 Rv. 213630; Cass. Sez. 1^ 21.12.1992 n. 1778; Rv 1894804).

Va, in ultimo, ricordato che – secondo quanto più volte affermato dalla giurisprudenza di questa Corte – la struttura motivazionale della sentenza di appello, laddove le due pronunce di primo e di secondo grado risultino concordanti nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a base delle rispettive decisioni, si salda e si integra con quella precedente di primo grado (Cass. Sez. 1^ 26.6.2000 n. 8886; Cass. Sez. 1^ 2.10.2003 n. 46350), con la conseguenza che è pienamente legittima da parte del giudice di secondo grado una motivazione per relationem.

Tenuti presenti tali criteri, appare logica e completa la motivazione offerta dalla Corte in punto di individuazione delle responsabilità dei singoli imputati.

In particolare, per quanto riguarda il ricorrente G., la sua responsabilità è stata correttamente confermata sulla base di dati che la Corte ha correttamente definito incontrovertibili (appunti contenenti l’indicazione del nome e di una cifra certamente riferentesi a somme di denaro rinvenuti nel furgone di tale C. M., soggetto separatamente giudicato e con il quale il G. aveva l’appuntamento; le telefonate intercorse in modo fitto con costui prima dell’appuntamento e soprattutto quella "finale" effettuata dal G. al C. nel frattempo fermato dai carabinieri; la fuga del G. pochi minuti prima che i militari intervenissero; la cessazione di ogni attività dell’apparecchio cellulare in uso al G. subito dopo il fatto).

Non meno esaustive le notazioni fatte sul conto del D.B. soprattutto convincenti sul piano logico come la necessità del ricorso a costui come corriere in diretta correlazione con l’importanza della spedizione e con la quantità di droga trasportata, idonee a giustificare l’inutilità di ricorrere ad un corriere per acquistare poche centinaia di grammi di marijuana reperibili facilmente sul mercato locale o, ancora più significativamente, la fuga del D.B. dinnanzi al posto di blocco predisposto dai carabinieri e l’investimento, nella circostanza, del M.llo C. a dimostrazione della necessità per il D.B. di non far recuperare il quantitativo esorbitante di droga che egli trasportava (necessità illogica se davvero il D. B. avesse così agito per sottrarsi ad un sequestro di poche centinaia di grammi di droga leggera).

Anche la censura mossa con riferimento alla inutilizzabilità delle dichiarazioni di C.M. – imputato in procedimento connesso e separatamente giudicato – è palesemente inconsistente avendo la Corte correttamente sottolineato come gli elementi di colpevolezza a carico del G. derivassero da ben altre e più significative circostanze del tutto indipendenti dalle dichiarazioni del C. sul conto del G., di fatto nemmeno utilizzate ai fini della decisione.

Quanto alle censure riguardanti la mancata o illogica motivazione in ordine alla circostanza del fatto di lieve entità invocata da entrambi gli imputati, la Corte ha fornito una motivazione ampia, esaustiva e soprattutto logica, passando in rassegna per ciascuno dei due imputati gli elementi che valevano a smentire la tesi di un quantitativo modesto di droga, richiamando in contenuti delle intercettazioni – laddove si fa riferimento a quantitativi non di certo trascurabili; ancora più significativamente, la predisposizione di una spedizione in Calabria finalizzata all’incontro con soggetti locali operanti in quella zona, con impiego di mezzi e uomini che si poteva spiegare solo con la necessità di concludere una operazione importante per l’acquisto e successivo trasporto di un notevole quantitativo di stupefacente; le stesse spontanee dichiarazioni rese dal D.B. in sede di riesame del provvedimento restrittivo; i puntuali richiami, sul punto riguardante la quantità di droga trasportata, alle diffuse argomentazioni svolte dal primo giudice vds. pagg. 58-60 della sentenza impugnata.

Anche per ciò che concerne la motivazione data dalla Corte al diniego delle circostanze attenuanti generiche invocate dal G., si tratta ad evidenza di motivazione assolutamente completa e convincente; così come lo è quella relativa al mantenimento del giudizio di equivalenza delle già concesse circostanze attenuanti generiche rispetto alla recidiva nei termini indicati dal GUP. Sulla base di tali considerazioni pertanto i ricorsi debbono essere dichiarati inammissibili. Segue la condanna dei singoli ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonchè al versamento della somma – ritenuta congrua – di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende, trovandosi i ricorrenti in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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