Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 06-05-2011) 20-05-2011, n. 20070 Sequestro preventivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza in data 2/12/2010, il Tribunale di Foggia respingeva l’istanza di riesame avanzata nell’interesse di D.G.A. e L.A.A., indagati per il reato di appropriazione indebita, confermando il decreto emesso dal Gip di Foggia in data 15/11/2010, con il quale veniva convalidato il sequestro preventivo disposto dal P.M. di un assegno n. (OMISSIS) per l’importo di Euro 35.000,00 e di un assegno n. (OMISSIS) per l’importo di Euro 50.000,00, entrambi gli assegni emessi in favore di L.A.A., e tratti sul c/c n. (OMISSIS) acceso presso la Unicredit di Foggia, intestato a D.G.A.. Con la stessa ordinanza il Tribunale, accogliendo in parte qua il ricorso, disponeva il dissequestro del saldo attivo, pari ad Euro 4.523,77 giacente su detto c/c. Il Tribunale osservava che sussisteva il fumus del reato di appropriazione indebita in quanto il D.G. aveva tratto gli assegni in favore della propria convivente L.A. con il fine evidente di appropriarsi di somme di pertinenza della società dallo stesso gestita come liquidatore. Accoglieva, però, parzialmente il ricorso, disponendo il dissequestro delle somme giacenti sul c/c intestato al D.G..

Avverso tale ordinanza propongono ricorso gli interessati per mezzo del proprio difensore di fiducia sollevando tre motivi di gravame.

Con il primo motivo deducono violazione di legge in relazione agli artt. 321 e 324 cod. proc. pen. con riferimento alla posizione di L.A.A., eccependo che a carico di costei il delitto di appropriazione indebita non appare neanche astrattamente configurabile.

Con il secondo motivo deducono la mancanza di motivazione sulla sussistenza del nesso di pertinenzialità fra i beni sequestrati ed il reato, dolendosi che il Tribunale aveva omesso di considerare che, almeno fino a concorrenza della somma di Euro 60.000,00 le somme sequestrate potevano considerarsi di legittima provenienza.

Con il terzo motivo deducono violazione dell’art. 321 c.p. per l’insussistenza del nesso di pertinenzialità fra gli assegni sequestrati ed il reato. Al riguardo eccepiscono che avendo dimostrato che sul c/c esistenza una giacenza di sicura provenienza lecita di Euro 60.000,00, quanto meno l’assegno di Euro 50.000,00 non doveva essere sottoposto a sequestro in quanto rientrava all’interno delle somme di cui il D.G. poteva disporre.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

Occorre premettere che secondo l’orientamento espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte, "In tema di riesame delle misure cautelari reali, nella nozione di violazione di legge per cui soltanto può essere proposto ricorso per cassazione a norma dell’art. 325 c.p.p., comma 1, rientrano la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali, ma non l’illogicità manifesta, la quale può denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui all’art. 606 c.p.p., lett. e)" (Cass. Sez. Un. sent. n. 5876 del 28/1/2004 dep. 13/2/2004 rv 226710).

Ancora più recentemente, questa Corte ha ribadito che: "Il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli "errores in iudicando" o "in procedendo", sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice" (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 43068 del 13/10/2009 Cc. (dep. 11/11/2009) Rv. 245093).

Quanto ai requisiti del provvedimento di sequestro, è stato osservato che:

"In tema di sequestro disposto dall’autorità giudiziaria, la motivazione richiesta dall’art. 253 c.p.p., comma 1 impone che nel decreto vi sia l’enunciazione del fatto di reato per cui si procede, di cui siano indicati, sia pure sommariamente, gli elementi costitutivi, in maniera tale da consentire al giudice del riesame la verifica circa l’astratta possibilità di sussumere il fatto attribuito alla persona sottoposta ad indagini in una specifica ipotesi di reato, nonchè la sussistenza del rapporto di pertinenzialità tra l’oggetto del sequestro e il fatto reato ipotizzato" (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 29903 del 01/07/2002 Cc. (dep. 21/08/2002) Rv. 222395).

Ed ancora: "Ai fini della motivazione del decreto di sequestro disposto dall’autorità giudiziaria, l’art. 253 c.p.p., comma 1, impone che nel decreto vi sia l’enunciazione del fatto di reato per cui si procede, con l’indicazione, sia pure sommaria, degli elementi costitutivi, in modo da consentire al giudice del riesame la verifica dell’astratta possibilità di sussumere il fatto in una specifica ipotesi di reato, nonchè della sussistenza del rapporto di pertinenzialità con l’oggetto del sequestro" (Cass. Sez. 6, Sentenza n. 4544 del 09/01/2009 Cc. (dep. 03/02/2009) Rv. 242913). Nel caso di specie il Tribunale ha esplicitamente motivato sulla sussistenza del fumus e del nesso di pertinenzialità fra i titoli sequestrati ed il reato di appropriazione indebita oggetto dell’accertamento penale in corso. Nè il fumus potrebbe essere escluso per L.A., ben potendosi configurare il concorso di costei nel reato di appropriazione indebita attribuito al D.G., poichè la disponibilità a ricevere una somma di denaro frutto di appropriazione indebita, ben può configurarsi come concorso morale.

Secondo l’insegnamento di questa Corte: "nella valutazione del "fumus commissi delicti" quale presupposto del sequestro preventivo di cui all’art. 321 c.p.p., comma 1, il giudice del riesame non può avere riguardo alla sola astratta configurabilità del reato, ma deve tener conto, in modo puntuale e coerente, delle concrete risultanze processuali e dell’effettiva situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti, indicando, sia pure sommariamente, le ragioni che rendono allo stato sostenibile l’impostazione accusatoria".

(Cass. Sez. 3, Sentenza n. 26197 del 05/05/2010 Cc. (dep. 09/07/2010) Rv. 247694).

L’ordinanza impugnata è coerente a tale principio di diritto e, pertanto, sfugge ad ogni censura.

Di conseguenza il ricorso di D.G. e L. deve essere respinto.

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che rigetta il ricorso, chi lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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