Cass. civ. Sez. II, Sent., 21-09-2011, n. 19217 Amministrazione Pubblica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 5 luglio 2001 il Tribunale di Paola – adito da G.C.R. nei confronti del Comune di Belvedere Marittimo condannò il convenuto: al ripristino, secondo il tracciato indicato dal consulente tecnico di ufficio, della strada di accesso a un terreno dell’attrice, che era stata eliminata in occasione dei lavori di costruzione di alcuni edifici scolastici in un limitrofo fondo, in precedenza attraversato da quella strada; al risarcimento, nella misura di L. 20.000.000, dei danni conseguenti all’indisponibilità dell’immobile dell’attrice nel periodo successivo al marzo 1981.

Impugnata dal soccombente, la decisione è stata riformata dalla Corte d’appello di Catanzaro, che con sentenza del 13 gennaio 2005, in accoglimento del gravame, ha rigettato le domande proposte dalla parte attrice. A tale conclusione il giudice di secondo grado è pervenuto ritenendo: che era mancata la prova di un’occupazione usurpativa di cui fosse stato oggetto il terreno di G.C. R., sì da fondare il vantato suo diritto al ripristino e quello accessorio al risarcimento dei danni; che quindi il Tribunale era incorso nella ultrapetizione lamentata dall’appellante.

P.R., P.G. e P.A. – i quali si erano costituiti nel giudizio di secondo grado quali eredi di G.C.R. – hanno proposto ricorso per cassazione, in base a due motivi. Il Comune di Belvedere Marittimo sì è costituito con controricorso.
Motivi della decisione

La decisione adottata dalla Corte d’appello, di rigetto della domanda proposta dalla parte attrice, deve essere mantenuta ferma, per una decisiva ed assorbente ragione, che implica soltanto la necessità di correzione della motivazione della sentenza impugnata, il cui dispositivo risulta conforme a diritto.

Tra le condizioni dell’azione, indispensabili affinchè una domanda possa già in astratto essere proposta, salva poi la verifica della sua fondatezza in concreto, è prioritaria ed essenziale la "possibilità giuridica": alla tutela richiesta in giudizio deve corrispondere una norma che effettivamente la accordi, configurando come diritto la pretesa fatta valere dall’istante.

Tale requisito difetta nella specie, essendo incontroverso tra le parti che il fondo attraversato dalla strada in questione aveva formato oggetto di un procedimento ablatorio – validamente promosso, come per legge, nei confronti del solo intestatario catastale della proprietà dell’immobile – ai fini della costruzione degli edifici scolastici che vi sono stati poi realizzati. La servitù di cui era titolare G.C.R. si era dunque estinta, poichè l’espropriazione per pubblica utilità comporta per l’espropriante l’acquisto a titolo originario dell’immobile, libero da tutti i diritti altrui da cui sia eventualmente gravato, i quali vengono senz’altro meno e sono sostituiti dal credito, verso l’espropriato, di una somma proporzionale all’indennità a costui spettante, che è commisurata alla piena proprietà del bene.

Alla stregua della prospettazione stessa dell’attrice, si doveva pertanto escludere che le competessero, nei confronti del convenuto, il ripristino e il risarcimento che aveva richiesto. Nè quindi si verteva nell’ipotesi, impropriamente presa in considerazione dalla Corte d’appello, di una "accessione invertita" di cui la servitù in questione potesse – o non – essere stata oggetto.

La mancanza delle condizioni dell’azione è rilevabile di ufficio anche in sede di legittimità, sicchè perdono rilevanza i motivi addotti a sostegno del ricorso, con i quali si sostiene: che anche in appello il Comune di Belvedere Marittimo aveva riconosciuto di non aver attivato l’espropriazione anche nei confronti di G.C. R.; che ne era derivata una "occupazione usurpativa" non abbisognevole di specifica prova, in quanto risultante in re ipsa.

Il ricorso va pertanto rigettato, con conseguente condanna dei ricorrenti – in solido, stante il comune loro interesse nella causa – a rimborsare al resistente le spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in 200,00 Euro, oltre a 2.000,00 Euro per onorari, con gli accessori di legge.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti in solido a rimborsare al resistente le spese del giudizio di cassazione, liquidate in 200,00 Euro, oltre a 2.000,00 Euro per onorari, con gli accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *