Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 26-01-2011) 18-05-2011, n. 19594

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con l’ordinanza in epigrafe il tribunale del riesame di Catania confermò il decreto emesso il 31.3.2010 dal Gip del tribunale di Catania nei confronti di C.L. di sequestro preventivo di un cavallo in relazione al reato di cui all’art. 544 ter cod. pen..

L’indagato propone ricorso per cassazione deducendo:

1) inosservanza ed erronea applicazione della legge nonchè mancanza o manifesta illogicità della motivazione ed in particolare violazione dell’art. 114 disp. att. cod. proc. pen. per omesso avviso all’indagato presente, da parte della PG che aveva effettuato d’iniziativa il sequestro, della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia. Osserva che il tribunale del riesame, pur avendo accertato che il rilievo era fondato, ha escluso la violazione delle garanzia difensive in quanto l’indagato, nel momento della redazione del verbale di identificazione di persona sottoposta alle indagini, aveva dichiarato di riservare la nomina di un difensore di fiducia. Sennonchè l’art. 114 cit. è una norma di garanzia che obbliga la PG di avvertire la persona sottoposta alle indagini, se presente, che ha facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia in quanto il legislatore ha posto una presunzione assoluta che l’indagato non sia a conoscenza di questa facoltà e, a maggior ragione, di un obbligo di avvisarlo, la cui violazione rende ipso iure nullo il sequestro e gli atti successivi.

2) inosservanza ed erronea applicazione della legge nonchè mancanza lo manifesta illogicità della motivazione in relazione all’art. 533 ter cod. pen. e artt. 325 e 121 cod. proc. pen. per mancanza di motivazione in ordine alla eccezione di nullità del sequestro preventivo. Lamenta che senza motivazione il tribunale del riesame ha rigettato l’eccezione di nullità del sequestro per mancanza di specifica indicazione della condotta materiale contestata. Il tribunale ha invero ritenuto che tale condotta consistesse nella detenzione del cavallo nello stesso locale in cui erano state rinvenute sostanze stupefacenti idonee al doping, senza considerare che dagli stessi verbali di polizia giudiziaria emergeva che la morfina era stata trovata in un locale diverso, sicchè non era possibile ipotizzare alcun collegamento tra il cavallo e il farmaco, peraltro destinato ad uso umano.

3) inosservanza ed erronea applicazione della legge nonchè mancanza o manifesta illogicità della motivazione in relazione al fumus commissi delicti quale mera astratta configurabilità della fattispecie legale contestata come presupposto del sequestro preventivo. Lamenta che il tribunale del riesame ha erroneamente ritenuto sufficiente la sola astratta configurabilità del reato contestato dal PM senza accertare la sussistenza in concreto del fumus alla stregua delle risultanze processuali e degli elementi forniti dalle parti. In particolare il tribunale non ha considerato:

a) che non vi era alcun elemento che indicasse la meramente ipotizzata destinazione del cavallo a corse clandestine; b) che la morfina era stata rinvenuta in un locale diverso; c) che il farmaco era per uso umano mentre gli altri farmaci erano irrilevanti; d) che non vi è prova che i referti di analisi cliniche si riferissero al cavallo in questione; e) che nemmeno vi è prova della non conformità dei box alla normativa vigente. Inoltre il tribunale del riesame non ha valutato se sussistevano gli elementi integrativi del reato contestato, ed in particolare la sottoposizione dell’animale a fatiche insopportabili, ossia ad un elevato grado di intensità dei patimenti inflitti, tali da essere affrontati solo a costo di rilevanti sofferenze e possibile pericolo. Nemmeno è stata valutata la sproporzione con le caratteristiche etologiche così come manca ogni motivazione sul requisito della crudeltà. Allo stesso modo non è stato operato il controllo sullo elemento soggettivo del reato.

4) inosservanza ed erronea applicazione della legge nonchè mancanza o manifesta illogicità della motivazione in relazione all’art. 321 cod. proc. pen. con riferimento al periculum in mora.
Motivi della decisione

Ritiene il Collegio che il primo motivo sia infondato, non potendo disattendersi l’opinione del tribunale del riesame, secondo cui non è ravvisabile alcuna violazione o menomazione del diritto di difesa, in quanto risulta che l’indagato, ritualmente avvisato, dichiarò di non voler nominare al momento un difensore di fiducia, riservandosi di farlo successivamente. Questa dichiarazione fu fatta contestualmente al sequestro sicchè plausibilmente il tribunale del riesame ne ha dedotto che l’indagato era stato messo a conoscenza della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia e che quindi non vi era stata compressione delle garanzie difensive.

