Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 06-05-2011) 20-05-2011, n. 20076 Ricorso straordinario per errore materiale o di fatto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Avverso la sentenza su indicata ricorre la difesa di C. Alessandro che, dopo aver premesso di essere consapevole dei limiti entro i quali è ammissibile ed applicabile il rimedio di cui all’art. 625 bis c.p.p., deduce che la Corte di Cassazione, con la decisione impugnata, per mero errore di fatto, ha omesso di valutare le doglianze articolate ai punti 1.2.3.4 del ricorso e pertanto la sentenza è viziata da una sostanziale assenza di motivazione sulle deduzioni prospettate dalla difesa, con i motivi del ricorso.

A sostegno di tale doglianza, il ricorrente rinvia alle pagine da 2 a 15 del predetto ricorso.

La Corte di legittimità, in particolare, non si è espressa sulla eccepita inattendibilità del S., sull’atipicità e illogicità del pagamento dello stupefacente; sulla esiguità della somma dalla quale emergeva che C. non era segretario di nessuno; sul fatto che dalle intercettazioni telefoniche non emerge la conoscenza da parte del C. che assegno ed orologio fossero corrispettivo per acquisto di stupefacente; che Ci. cedesse stupefacente. Tutto ciò ha comportato una errata valutazione delle prove ex art. 192 c.p.p.. La Corte di legittimità, a parere del ricorrente, ha stabilito una analogia errata ed inesistente tra la posizione processuale del C. e quella degli altri imputati ricorrenti. Secondo il ricorrente, il rimedio straordinario è previsto anche per le situazioni in cui la motivazione del provvedimento sia talmente scarna da impedire di percepire la ratio decidendi, come nel caso all’esame.
Motivi della decisione

2. Il ricorso è manifestamente infondato.

2.1 Innanzitutto va ricordato che l’atto di ricorso deve essere autosufficiente, e cioè contenere la precisa prospettazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto da sottoporre a verifica: è, pertanto, inammissibile il ricorso per cassazione, come quello in esame, se i relativi motivi si limitino a lamentare l’omessa valutazione, da parte del giudice dell’impugnazione, delle censure articolate con il relativo atto di gravame, rinviando genericamente ad esse, senza indicarne specificamente, sia pure in modo sommario, il contenuto, al fine di consentire l’autonoma individuazione delle questioni che si assumono irrisolte e sulle quali si sollecita il sindacato di legittimità, Rv. 212610 SS.UU. n. 21 del 1995 Rv. 199903, Rv. 236689. 2.2 Il rinvio alla lettura dell’atto di ricorso, che ha dato origine alla sentenza impugnata ai sensi dell’art. 625 bis c.p.p., e che, come precisato dal ricorrente, consta di ben quattordici pagine, rende il ricorso inammissibile.

2.3 Non è, peraltro, questo l’unico motivo di inammissibilità del gravame: secondo l’insegnamento delle Sezioni unite di questa Corte, che si desume dalla decisione n. 16103 del 27/03/2002 Cc. (dep. 30/04/2002) Rv. 221283, l’omesso esame di un motivo di ricorso per cassazione non da luogo ad errore di fatto rilevante a norma dell’art. 625-bis cod. proc. pen., nè determina incompletezza della motivazione della sentenza allorchè, pur in mancanza di espressa disamina, il motivo proposto debba considerarsi implicitamente disatteso perchè incompatibile con la struttura e con l’impianto della motivazione, nonchè con le premesse essenziali, logiche e giuridiche che compendiano la ratio decidendi della sentenza medesima, ovvero quando l’omissione sia soltanto apparente, risultando le censure formulate con il relativo motivo assorbite dall’esame di altro motivo preso in considerazione, giacchè, in tal caso, esse sono state comunque valutate, pur essendosene ritenuta superflua la trattazione per effetto della disamina del motivo ritenuto assorbente; mentre deve essere ricondotto alla figura dell’errore di fatto quando sia dipeso da una vera e propria svista materiale, cioè da una disattenzione di ordine meramente percettivo che abbia causato l’erronea supposizione dell’inesistenza della censura, la cui presenza sia immediatamente e aggettivamente rilevabile in base al semplice controllo del contenuto del ricorso………L’errore di fatto verificatosi nel giudizio di legittimità e oggetto del rimedio previsto dall’art. 625-bis cod. proc. pen. consiste in un errore percettivo causato da una svista o da un equivoco in cui la Corte di cassazione sia incorsa nella lettura degli atti interni al giudizio stesso e connotato dall’influenza esercitata sul processo formativo della volontà, viziato dall’inesatta percezione delle risultanze processuali che abbia condotto a una decisione diversa da quella che sarebbe stata adottata senza di esso". 2.4 L’ambito del ricorso straordinario così delimitato rende evidenti le ragioni per le quali non è possibile ricondurrvi il contenuto della decisione impugnata : la sesta sezione della Corte, infatti, diversamente da quanto prospetta il ricorrente, ha compiutamente valutato i quattro motivi, puntualmente ed ampiamente riassunti in sentenza nella parte relativa al fatto, ed ha loro negato sostanza di impugnazione valutandoli inammissibili in quanto:

"il ricorrente o evidenzia marginali contraddizioni nelle dichiarazioni del S., confutate o comunque ampiamente giustificate dalla Corte di appello, o sollecita una non consentita rilettura degli elementi probatori a suo carico a fronte di una motivazione che non presenta vizi di sorta". 2.5 Orbene il ricorrente non lamenta alcun errore percettivo causato da svista o da un equivoco in cui la Corte di cassazione sia incorsa nella lettura degli atti interni al giudizio ed il portato valutativo della motivazione è compiuto e congruo.

2.6 La ratio decidendi è di immediata percezione e non abbisogna di alcuna integrazione: essa risiede nella valutazione di inidoneità dell’atto di impugnazione a provocare il giudizio di legittimità, essendo le doglianze esclusivamente attinenti al merito.

Il ricorso, per i motivi suddetti, deve essere dichiarato inammissibile.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, il ricorrente che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di mille Euro alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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