T.A.R. Campania Napoli Sez. VIII, Sent., 19-05-2011, n. 2773 Aggiudicazione dei lavori Contratto di appalto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

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Svolgimento del processo

1.- Con il presente ricorso, la AGM costruzioni, in proprio e quale mandataria della costituenda ATI con la F. srl, ha impugnato gli atti e le operazioni di gara, indetta dal Comune di Benevento (determ. dirigenziale n. 77 del 20.2.2009), relative all’appalto dei lavori di recupero immobili e risistemazione spazi esterni a verde attrezzato, denominato "contratto di quartiere II Santa Maria degli Angeli"; gara aggiudicata (cfr., verbale n. 33 del 16.3.2010) alla costituenda ATI I. spa e M. srl.

Quale seconda graduata si duole, in particolare, che l’amministrazione non abbia escluso dalla competizione la aggiudicataria, stante la irregolarità della sua partecipazione sia per quanto attiene alla completezza delle indicazioni ex art. 38 DLgs 163/2006, alle formalità relative alla offerta tecnica, sia, infine, in ordine al rispetto delle regole afferenti alla costituzione delle associazioni temporanee di imprese.

Ha pertanto articolato tre motivi con cui deduce la violazione di legge (art. 38 DLgs 163/2006; del bando e del disciplinare di gara; DPR 444/2000) e l’eccesso di potere sotto molteplici profili, concludendo per l’accoglimento anche in via risarcitoria.

2.- Si è costituito il Comune di Benevento, chiedendo il rigetto del gravame.

2.1.- Si è costituita la aggiudicataria. Ha chiesto il rigetto del ricorso ed ha proposto ricorso incidentale rilevando la irregolare partecipazione della seconda graduata, impugnante principale.

3.- All’udienza indicata, la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

4.- Va analizzato prioritariamente il ricorso incidentale (Ad. Plen. CdS. n. 4/2011).

Come evidenziato nella ordinanza cautelare di questo Tribunale – confermata dal superiore giudice amministrativo – la partecipazione della ricorrente principale è da ritenersi illegittima non essendo stati documentati i requisiti soggettivi ex art. 38 DLgs n. 163/2006 per quanto attiene all’impresa cedente.

Il dato fattuale è pacifico: in particolare, la AGM ha acquistato il "ramo d’azienda" della DR Costruzioni in data 4.9.2008, mentre la F. ha rilevato un ramo di azienda della SOCIFF il 10.3.2009.

Parimenti pacifico è che non risulta alcuna dichiarazione ex art. 38 DLgs 163 cit., resa dai cedenti, specificamente per quanto attiene ai loro requisiti morali e professionali.

Il Tribunale è avvertito che sul punto sussiste un recente pronunciamento di segno contrario dello stesso Consiglio di Stato (CdS V 15 novembre 2010 n. 8044) secondo cui le regole di esclusione non possono essere che intese in senso restrittivo, nel mentre non si registra una disposizione che richieda espressamente i contestati adempimenti da parte della impresa cessionaria (in senso adesivo anche l’ordinanza cautelare di questa stessa sezione n. 165/2011).

Il Tribunale, tuttavia, ritiene – in sede sentenziale – che gli argomenti a base della suddetta conclusione non siano irresistibili.

In primo luogo, la argomentazione della insussistenza di una norma "ad hoc" nel Codice degli appalti pubblici non appare insuperabile, atteso che quel corpus normativo non poteva certo diffondersi in una eccessiva casistica, soprattutto ove -come si cercherà di dimostrare – l’esigenza sottesa alla estensione della dichiarazione ex art. 38 nel caso di cessione d’azienda, debba ritenersi insita nel sistema.

Va, infatti, rilevato che:

il Codice civile regola la cessione di azienda ispirandosi -oltre che al principio di continuità nei rapporti giuridici, come codificato dal diritto societario in materia di trasformazione nelle sue varie forme (d.leg. 17 gennaio 2003 n. 6 e d.leg. 6 febbraio 2004 n. 37)- al canone della conservazione c.d. della "unità aziendale", sicchè la successione nei contratti ( art. 2588 C.C.), la responsabilità per debiti preesistenti ( art. 2560 C.C.) lasciano chiaramente intendere come non si riscontri una radicale soluzione di continuità nella dinamica successoria, per cui a ragione i vertici aziendali (ceduti) devono ritenersi fra i soggetti tenuti alla dichiarazione ex art. 38 DLgs. 163/2006.

