Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 21-04-2011) 19-05-2011, n. 19689 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

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Svolgimento del processo

Il G.I.P. del Tribunale di Milano, con sentenza del 20.11.2009, dichiarava S.D. colpevole in ordine a varie ipotesi delittuose di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 per illeciti acquisti, importazione, illecita detenzione al fine di spaccio di sostanza stupefacente di tipo cocaina e, ritenuta la continuazione di tutti i reati commessi dal (OMISSIS), lo condannava alla pena di anni sette di reclusione ed Euro 35.000,00 di multa, nonchè al pagamento delle spese processuali; revocava l’indulto concesso dalla Corte di appello di Milano in data 11.07.2008 e ordinava la confisca e la distruzione dello stupefacente in sequestro.

Avverso la sopra indicata sentenza proponeva appello il difensore dell’imputato.

La Corte di appello di Milano, con sentenza datata 20.10.2010, oggetto del presente ricorso, in riforma della sentenza emessa nel giudizio di primo grado, concedeva a S.D. le attenuanti generiche e gli riduceva la pena ad anni sei di reclusione ed Euro 29.000 di multa; confermava nel resto.

Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione S. D., a mezzo del suo difensore, e concludeva chiedendone l’annullamento con i provvedimenti consequenziali.
Motivi della decisione

S.D. ha censurato la sentenza impugnata per il seguente motivo:

erronea applicazione della legge penale – mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. Secondo la difesa del ricorrente la sentenza impugnata sarebbe affetta da erronea applicazione della legge penale in quanto non veniva riconosciuta all’imputato l’attenuante speciale di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 7. La Corte territoriale avrebbe erroneamente motivato il diniego di concessione dell’attenuante speciale invocata dalla difesa, pur dopo avere acquisito i verbali di interrogatorio resi dallo S. prima della definizione del giudizio di primo grado, evidenziando la circostanza che già il coimputato F., prima dello S., aveva reso dichiarazioni nell’ambito del presente procedimento, senza tener conto che le dichiarazioni di quest’ultimo avevano fornito un riscontro a quelle del F. e del fatto che lo S. aveva chiamato in correità soggetti ulteriori rispetto a quelli chiamati precedentemente dal F., quali V.M..

Riteneva poi la difesa del ricorrente che la Corte territoriale gli avrebbe dovuto riconoscere le. circostanze attenuanti generiche nella loro massima estensione in considerazione delle dichiarazioni da lui effettuate, del ruolo minore da lui rivestito rispetto a quello del coimputato F. e del fatto che egli, diversamente dal F., era privo di precedenti penali specifici. Infine si lamentava la carenza di motivazione in relazione agli aumenti operati per la continuazione in ordine alle ipotesi criminose contestate, dal momento che la sentenza impugnata si riportava alla sentenza di primo grado, senza giustificare il differente aumento di pena operato in relazione ai singoli capi di imputazione, che sono tutte violazioni del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1.

Il ricorso proposto da S.D. è infondato. Correttamente l’impugnata sentenza non ha riconosciuto al ricorrente la speciale attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 7 dal momento che non risultavano atti che consentissero di verificare gli effetti indicati nella norma, che richiede che la condotta dell’imputato sia stata efficace nel senso "di adoperarsi per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori".

Rilevava sul punto la sentenza impugnata che già il coimputato F. prima di lui aveva fatto importanti dichiarazioni e vi erano stati quindi numerosi arresti di molti soggetti nell’ambito del presente procedimento.

Sul punto la giurisprudenza di questa Corte (cfr., Cass, Sez. 6, Sent. n.8243 del 6.05.1993, Rv. 194955) ha ritenuto che la disposizione del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, in forza della quale sono diminuite dalla metà a due terzi le pene per chi si adopera per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, si applica allorquando le dichiarazioni dell’imputato o dell’indagato si concretizzano o in un contributo determinante nel neutralizzare la produzione di nuovi danni o di ulteriori delitti come conseguenze dell’attività criminosa già posta in essere, ovvero in una collaborazione con l’autorità di polizia o con quella giudiziaria che consenta a tali organi di giungere all’individuazione di grossi o abituali fornitori o spacciatori della droga oppure alla scoperta e alla sottrazione di importanti risorse di capitali, sostanze e attrezzature aventi attinenza con la produzione, il traffico e l’uso delle sostanze stupefacenti. Ne consegue che non possono ritenersi sufficienti, ai fini della concessione dell’attenuante suindicata, comportamenti e ammissioni che portino soltanto a rafforzare il quadro probatorio o soltanto ad affrettare i risultati positivi verso i quali le indagini siano già positivamente orientate.

Per quanto poi attiene alla diminuzione della pena in considerazione della concessione delle circostanze attenuanti generiche, si osserva che correttamente la sentenza impugnata ha ritenuto che tale diminuzione non dovesse essere operata nella sua massima estensione,in considerazione del fatto che si tratta di reati di particolare gravità commessi da un soggetto che viveva con l’attività di spaccio di sostanze stupefacenti. Trattasi peraltro di una valutazione collegata alla dosimetria della pena, che è di esclusiva competenza del giudice di merito.

Per quanto infine attiene alla lamentata mancanza di motivazione in relazione agli aumenti operati, ai fini della continuazione, in ordine alle varie ipotesi criminose consistenti in violazioni del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, si osserva che la pena comminata risulta assolutamente congrua e che, comunque, nell’atto di appello, non viene censurata la sentenza impugnata in ordine ai diversi aumenti operati per la continuazione. Il ricorso deve essere pertanto rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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