Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 06-05-2011) 20-05-2011, n. 20069 Sequestro preventivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza in data 25/11/2010, il Tribunale di Roma respingeva l’istanza di riesame avanzata nell’interesse di B.D., confermando il decreto di sequestro preventivo emesso dal Gip in data 25/10/2010, avente ad oggetto una autovettura Mercedes intestata a Mondo Lavoro s.r.l. di cui il B. risultava Amministratore Unico, nell’ambito di un procedimento penale a carico di terzi per i reati di associazione per delinquere, appropriazione indebita aggravata ed altri reati di natura societaria e fiscale.

Avverso tale ordinanza propone ricorso personale l’interessato sollevando due motivi di gravame con i quali deduce violazione di legge in relazione all’art. 321 cod. proc. pen., nonchè violazione di legge con riferimento agli artt. 321 e 253 cod. proc. pen..

Quanto al primo motivo obietta che nella fattispecie difetta il requisito del fumus, dolendosi che il Tribunale non abbia motivato minimamente la ragione della conferma del sequestro, nè ha provveduto a ricostruire la situazione patrimoniale del ricorrente al fine di giustificare la presunta sproporzione reddituale. Eccepisce, inoltre, che nell’oggetto sociale della società Mondo Lavoro è previsto anche il noleggio e la vendita di auto, camion, moto e barche, per cui l’acquisto dell’autovettura in sequestro doveva ritenersi ampiamente giustificato.

Quanto al secondo motivo si duole che il Tribunale abbia confermato il sequestro osservando che il venditore, G.F., risultava indagato per un reato rientrante nell’elenco di cui al D.L. n. 306 del 1992, art. 12 sexies, senza indicare il reato specifico per il quale sarebbe necessario il sequestro dell’autovettura.
Motivi della decisione

Il ricorso, proposto personalmente dal B. è inammissibile in quanto non si tratta di soggetto indagato e pertanto non può assumere la veste di "parte" in senso processuale. Fatta eccezione per la parte (a cui è consentito proporre personalmente il ricorso), il ricorso per cassazione, a norma dell’art. 613 cod. proc. pen., deve essere proposto, a pena di inammissibilità, da un difensore iscritto nell’albo speciale della Corte di cassazione, a nulla rilevando la sottoscrizione personale dall’interessato, quand’anche autenticata da difensore iscritto nel predetto albo, (cfr Sez. 4, Sentenza n. 41636 del 03/11/2010 Cc. (dep. 24/11/2010) Rv. 248449).

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, chi lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, si stima equo determinare in Euro 1.000,00 (mille/00).
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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