Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 28-04-2011) 19-05-2011, n. 19755 Violazioni tributarie

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) Con ordinanza in data in data 27 settembre 2010 il Tribunale di Agrigento rigettava la richiesta di riesame, proposta nell’interesse di D.A. avverso il provvedimento del GIP del 13.8.2010, con cui era stato disposto il sequestro preventivo di beni immobili e mobili di proprietà, tra gli altri del D., fino alla concorrenza dell’importo di Euro 5.852.770,79, in quanto indagato per i reati di cui all’art. 416 c.p., D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 8, commi 1 e 2, art. 5, commi 1 e 2, art. 10 quater. Richiamando la sentenza a sez. unite n. 7 del 23.2.2000 riteneva il Tribunale che occorresse accertare solo la semplice compatibilità tra la fattispecie concreta e quella legale. Sulla base delle informative della G.d.F., allo stato, non erano stati certo offerti elementi in grado di infirmare il grave quadro indiziario a carico dell’indagato.

In ordine alle contestazioni circa l’ammontare della violazione finanziaria, riteneva il Tribunale che non fosse quella la sede per discutersi di tale ammontare, la cui delibazione andava riservata al giudizio di merito.

2) Ricorre per cassazione D.A., a mezzo dei difensori, denunciando con il primo motivo la violazione di legge e la mancanza assoluta di motivazione in merito al fumus commissi delicti. Con i motivi di gravame era stato evidenziato che il D. era soltanto il consulente fiscale che non aveva alcun interesse ad un indebito risparmio delle imprese riconducibili al D.C.. Il Tribunale, ed ancor prima il GIP, avrebbe dovuto spiegare in che modo il ricorrente avesse concorso in illeciti asseritamente commessi da altri.

Il Tribunale, nonostante le specifiche doglianze difensive, ha continuato a valorizzare la circostanza di per sè neutra che egli fosse detentore delle scritture contabili di alcune società del D. C. e ad interpretare, in adesione immotivata alla prospettazione accusatoria, quattro documenti inviati per telefax dalla PRO.FIS srl, con cui si chiedeva l’inoltro di fatture di acquisto per le società del D.C.; estendendo ingiustificatamente la consapevolezza, se non l’istigazione, a tutte le fatture, asseritamente false, utilizzate.

Con il secondo motivo denuncia la violazione di legge in relazione alla ritenuta applicabilità della confisca per un importo equivalente al profitto del reato, pur essendo per i reati fiscali, con il rinvio all’art. 322 ter, in mancanza di ulteriori precisazioni, tale confisca prevista per il prezzo del reato.

Con il terzo motivo denuncia la violazione di legge e la mancanza di motivazione in relazione alla determinazione della somma sottoposta a sequestro. Con la memoria depositata in sede di riesame si era evidenziato come la misura della somma da sottoporre a sequestro fosse stata determinata erroneamente, stante la duplicazione degli importi costituenti il profitto del reato.

Il Tribunale ha eluso completamente ogni deduzione in proposito, assumendo che il riesame non è la sede per discettare di tali questioni.

3) Il ricorso è fondato nei limiti e nei termini di seguito indicati.

3.1) Correttamente il Tribunale ha ritenuto che, in refezione ai reati tributari, la confisca per equivalente si applichi sia al prezzo che al profitto del reato. La L. n. 244 del 2007, art. 1, comma 143 prevede che "nei casi di cui al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, artt. 2, 3, 4, 5, 8, 10 bis, 10 ter, 10 quater e 11 si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni di cui all’art. 322 ter c.p..

