T.A.R. Lazio Roma Sez. II ter, Sent., 19-05-2011, n. 4348

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

il cartello di cui trattasi, collocato sulla copertura dell’edificio sopra la facciata, riporta la scritta "DICOdiscount italiano";

Considerato che l’indicazione "discount italiano" ne fa un’insegna pubblicitaria atteso che non vi è riportato soltanto il nome dell’esercizio ma anche sostanzialmente l’oggetto della sua attività;

Considerato, infatti, che, per insegna di esercizio, va intesa l’ insegna che risulti installata sulla sede dell’attività per individuare l’azienda nella sua dislocazione fisica (a nulla rilevando il fatto che insista sul tetto, anziché sull’ingresso principale) e che non contenga alcun elemento grafico o comunque simbolico teso a pubblicizzare l’attività produttiva dell’impresa, limitandosi soltanto a segnalare la denominazione dell’impresa medesima, con la conseguenza che l’insegna di esercizio è subordinata alla condizione che la stessa non si configuri, per le sue caratteristiche, quale mezzo essenzialmente pubblicitario (Consiglio di Stato, sez. VI, 28 giugno 2007, n. 3782), mentre "allorquando l’insegna stessa evidenzi anche la tipologia del prodotto o del settore nel quale l’azienda opera" essa rientra tra le insegne pubblicitarie (T.A.R. Veneto, Venezia, sez. III, 21 settembre 2007, n. 3134);

Considerato che, pertanto, il previo rilascio dell’autorizzazione all’installazione dell’insegna di cui trattasi era necessario in quanto trattasi non di insegna di esercizio ma di insegna pubblicitaria e che, pur applicandosi l’istituto del silenzio assenso del vecchio articolo 8, comma 2, del regolamento comunale nella materia, comunque, non si ritiene che il termine fosse decorso atteso il necessario previo rilascio del parere della soprintendenza comunale che è stato richiesto ma non è mai stato reso;

Considerato che, comunque, a prescindere da ogni considerazione, è comprovato in atti che la ricorrente ha, contestualmente alla nuova istanza, rinunciato formalmente alla originaria istanza del 2006 e quindi, necessariamente, anche ai suoi eventuali effetti autorizzatori;

Considerato che, pertanto, il ricorso deve essere respinto siccome infondato nel merito e che le spese seguono la soccombenza;
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la società ricorrente al pagamento in favore del Comune di Roma delle spese del presente giudizio che si liquidano in complessivi euro 1.000,00 oltre IVA e CPA.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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