T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, Sent., 19-05-2011, n. 749

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

to nel verbale;
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Evidenziato:

– che non può essere ammessa agli atti della causa la memoria depositata dalla controinteressata il 10/5/2011, in quanto tardiva rispetto al termine dimidiato di 15 giorni liberi (da calcolare a ritroso dalla data dell’udienza di discussione) ai sensi degli artt. 73 e 87 del Codice del processo amministrativo;

– che l’uniforme giurisprudenza propende per l’espunzione dagli atti del giudizio delle memorie depositate oltre il termine perentorio fissato dall’art. 73 comma 1 del Codice del processo amministrativo (cfr. T.A.R. Piemonte, sez. II – 22/1/2011 n. 80; T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. I – 12/1/2011 n. 12; si veda anche T.A.R. Lazio Roma, sez. I – 7/2/2011 n. 1139);

Atteso:

– che il diritto di accesso è riconosciuto come diritto soggettivo ad un’informazione qualificata, a fronte del quale l’amministrazione pone in essere un’attività materiale vincolata;

– che, dal punto di vista soggettivo (lato attivo), l’istanza del richiedente deve essere sorretta da un interesse giuridicamente rilevante, così inteso come un qualsiasi interesse che sia serio, effettivo, autonomo, non emulativo, non riducibile a mera curiosità e ricollegabile all’istante da uno specifico nesso;

– che l’art. 22 comma 1 lett. b) della L. 7/8/1990 n. 241, nel testo novellato dalla L. 11/2/2005 n. 15, stabilisce che debbono considerarsi "interessati", "tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso";

– che l’impresa ricorrente, riunita in ATI con la controinteressata (capogruppo mandataria), ha ottenuto l’aggiudicazione dell’appalto per i lavori di posa del collettore fognario occidentale, per circa 2.000.000 Euro;

– che le opere sono state realizzate e collaudate, e risulta emesso il certificato di regolare esecuzione;

– che tuttavia lamenta la ricorrente che non vi sarebbe traccia dei pagamenti effettuati dalla capogruppo G.A. a favore di subappaltatori e fornitori di materiali;

– che l’interesse alla conoscenza di tali informazioni sarebbe collegato alle "voci" di una situazione di insolvenza della controinteressata, per cui l’impresa mandante è preoccupata che eventuali fornitori e subappaltatori insoddisfatti possano avanzare pretese nei suoi confronti in forza della responsabilità solidale ex art. 37 comma 5 del D. Lgs. 163/2006;

– che la stazione appaltante ha opposto un parziale diniego all’istanza estensiva;

Tenuto conto:

– che in via generale, le necessità difensive – riconducibili ai principi tutelati dall’art. 24 della Costituzione – sono ritenute prioritarie rispetto alle istanze di riservatezza di soggetti terzi (cfr. Consiglio di Stato, ad. plenaria – 4/2/1997 n. 5);

– che deve essere in buona sostanza garantito agli interessati l’accesso ai documenti la cui conoscenza sia necessaria per curare o difendere i propri interessi giuridici, dal momento che il diritto di difesa è garantito a livello costituzionale;

– che ad ogni modo la L. 241/90 specifica come non siano sufficienti esigenze di difesa genericamente enunciate per garantire l’accesso, dovendo quest’ultimo corrispondere ad un effettivo bisogno di tutela di situazioni giuridicamente apprezzabili che si assumano lese;

Considerato:

– che, in virtù degli elementi esposti negli atti di causa, la pretesa ostensiva della ricorrente non assume lo spessore minimo indispensabile a renderla degna di rilievo ed apprezzamento;

– che infatti non è documentata l’esistenza di situazioni di inadempienza della controinteressata nei confronti di fornitori e subappaltatori, né risultano pervenute alla Società ricorrente formali sollecitazioni di pagamento;

– che la stessa deduzione sulla situazione di difficoltà (stato di liquidazione, insolvenza) in cui verserebbe G.A. – da questa per la verità vigorosamente contestata – non è accompagnata da alcun dato probatorio;

– che è pur vero che l’interesse all’accesso ai documenti va infatti valutato in astratto, senza che possa essere operata, con riferimento al caso specifico, alcuna valutazione in ordine alla fondatezza o ammissibilità della domanda giudiziale che l’interessato potrebbe eventualmente proporre;

– che è tuttavia necessario che tra la domanda di accesso e l’esigenza di difendere i propri interessi giuridici vi sia un rapporto strumentale (anche inteso in senso ampio);

– che in questa fase la pretesa non è qualificabile come mezzo utile alla difesa dell’interesse giuridicamente rilevante, mentre un’eventuale contenzioso tra la Società ricorrente e la controinteressata sarà vagliato dall’organo giurisdizionale competente a pronunciarsi;

– che siamo in definitiva in presenza della rivendicazione giudiziale di un diritto che spetta solo "in astratto" a colui che lo aziona, poiché in concreto non affiora per il momento alcun vantaggio – che il legislatore ritiene "comunque" degno di apprezzamento – consistente nel rendere possibile la cura e la difesa in (altro) giudizio dei propri interessi giuridici (cfr. sentenza Sezione 14/1/2011 n. 54);

– che in conclusione il ricorso in esame deve essere dichiarato inammissibile;

Atteso:

– che, sull’art. 89 del c.p.c., questo Tribunale ha osservato (cfr. sentenza Sezione 20/4/2006 n. 398 confermata in appello dal Consiglio di Stato, sez. VI – 19/8/2009 n. 4986) come secondo la giurisprudenza la disposizione ha attribuito la prevalenza al diritto della controparte al decoro ed all’onore nella sola ipotesi in cui le espressioni utilizzate non abbiano alcuna relazione con l’esercizio della difesa e siano formulate al solo scopo di offendere la controparte (cfr. Consiglio di Stato, sez. V – 27/9/2004 n. 6291).

– che solo qualora le pesanti insinuazioni ed il linguaggio irriguardoso adoperato appaiano oltremodo eccessivi e gravemente lesivi del decoro della parte avversaria, oltrepassando i limiti dell’aspra e vigorosa dialettica propria della sede processuale, va disposta la loro cancellazione;

– che le formule adoperate nell’atto introduttivo del giudizio, pur adombrando la presenza di fatti idonei ad incidere sull’immagine della controinteressata, presentano una chiara attinenza con l’oggetto della controversia, in quanto tese a dimostrare l’interesse alla pretesa estensiva;

– che costituiscono, pertanto, uno strumento per indirizzare la decisione del giudice e vincere la causa;

– che sulla base di tale rilievo va disattesa la richiesta cancellazione delle citate espressioni (cfr. T.A.R. Brescia – 27/10/2005 n. 1062), e la correlata domanda risarcitoria;

Evidenziato:

– che le spese di lite possono essere parzialmente compensate, nella misura del 50%, nei confronti della controinteressata, alla luce dell’obiettiva peculiarità e novità della questione dedotta;
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda) dichiara inammissibile il ricorso in epigrafe.

Respinge l’istanza di cancellazione di frasi offensive e la correlata domanda risarcitoria.

Condanna parte ricorrente a corrispondere alla controinteressata la somma di Euro 1.850 a titolo di spese, competenze ed onorari di difesa, oltre ad oneri di legge.

Nulla per le spese nei confronti dell’amministrazione, non costituitasi in giudizio.

La presente sentenza è depositata presso la Segreteria del Tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *