Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 15-02-2001) 18-05-2011, n. 19528

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di appello di Trieste con sentenza del 17.3.2010 confermava la sentenza emessa dal Tribunale di Pordenone del 13.10.2008 di condanna del D. alla pena di mesi nove di reclusione ed Euro 400,00 di multa per truffa.

Il D., legale rapp.te della ditta "Eurostock srl" insieme al G.G. ed a Z.L., agenti della stessa, inducevano in errore presentandosi (gli ultimi due) a nome della ditta predetta ai responsabili della ditta Rimorchi Bertoja spa con sede in (OMISSIS) e li inducevano a concludere l’acquisto di un rimorchio e di tre semirimorchi consegnando quattro assegni circolari e concludendo un piano di pagamento con anticipo molto modesto, ma successivamente solo gli acconti corrisposti e la prima rata bancaria del primo ed iniziale acconto venivano onorati ed i mezzi venivano rivenduti a terzi con incasso del relativo prezzo.

La Corte territoriale rilevava che il ricorrente aveva certamente partecipato alla truffa contrattuale perchè, pur essendo state le trattative condotte dai coimputati, il D. si era attivato per far rilasciare i 4 assegni provvedendo alla loro provvista, inoltre la società di cui il ricorrente era legale rapp.te sin dal 2003 era sostanzialmente inoperante; i veicoli erano immediatamente spariti, il D. aveva provveduto a negoziare alcuni titoli corrisposti dopo la vendita dei mezzi, mentre altri erano stati incassati direttamente dal Z. sul suo conto corrente personale. Pertanto doveva escludersi la buona fede del ricorrente.

Ricorre l’imputato che allega con il primo motivo l’insussistenza dell’elemento degli artifici e raggiri: la ditta Eurostock era affidabile ed ancora solvibile al momento delle trattative, l’imputato non aveva conseguito alcun ingiusto profitto in quanto i titoli derivanti dalla vendita dei mezzi a terzi erano stati versati nel conto della ditta Eurostock. L’incasso effettuato era relativo al primo rimorchio regolarmente pagato.

Non era stato dimostrato – si allega nel secondo motivo – il dolo da parte del ricorrente. Il D. aveva solo aiutato a definire un affare vantaggioso per la ditta di cui era legale rapp.te, ma non è dimostrato che sapesse dell’inganno e dell’intenzione truffaldino dei coimputati, uno dei quali Z., è definito nella stessa sentenza come il vero amministratore di fatto. I coimputati avevano svolto interamente le trattative.

Con il terzo motivo si ribadisce che tutte le trattative erano state condotte dallo Z. e dal G. e che il ricorrente non era mai intervenuto. Il fatto che il D. avesse provveduto a trovare la provvista per gli assegni rientrava tra i suoi doveri ma non dimostra l’intenzione truffaldino. Il D. aveva versato i titoli provenienti da terzi nel conto corrente della Eurostock, mentre lo Z. nel suo conto personale.
Motivi della decisione

Il ricorso, stante la sua manifesta infondatezza, va dichiarato inammissibile.

I tre motivi vanno esaminati congiuntamente ponendo la medesima questione della carenza di prova in ordine alla partecipazione del ricorrente alla truffa commerciale contestata ed in ordine alla consapevolezza dell’operato truffaldino dei coimputati che pacificamente avevano condotto le trattative, consegnato i titoli e ritirato i semirimorchi che poi sono stati venduti a terzi con relativo incasso del prezzo ricevuto.

Sul punto si deve ricordare che la Corte territoriale ha osservato che il ricorrente ha certamente partecipato alla truffa contrattuale perchè, pur essendo state le trattative condotte dai coimputati, il D. si era attivato per far rilasciare i 4 assegni provvedendo alla loro provvista, inoltre la società di cui il ricorrente era legale rapp.te sin dal 2003 era sostanzialmente inoperante; i veicoli erano immediatamente spariti, il D. aveva provveduto a negoziare alcuni titoli corrisposti dopo la vendita dei mezzi, mentre altri erano stati incassati direttamente dal Z. sul suo conto corrente personale. Pertanto doveva escludersi la buona fede del ricorrente.

La motivazione offerta dalla Corte di appello appare congrua e logicamente coerente ricordato che il D. era anche il legale rappresentante della società Eurostock della quale non poteva non conoscere la situazione patrimoniale e l’inattività da mesi nel momento in cui avvennero le trattative e successivamente non poteva non accorgersi che, dopo la consegna dei mezzi, gli impegni con la società venditrice avevano cessato di essere onorati e gli stessi mezzi venduti a terzi, poco importa se con accredito nei conti correnti societari o in quelli personali posta l’unitarietà della condotta posta in essere, nel loro rispettivo ruolo, dagli imputati.

La tesi dell’estraneità del ricorrente alla complessa truffa commerciale e della sua buona fede è stata pertanto dai giudici di merito esclusa sulla base di elementi logici ed univoci; le censure sono peraltro di mero fatto e riguardano questioni di natura fattuale già esaminate nelle precedenti fasi del processo.

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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