Il richiamo in "toto" all’art. 322 ter c.p. (senza specificazione di commi) rende applicabile la confisca per equivalente sia in relazione al prezzo che al profitto del reato. Del resto (cfr. sent. sezioni unite n. 41936 del 22.11.2005), analoga questione si è posta con riferimento all’art. 640 quater, che rinvia, come la L. n. 244 del 2007, art. 1 all’art. 322 ter, senza alcuna specificazione, ed è stata risolta nel senso che la confisca per equivalente si applichi anche in relazione ai profitto del reato. Hanno affermato, infatti, le sezioni unite che "Il sequestro preventivo disposto nei confronti detta persona sottoposta ad indagini per uno dei reati previsti dall’art. 640 quater c.p. può avere ad oggetto beni per un valore equivalente non solo al prezzo ma anche al profitto del reato, in quanto la citata disposizione richiama l’intero art. 322 ter c.p." (la giurisprudenza successiva è assolutamente conforme: ex multis Cassaz. 1^ n. 30790 del 30.5.2006; sez. 2 n. 10838 del 20.12.2006;

sez. 2 n. 23425 del 12.4.2007; sez. 6^ n. 37090 del 30.5.2007; sez. 6^ n. 5401 del 28.1.2009).

3.2) Infondato è anche il motivo, con cui si denuncia la omessa motivazione in relazione atta sussistenza del fumus dei reati ipotizzati.

Ha infatti evidenziato il Tribunale che dalle informative della g.d.f. emerge un grave quadro indiziario a carico dell’indagato. In particolare, in ordine alla sua partecipazione concorsuale, ha sottolineato il Tribunale che egli era l’amministratore di fatto della PRO.FIS, società effettiva tenutaria delle scritture contabili dette società "nei cui riguardi seno state accertate in una sorta di peculiare incastro le violazione tributarie". Particolare valore indiziario del "modus procedendo e quindi dell’apporto consapevole fornito dal D. netta commissione di tali violazioni assumevano le note fax con le quali la PRO.FIL invitava il D.C. "a procurarsi fatture in evidente ed apparente mancanza di collegamento con reali operazioni economiche". 3.3) Erroneamente, però, il Tribunale ha ritenuto che non rientrasse nei suoi compiti accertare l’ammontare della violazione finanziaria.

Ha eluso, invero, completamente le doglianze difensive con cui si lamentava l’erroneo calcolo della imposta evasa, soprattutto a causa di indebite duplicazioni degli importi costituenti il profitto del reato.

A norma dell’art. 325 c.p.p., il ricorso per cassazione può essere proposto soltanto per violazione di legge. Secondo le sezioni unite di questa Corte (sentenza n. 2/2004, Terrazzi), nel concetto di violazione di legge può comprendersi, però, la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente in quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali, quali ad esempio l’art. 125 c.p.p., che impone la motivazione anche per le ordinanze. Tali principi sono stati ulteriormente ribaditi dalle stesse sezioni unite con la sentenza n. 25932 del 29.5.2008, secondo cui nella violazione di legge debbono intendersi compresi sia gli "errores in iudicando" o "in procedendo", sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidonee a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice. Il Tribunale, pur con i toniti del procedimento cautelare, non poteva sottrarsi all’esame delle doglianze difensive, incidendo l’ammontare del profitto sulla stessa entità dell’importo dei valori da sequestrare ai fini detta confisca per equivalente. Del resto secondo la giurisprudenza di questa Corte, richiamata dal ricorrente, "sebbene il sequestro possa essere disposto per l’Intero importo del profitto accertato, l’espropriazione non può essere duplicata o comunque eccedere mi quantum l’ammontare complessivo detto stesso" (Cass. pen. sez. un. 27.3.2008 n. 26654; conf. Cass. sez. 5 n. 19810 del 3.2.2010).

L’ordinanza impugnata va, pertanto, annullata con rinvio al Tribunale di Agrigento che, afta luce dei principi in precedenza esposti, effettuerà il necessario controllo, pur con i limiti del procedimento cautelare, in ordine alla quantificazione del profitto conseguito mediante l’evasione dell’imposta.
P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata, limitatamente alla quantificazione dell’imposta evasa e rinvia al Tribunale di Agrigento.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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