Nel resto il ricorso è fondato.

Il tribunale del riesame ha basato tutta la sua motivazione sull’erroneo presupposto che il suo sindacato non potrebbe investire la concreta fondatezza dell’accusa ma dovrebbe limitarsi alla verifica della astratta possibilità di ricondurre il fatto contestato alla fattispecie di reato ipotizzata dall’organo dell’accusa, sicchè l’annullamento della misura cautelare sarebbe possibile solo laddove risulti ictu oculi la difformità tra fatto contestato e reato ipotizzato ovvero risulti ictu oculi del tutto manifesta la infondatezza dell’accusa. In altre parole, sembrerebbe che il tribunale del riesame abbia aderito alla opinione secondo cui la sussistenza del fumus dovrebbe essere accertata solo su un piano di a-strattezza, nell’ambito delle indicazioni di fatto offerte dal pubblico ministero e sotto il profilo della congruità degli elementi rappresentati dall’accusa, che non potrebbero essere censurati in punto di fatto per apprezzarne la coincidenza con le reali risultanze processuali, ma che andrebbero valutati così come proposti dal pubblico ministero.

Si tratta però di una tesi che non può essere condivisa, sia perchè, per disporre e mantenere la misura cautelare reale, con conseguente compromissione del diritto costituzionalmente tutelato, occorre che vi sia il fumus del reato ipotizzato, sia perchè il sindacato del tribunale del riesame non può limitarsi alla mera verifica della astratta possibilità di ricondurre il fatto contestato alla fattispecie di reato ipotizzata, ma deve appunto verificare la concreta sussistenza del fumus del reato e del periculum in mora.

Il diverso principio, che pure a volte era stato affermato in passato da una parte della giurisprudenza sulla base di una non completa considerazione della motivazione di una decisione delle Sezioni Unite (20.11.1996, n. 23/97, Bassi), è stato però disatteso innumerevoli volte dalla giurisprudenza più recente – che qui si conferma -, secondo cui il tribunale del riesame, per espletare il ruolo di garanzia dei diritti costituzionali che la legge gli demanda, non può avere riguardo solo alla astratta configurabilità del reato, ma deve prendere in considerazione e valutare, in modo puntuale e coerente, tutte le risultanze processuali, e quindi non solo gli elementi probatori offerti dalla pubblica accusa, ma anche le confutazioni e gli elementi offerti dagli indagati che possano avere influenza sulla configurabilità e sulla sussistenza del fumus del reato contestato (cfr., ex plurimis, Sez. 1, 9 dicembre 2003, n. 1885/04, Cantoni, m. 227.498; Sez. Ili, 16.3.2006 n. 17751; Sez. 2, 23 marzo 2006, Cappello, m. 234197; Sez. 3, 8.11.2006, Pulcini; Sez. 3, 9 gennaio 2007, Sgadari; Sez. 4, 29.1.2007, 10979, Veronese, m.

236193; Sez. 5, 15.7.2008, n. 37695, Cecchi, m. 241632; Sez. 1, 11.5.2007, n. 21736, Citarella, m. 236474; Sez. 4, 21.5.2008, n. 23944, Di Fulvio, m. 240521; Sez. 2, 2.10.2008, n. 2808/09, Bedino, m. 242650; Sez. 3, 11.6.2009, Musico; Sez. 3, 12.1.2010, Turco; Sez. 3, 24.2.2010, Normando; Sez. 3, 11.3.2010, D’Orazio; Sez. 3, 20.5.2010, Bindi; Sez. 3, 6.10.2010, Kronenberg- Widmer).

Partendo da tali erronee premesse, il tribunale ha omesso di esaminare e valutare le confutazioni sollevate dall’indagato, ed in particolare quelle con le quali era stato eccepito: – che i locali dove erano state rinvenute le sostanze stupefacenti idonee al doping (siti in (OMISSIS)) erano diversi da quelli in cui si trovava il cavallo (siti in via (OMISSIS)); – che comunque si trattava di farmaco ad uso umano, ricondotto dalla PG alla esclusiva disponibilità di tale M.S.; – che non vi era alcun elemento da cui dedurre che il cavallo era destinato alle corse clandestine; – che per la presenza di altri farmaci ad uso veterinario erano state sollevate solo contestazioni di illeciti amministrativi e comunque in ordine a tali farmaci mancava sia un verbale di sequestro, sia un elenco dettagliato sulla loro natura, tipo, qualità, quantità, destinazione, valenza, sia l’indicazione di un effetto dopante nella relazione del medico; – che i referti di analisi effettuati sui cavalli non erano stati allegati agli atti, e quindi non era possibile una loro valutazione al fine di ricondurli al cavallo sequestrato; – che mancava qualsiasi riferimento, descrittivo o fotografico, in riferimento ai box, alle loro condizioni igienico sanitarie, allo stato di nutrizione degli animali.

La motivazione della ordinanza impugnata è poi erronea e comunque mancante o solo apparente anche sotto il profilo della astratta configurabilità del reato in relazione al quale è stata adottata la misura. Il reato di maltrattamento di animali previsto dall’art. 544 ter cod. pen. prevede diverse ipotesi, e precisamente il fatto di chi, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche o il fatto di chi somministra agli animali sostanze stupefacenti o vietate ovvero li sottopone a trattamenti che procurano un danno alla salute degli stessi. Nella specie sembra debbano escludersi le ipotesi di cui al comma 1, sia perchè non si fa cenno della circostanza che al cavallo fossero state cagionate lesioni o che lo stesso fosse stato sottoposto a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche ecologiche, sia perchè nemmeno è ipotizzata la presenza del requisito della crudeltà o della mancanza di necessità. L’ordinanza impugnata in realtà si è riferita ad entrambe le ipotesi di cui al comma 2, e cioè sia a quella della somministrazione di sostanze stupefacenti o vietate sia a quella della sottoposizione a trattamenti che procurano danno alla salute. Sennonchè, in relazione ad entrambe tali ipotesi manca una motivazione sulla sussistenza in concreto del relativo fumus, che è affermato solo apoditticamente e genericamente, sia perchè non sono state prese in esame le eccezioni della difesa relative alla natura e qualità dei medicinali veterinari rinvenuti, alla presenza di sostanze stupefacenti nei locali dove era custodito il cavallo, alla pertinenza e riferibilità al cavallo sequestrato dei referti di analisi, sia perchè non si specifica quali siano stati i danni alla salute, ma si fa solo un generico riferimento al benessere, alla qualità della vita ed alla dignità dell’animale.

L’ordinanza impugnata parla anche di non corrispondenza del box alle caratteristiche del cd. "codice per la tutela e la gestione degli equidi" redatto nel (OMISSIS) a cura del ministero della salute, che contiene utili indicazioni e linee guida e che è nelle intenzioni dei redigenti destinato ad essere inserito in una futura legge, ma che al momento non risulta essere stato adottato con un atto normativo primario o secondario e che quindi non è una fonte di diritto obiettivo. Non può pertanto sostenersi, come sembra fare l’ordinanza impugnata, che qualsiasi non corrispondenza alle indicazioni e prescrizioni di detto codice comporti automaticamente una violazione di un precetto penale, conclusione questa che del resto non sarebbe conforme agli artt. 13, 23 e 25 Cost..

In ogni caso, il mancato rispetto delle indicazioni previste dal suddetto codice in ordine alle caratteristiche che dovrebbero avere i locali dove sono custoditi gli equidi potrebbe influire sulla configurabilità non, evidentemente diti gli equidi potrebbe influire sulla configurabilità non, evidentemente, del delitto di cui all’art. 544 ter cod. pen., bensì semmai della contravvenzione di cui all’art. 727 cod. pen., che al comma 2, punisce chiunque detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze, fermo restando che, secondo costante giurisprudenza, anche per la integrazione di questa ipotesi contravvenzionale occorre pur sempre una situazione di incompatibilità con la natura dell’animale o produttiva di gravi sofferenze e non una mera riduzione del benessere o della dignità dello stesso, alla cui tutela – secondo lo stesso tribunale del riesame e come risulta dai commi 1 e 3 dei principi generali premessi al codice ("Il codice fornisce i criteri essenziali per la corretta gestione degli equidi, secondo la buona prassi e comportamenti etici, a tutela della salute e del benessere degli stessi"; "Il codice promuove la corretta relazione uomo-animale, nel rispetto della dignità dell’equide come essere senziente") – è invece finalizzato il codice in questione.

Va infine osservato, per quanto concerne il periculum in mora, che difetta totalmente la motivazione sull’esistenza di un concreto pericolo di reiterazione del reato, la cui presenza avrebbe richiesto un particolare approfondimento, stante l’incongruenza della circostanza che il cavallo sequestrato è stato lasciato nella custodia dello stesso indagato e nei medesimi locali, senza alcuna prescrizione e accorgimento particolare.

L’ordinanza impugnata deve dunque essere annullata con rinvio per nuovo esame al tribunale di Catania.
P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al tribunale di Catania per nuovo esame.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *