Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 20-09-2011, n. 19155 Agricoltura

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 19 settembre 2006, la Corte d’appello di Catania respingeva il gravame svolto da C.A. contro la sentenza di primo grado che aveva dichiarato inammissibili le domande di reiscrizione negli elenchi anagrafici per i lavoratori agricoli e di concessione dell’indennità di maternità per avvenuta decadenza D.P.R. n. 639 del 1970, ex art. 47. 2. La Corte territoriale puntualizzava che la mancata indicazione, da parte dell’INPS, dei presupposti e dei termini per l’esperimento dell’azione giudiziaria avverso il provvedimento di rifiuto della prestazione non impediva il decorso dei termini di decadenza previsti dalla legge per adire il giudice, poichè il D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, u.c., nel prevedere che il provvedimento dell’ente previdenziale dovesse contenere tale indicazione, non stabiliva alcuna sanzione in caso di inadempimento.

3. Avverso l’anzidetto sentenza della Corte territoriale, C. A. ha proposto ricorso per cassazione fondato su due motivi.

L’intimato ha resistito con controricorso, eccependo rinammissibilità ed infondatezza del ricorso. L’INPS ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
Motivi della decisione

4. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente denuncia omessa pronuncia sui motivi di appello e vizio di motivazione. Si contesta l’equivalenza operata dal giudice di merito tra disconoscimento del rapporto di lavoro e cancellazione dagli elenchi, e che si sia verificata decadenza con riferimento alla procedura di disconoscimento del rapporto di lavoro; si contesta, inoltre, la sentenza per non aver motivato su profili autonomi delle censure avverso la ritenuta decadenza e, infine, per aver liquidato le spese a carico della ricorrente benchè l’INPS avesse espressamente richiesto la compensazione.

5. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione ed errata applicazione del D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, comma 5 e difetto di adeguata motivazione. Si censura la sentenza impugnata per non aver tenuto conto dell’inottemperanza dell’INPS, sia con riferimento al silenzio serbato sull’istanza, sia con riferimento al provvedimento esplicito di diniego, all’obbligo di precisare presupposti e termini per l’esperimento dell’azione giudiziaria.

6. Il Collegio ritiene le censure inammissibili per inosservanza delle prescrizioni ex art. 366-bis c.p.c., applicabile ratione temporis, trattandosi di impugnazione avverso una sentenza pubblicata dopo il 2 marzo 2006, data dalla quale si applicano le modifiche al processo di cassazione introdotte dal D.Lgs. n. 40 del 2006 e in vigore fino al 4 luglio 2009 ( L. n. 69 del 2009, art. 47, comma 1, lett. d e art. 58, comma 5; ex multis, Cass. 7119/2010; Cass. 20323/2010).

7. Invero, manca la formulazione del quesito di diritto la cui funzione è di far comprendere alla Corte di legittimità, dalla lettura del solo quesito, inteso come sintesi logico-giuridica della questione, l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice di merito e quale sia, secondo la prospettazione del ricorrente, la regola da applicare (ex multis, Cass. 8463/2009). Il quesito deve investire la ratio decidendi della sentenza impugnata, proponendone una alternativa e di segno opposto (ex multis, Cass. 4044/2009).

8. Non risulta, inoltre, assolto, per le censure previste dall’art. 360 c.p.c., n. 5, l’onere di indicare chiaramente il fatto controverso ovvero le ragioni per le quali la motivazione è insufficiente, imposto dal citato art. 366-bis c.p.c., onere che va adempiuto non già e non solo illustrando il relativo motivo di ricorso, ma formulando, al termine di esso, un’indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un quid pluris rispetto all’illustrazione del motivo e che consenta al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso (in argomento, ex multis, Cass. 27680/2009,11094/2009, 8897/2008; SU 20603/2007).

9. Il ricorso, totalmente privo anche di tale indicazione, deve essere dichiarato inammissibile.

10. Sebbene soccombente, la ricorrente resta esonerata dal pagamento delle spese del giudizio di cassazione, sussistendo le condizioni prevista dall’art. 152 disp. att. c.p.c., per l’esonero dal pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; nulla spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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