Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 20-09-2011, n. 19140 Disoccupazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

B.F. ha chiesto il riconoscimento del proprio diritto al trattamento ordinario di disoccupazione agricola con i requisiti contributivi ridotti di cui alla L. n. 160 del 1988, art. 7, comma 3, in riferimento all’anno 2001, con conseguente condanna dell’INPS a corrisponderne l’importo.

Il Tribunale di Taranto ha accolto la domanda con sentenza che è stata confermata dalla Corte di Appello di Lecce, che ha ritenuto che nel caso in esame si trattasse di un rapporto di lavoro a "part time" orizzontale e che il periodo di tempo in cui non erano state eseguite prestazioni lavorative (da luglio a settembre) dovesse configurarsi come periodo di disoccupazione e non di sospensione, con la conseguenza che doveva essere riconosciuto il diritto della lavoratrice all’indennità richiesta.

Avverso tale sentenza ricorre per cassazione l’INPS affidandosi a due motivi di ricorso.

L’intimata non ha svolto attività difensiva.
Motivi della decisione

1- Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione del R.D. 7 dicembre 1924, n. 2270, art. 44 e segg. nonchè del R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827, art. 45, art. 73, comma 2, art. 76, comma 3, art. 77 e del D.L. n. 86 del 1988, art. 7 conv. in L. n. 160 del 1988, chiedendo a questa Corte di stabilire se, ai sensi delle suddette disposizioni, l’indennità di disoccupazione a requisiti ridotti spetti all’assicurato con contratto di lavoro a tempo parziale anche nel caso di mera sospensione del rapporto di lavoro.

2.- Con il secondo motivo si lamenta omessa o insufficiente motivazione nella parte in cui il periodo nel quale l’assicurata non ha eseguito le prestazioni lavorative è stato equiparato ad un periodo di "disoccupazione involontaria" in luogo di una mera sospensione.

3.- Entrambi i suddetti motivi, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi tra loro, sono fondati.

Il quesito di cui al primo motivo deve, infatti, trovare risposta nei principi enunciati in materia dalla più recente giurisprudenza di legittimità – cfr. Cass. n. 8581/2007 e, più recentemente, Cass. n. 7589/2011 – a cui questa Corte intende dare continuità, secondo cui la pendenza del rapporto di lavoro, non cessato ma unilateralmente sospeso dal datore di lavoro, esclude in ogni caso la spettanza dell’indennità di disoccupazione per il periodo di inattività (salvo il diritto del lavoratore di ottenere la retribuzione nello stesso periodo ovvero di opporsi giudizialmente alla sospensione unilaterale, ove disposta illegittimamente), atteso che in mancanza della cessazione del rapporto lavorativo l’esclusione del trattamento di disoccupazione consegue all’esigenza (che si colloca nell’ambito del principio di solidarietà) di assicurare la tutela sociale ai più bisognosi, compatibilmente con le risorse disponibili, secondo una individuazione dello stato di bisogno giustificativo della prestazione che coincide non già con la mera inattività, bensì con l’estinzione del rapporto di lavoro, in coerenza con la funzione propria della prestazione di disoccupazione, che è di indennizzo e non di integrazione della retribuzione.

Contrariamente a quanto ritenuto dai giudici di merito, la pendenza del rapporto di lavoro – non cessato, secondo quanto accertato dagli stessi giudici, ma solo unilateralmente sospeso dal datore di lavoro – esclude dunque in ogni caso la spettanza dell’indennità di disoccupazione, a prescindere dalla qualificazione del rapporto di lavoro quale part-time di tipo orizzontale, come affermato dalla Corte territoriale, o quale part-time di tipo verticale, come sostenuto dall’Istituto, dovendo piuttosto sottolinearsi che, così come nel caso esaminato da Cass. n. 7589/2011, anche nel caso in esame il rapporto di lavoro ha subito nel periodo in questione "una mera sospensione che, come tale, non escludeva l’affidamento della lavoratrice nella ripresa della attività lavorativa al termine del periodo suddetto". 4.- La sentenza impugnata va quindi cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito con il rigetto della domanda proposta dalla lavoratrice.

5.- Non deve provvedersi sulla spese dell’intero processo, in applicazione dell’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo vigente anteriormente alla modifica introdotta dal D.L. 30 settembre 2003, n. 269, non applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame.
P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda; nulla per le spese dell’intero giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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