Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 21-04-2011) 19-05-2011, n. 19682

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Svolgimento del processo

Il Tribunale di Grosseto, con sentenza del 3.07.2008, dichiarava V.C. colpevole in ordine al reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5 e la condannava alla pena di anni uno di reclusione ed Euro 3.000,00 di multa, nonchè al pagamento delle spese processuali.

V.C. è accusata di avere, in data 19.02.2003, illecitamente e consapevolmente trasportato grammi 19,486 di cocaina in più confezioni con percentuale di purezza compresa tra il 20,9% ed il 22,49% di pertinenza di C.G. e da costui detenuta a fini di cessione, ponendo a disposizione la propria autovettura, unitamente al C. e sulla base di pregressi accordi in merito, ad essa V. noti, tra costui ed il cedente la sostanza, così consentendo al C. l’acquisto e la ricezione della stessa; portandosi presso il fornitore dello stupefacente e ponendosi poi alla guida del veicolo nel viaggio di ritorno.

Avverso la sopra indicata sentenza proponeva appello l’imputata.

La Corte di appello di Firenze, con sentenza datata 14.05.2010, oggetto del presente ricorso, confermava la sentenza emessa nel giudizio di primo grado e condannava l’imputata al pagamento delle ulteriori spese processuali.

Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione V. C., a mezzo del suo difensore, e concludeva chiedendone l’annullamento con i provvedimenti consequenziali.
Motivi della decisione

V.C. ha censurato la sentenza impugnata in quanto la stessa sarebbe basata su mancanza di prove certe e comunque su di una errata valutazione delle prove acquisite, nonchè sul travisamento del materiale probatorio. Osservava infatti la V. che il predetto materiale probatorio consisteva in intercettazioni telefoniche e cioè in conversazioni tra persone dedite all’uso e allo spaccio di sostanze stupefacenti, ma che in tali conversazioni ella non compariva mai. Lamentava infatti di essere stata ingiustamente ritenuta responsabile a titolo di concorso solo per avere accompagnato a (OMISSIS) il giorno (OMISSIS) il proprio convivente C.G.. Il fatto poi che il C. avesse offerto al cedente la sostanza stupefacente S. un suo assegno postdatato non significava che la stessa fosse d’accordo e disponibile a pagare la droga con un suo assegno. Anche il bilancino di precisione e il destrosio che gli inquirenti avevano considerato prove a suo carico non sarebbero stati elementi rilevanti, trattandosi di una semplice bilancia da cucina e di destrosio utilizzato dal C. per il bodybuilding. Nessun riscontro infine sarebbe emerso relativamente alla consapevolezza della V. circa la illecita attività di acquisto dello stupefacente posta in essere dal suo convivente.

Il ricorso è infondato.

Correttamente la sentenza impugnata ha riconosciuto il concorso della ricorrente nel reato di detenzione al fine di spaccio di sostanze stupefacenti.

Come ha correttamente osservato l’impugnata sentenza, infatti,la donna non si è limitata a tollerare l’attività illecita del convivente, ma vi ha partecipato direttamente, accompagnandolo durante il viaggio unitamente al figlio, facendogli da "scudo" anche in considerazione della sua attività di poliziotta, consentendo al compagno di riposare durante il viaggio di ritorno, aiutandolo a trasferire in condizioni di sicurezza la cocaina e ad assicurarsi quindi il profitto della detenzione illecita.

La stessa deve quindi rispondere del reato di detenzione, al fine di spaccio, di sostanze stupefacenti, in quanto, ai fini della configurabilità del concorso di persone nel reato, il contributo concorsuale assume rilevanza non solo quando abbia efficacia causale, ponendosi come condizione dell’evento lesivo, ma anche quando assuma la forma di contributo agevolatore, e cioè quando il reato, senza la condotta di agevolazione, sarebbe ugualmente commesso, ma con maggiori incertezze di riuscita o difficoltà (Cass. Sez.4 n. 24895 del 22.5.2007). Sul punto questa Corte, nella sentenza n.4948 del 22.01.2010, Rv. 246649, emessa dalla quarta sezione in materia di illecita detenzione di sostanze stupefacenti, ha ulteriormente precisato la distinzione tra connivenza non punibile e concorso nel reato commesso da altro soggetto, evidenziando che, mentre la prima postula che l’agente mantenga un comportamento meramente passivo, privo cioè di qualsivoglia efficacia causale, il secondo richiede, invece, un contributo partecipativo positivo, morale o materiale, all’altrui condotta criminosa, assicurando quindi al concorrente, anche implicitamente, una collaborazione sulla quale questi può contare. Il proposto ricorso deve quindi essere rigettato e la ricorrente condannata al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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