Nella presente fattispecie, l’analisi degli atti di cessione (ad es., quello intercorso fra la F.i.m. Costruzioni e la Fineco) evidenzia il richiamo al predetto art. 2560 C.C. come l’impegno della cedente "dietro semplice richiesta della cessionaria, a prestare tutti gli assensi, rinunce e consensi e a consegnare atti, documenti di carattere tecnico contabile, fiscale e tributario, ed in particolare, la certificazione dei lavori, di cui al comma 7 dell’articolo 22 del DPR numero 34/200, che si rendessero necessari ed utili, ai sensi della normativa vigente, per consentire alla cessionaria di partecipare a pubbliche gare di appalto, nonché di richiedere ed ottenere l’attestazione di cui all’articolo 1 del DPR n. 34/2000": segno tangibile che le esigenze di continuità fossero manifeste alle parti contrattuali;

la disciplina in tema di responsabilità delle persone giuridiche ( DLgs. n. 231/2001) pone in chiaro rilievo il rapporto fra cedente e cessionario. Così l’art. 33 disciplina specificamente la Cessione di azienda statuendo (1° comma) che "Nel caso di cessione dell’azienda nella cui attività è stato commesso il reato, il cessionario è solidalmente obbligato, salvo il beneficio della preventiva escussione dell’ente cedente e nei limiti del valore dell’azienda, al pagamento della sanzione pecuniaria". In giurisprudenza, ex pluris: "Nel procedimento per l’accertamento dell’illecito amministrativo ai sensi del d.leg. 8 giugno 2001 n. 231, l’ente cessionario dell’azienda è solidalmente obbligato al pagamento della sola sanzione pecuniaria inflitta all’ente cedente": Corte di Cassazione; sezione VI penale, sentenza, 11 giugno 2008;

sussistono ponderate ragioni di interpretazione sostanzialistica della normativa "de qua" che, soprattutto attraverso l’art. 38 del DLgs 163/2006 (con l’espressione perentoria "In ogni caso" si apre l’ultimo comma della lett. c), ha la finalità di mettere in condizione l’amministrazione di ben conoscere e valutare funditus la controparte contrattuale anche nella sua dinamica evolutiva, evitando che la persona giuridica, con le sue trasformazioni, possa fungere da schermo per celare elementi negativi così sottratti, attraverso l’abuso della personalità giuridica, alla diretta valutazione della stazione appaltante.

Come ha osservato questo stesso Tribunale (Tar Campania sez. I, 1° marzo 2010 n. 1207): "Deve quindi ritenersi che anche nella cessione o nell’affitto di un ramo di azienda, oltre che ovviamente nella cessione della intera azienda, si realizzi una successione di alcuni elementi soggettivi pur presenti nel singolo ramo, tanto che l’eventuale inquinamento della gestione causato da un amministratore o direttore tecnico (il quale in ipotesi non sia stato trasferito alla cessionaria insieme al ramo di azienda) tuttavia possa riverberare la sua influenza negativa. Del resto, una contraria tesi comporterebbe una facile elusione dei divieti di partecipazione, in violazione della disposizione contenuta nel citato art. 38, secondo cui "In ogni caso l’esclusione e il divieto operano anche nei confronti dei soggetti cessati dalla carica nel triennio antecedente la data di pubblicazione del bando di gara, qualora l’impresa non dimostri di aver adottato atti o misure di completa dissociazione della condotta penalmente sanzionata" (cfr. Cons. Giust. Amm., 6/5/2008, n. 389)."

Dall’accoglimento del primo motivo del ricorso incidentale si determina la improcedibilità del ricorso principale.

Le spese del giudizio si possono tuttavia interamente compensare, stante la particolarità della questione.
P.Q.M.

accoglie il ricorso incidentale e, per l’effetto, dichiara improcedibile il ricorso principale.

Compensa fra le parti le spese di causa.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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