Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 03-02-2011) 18-05-2011, n. 19559 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Ricorre personalmente per cassazione A.O. avverso la sentenza emessa in data 15 giugno 2010 dalla Corte d’appello di Bologna con la quale, in parziale riforma della sentenza pronunziata il 24 settembre 2009 dei Tribunale di Reggio Emilia in esito a giudizio abbreviato, veniva rideterminata la pena in UN anno, mesi CINQUE di reclusione ed Euro 6.500,00 di multa, ritenuta la prevalenza, sull’aggravante contestata, della già concesse attenuanti generiche e dell’attenuante prevista dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5. Era altresì confermata la penale responsabilità del prevenuto in ordine ai delitti di cui al capi:

– A ex art. 61 cod. pen., n. 11 – bis D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, per aver detenuto, in (OMISSIS), allo scopo della cessione a terzi, quantitativi di hashish, contenuto in sette barrette ed in due panetti, con l’aggravante del fatto commesso In stato di irregolarità nel territorio dello Stato; – B D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 14, comma 5 bis e ter e succ. modif. -accertato in (OMISSIS) – perchè permaneva illegalmente nel territorio dello Stato,senza giustificato motivo, benchè colpito da provvedimento del Questore di Milano in data 28 maggio 2009, che gli faceva obbligo di allontanarsi entro cinque giorni dall’ordine di espulsione: provvedimenti notificatigli in pari data.

Con l’unico motivo dedotto, lamenta il ricorrente l’erronea applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5 – ter e succ. modif. in relazione all’art. 13, comma 7 del citato D.Lgs. ed al D.P.R. n. 394 del 1999, art. 5, comma 3, invocando l’annullamento della sentenza emessa in grado d’appello in riferimento al capo B dell’imputazione. Secondo l’imputato la Corte distrettuale, inopinatamente disattendendo lo specifico motivo d’appello già proposto, avrebbe omesso di far luogo alla disapplicazione del provvedimento amministrativo di allontanamento dal territorio dello Stato,emesso dal Questore di Milano, attesa la denunziata illegittimità del provvedimento presupposto costituito dal decreto prefettizio di espulsione, siccome non tradotto nella lingua madre dello stesso prevenuto.
Motivi della decisione

Il ricorso, condividendo il Collegio le conclusioni quest’oggi formulate dal Procuratore Generale, non può che esser giudicato inammissibile, siccome manifestamente infondato.

In un passo specifico della motivazione della sentenza di secondo grado, si da espressamente atto della presenza,nel fascicolo processuale, in allegato alla notitia criminis redatta il 9 settembre 2009 dalla Polizia Municipale di Reggio Emilia, del decreto prefettizio di espulsione del prevenuto, emesso in data 26 marzo 2007 oltrechè della circostanza che l’ordine di allontanamento, emesso in esecuzione del surrichiamato decreto di espulsione, dal Questore di Milano in data 28 maggio 2009 "risulta tradotto in lingua araba".

Peraltro lo stesso ricorrente ammette – ripetendo quanto dedotto in atto d’appello – che l’avvenuta traduzione nella propria lingua madre del decreto di espulsione emesso dal Prefetto di Bologna il 26 marzo 2007 era attestata "espressamente …. nel verbale di notifica del provvedimento espulsivo". Il che induce pacificamente ad escludere qualsivoglia profilo della censurata inosservanza e/o violazione della legge penale, essendo dimostrato che al prevenuto era stato evidentemente notificato, previa consegna di copia, detto provvedimento di espulsione,nel testo tradotto in lingua araba, a nulla rilevando (nè essendovi di tanto la necessità) che la copia tradotta risulti allegata agli atti processuali.

In ogni caso ed in via conclusiva vale ancora osservare che, come statuito da questa Corte Sez. 1^ con sentenza n. 21698 del 2006, la conoscibilità dei provvedimenti concernenti l’espulsione dello straniero, risulta assicurata, se lo straniero non comprende la lingua italiana, attraverso la comunicazione allo stesso "in una lingua da lui conosciuta ovvero, ove non sia possibile, in lingua francese, inglese o spagnola" di "una sintesi del contenuto" nella lingua a lui comprensibile, giusta il disposto del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 7, e del D.P.R. n. 394 del 1999, art. 3, comma 3, regolamento di attuazione, sostituito dal D.P.R. n. 334 del 2004 senza innovazioni sul punto. Alla declaratoria di inammissibilità segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè (trattandosi di causa di inammissibilità riconducile alla volontà, e quindi a colpa, del ricorrente: cfr.

Corte Costituzionale sent. N. 186 del 7-13 giugno 2000) al versamento, a favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 1.000,00.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 a favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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