Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
A. La G. Srl è titolare di una società ricettiva alberghiera – "H.C." – che esercita da decenni in un immobile ubicato in Venezia, Cannaregio n.166.
B. La suddetta società ha ottenuto una concessione di occupazione di suolo pubblico per lo svolgimento dell’attività di pubblico esercizio; proprio su tale suolo è stata realizzata una struttura in ferro infissa al terreno adiacente all’hotel, al quale è collegata essendo destinata all’attività di somministrazione.
In data 14 marzo 2007, la Polizia Municipale di Venezia ha accertato l’esistenza di opere abusive, dettagliatamente descritte nel relativo verbale, prot. gen. n. 123125 del 19 marzo 2007 (all.4 delle produzioni documentali dell’amministrazione comunale nel giudizio introdotto con ricorso iscritto al n. 518 del 2010 e produzioni fotografiche allegate). Nello specifico, è stato rilevato quanto segue: " una struttura in ferro infissa al terreno con nr.13 ritti imbullonati al muro perimetrale dell’immobile tramite dei montanti che hanno anche la funzione di sostegno per la tenda. Tale struttura è circondata e tamponata da un basamento in tavole di legno, coperta da una tenda in tensione di tela impermeabile e chiusa sul lato esterno da un telone in plastica che poggia sul basamento in legno. Sempre sul lato esterno della struttura sussiste una ringhiera bianca in ferro, con fioriere incorporate, formanti un tutt’uno con i ritti. All’interno l’area è divisa in due parti, non comunicanti, da un pannello in legno. Nella parte che misura mt. 16,70 x 4,30 vi sono tavoli, sedie nr. 4 lampioni in ferro, nr.1 luce di emergenza, le fosse settiche ed un impianto tecnologico per aria condizionata formato da: una condotta longitudinale percorrente l’intera struttura, con bocchette per la fuoriuscita dell’aria ed un ventilatore installato su due pilastri di mattoni e malta misurante mt. 1,40×0,85×2,40 (rispettivamente lunghezza – profondità- -altezza). Nella parte che misura mt. 6,70×4,50 vi è il bar dell’hotel con il suo bancone e nr.2 mensole per liquori, n.1 divanetto e n.3 poltroncine il tutto poggiante su una pedana in legno, n. 2 lampioni in ferro, nr. 1 luce di emergenza e la condotta longitudinale per l’areazione. L’area della struttura comunica con l’hotel mediante i civici 162 – 162/A e 164 e 164/A. La struttura presenta i caratteri della stabilità (….) dell’inamovibilità (…) e della durata nel tempo (…)".
C. A seguito del suddetto sopralluogo, l’amministrazione comunale ha comunicato alla G. Srl, in data 11 aprile 2007, l’avvio del procedimento sanzionatorio.
Eseguita l’istruttoria, nel corso della quale è stato rilevato, peraltro, il contrasto delle opere con l’art. 19, comma 10 delle N.T.A. per la Città Antica di Venezia, l’amministrazione comunale ha adottato il provvedimento, prot. n. 2007/391985 del 21 settembre 2007, con il quale ha diffidato la suddetta società a procedere alla demolizione delle opere de quibus e, successivamente all’esecuzione di un ulteriore sopralluogo, dal quale è emersa la mancata ottemperanza alla suddetta diffida, ha adottato, in data 12 febbraio 2008, l’ordinanza di demolizione coattiva.
D. I suddetti provvedimenti sono stati impugnati dalla G. con ricorso iscritto al n. 2323 del 2007 il cui giudizio si è concluso con la sentenza di rigetto di questo Tribunale n.870 del 4 aprile 2008 (all.33 delle produzioni documentali dell’amministrazione comunale nel giudizio introdotto con ricorso iscritto al n. 518 del 2010).
Avverso la prefata pronuncia, la G. ha proposto ricorso in appello, richiedendo anche l’adozione di misure cautelari provvisorie; istanza, quest’ultima rigetta con decreto presidenziale n.3453 del 26 giugno 2008 (all. 32 delle produzioni documentali dell’amministrazione comunale nel giudizio introdotto con ricorso iscritto al n. 518 del 2010).
E. L’amministrazione comunale ha, dunque, avviato il procedimento per la demolizione ed il ripristino coattivo dello stato dei luoghi, comunicando alla G. Srl la data fissata per il sopralluogo preliminare tecnico. Nella data stabilita (22 settembre 2008) si sono recati in loco due funzionari comunali, il legale rappresentante della società, un rappresentante dell’impresa edile alla quale sarebbero stati affidati i lavori e due agenti della Polizia Municipale; l’impresa edile – come emerge dal verbale di constatazione del 22 settembre 2008 – verificato lo stato del manufatto, ha dichiarato la possibilità di eseguire la demolizione, impegnandosi a presentare un preventivo di spesa.
F. Con nota prot. 417982 del 2 ottobre 2008, l’amministrazione comunale ha comunicato alla G. Srl la data (3 novembre 2008) fissata per l’esecuzione del provvedimento di demolizione e rimessa in pristino coattivo.
G. I suddetti atti sono stati impugnati dalla G. Srl con ricorso iscritto al n. 2014 del 2008.
H. La società ha, inoltre, presentato all’amministrazione una nota, manifestando l’intenzione di "operare tutte le modifiche necessarie per riallineare l’esistente a quanto contemplato nell’autorizzazione n. 93.VE.158539 del 23/12/1993 Concessione n. 76/T/96 dell’1/02/1996" e richiedendo l’autorizzazione "al mantenimento della forma attuale del plateatico sino al 28 febbraio 2009, data in cui si presume di aver portato a termine detti lavori". (all. 13 delle produzioni documentali dell’amministrazione comunale nel giudizio introdotto con ricorso iscritto al n. 518 del 2010). Tale istanza è stata favorevolmente riscontrata dall’amministrazione comunale con nota del 29 ottobre 2008, con la quale è stata anche stabilita, per la demolizione e rimessa in pristino, la data del 4 dicembre 2008.
I. E’ accaduto, tuttavia, che, in considerazione dell’impossibilità di assicurare la presenza di dipendenti comunali alle operazioni di demolizione, a motivo delle necessità di gestire un’emergenza connessa ad un eccezionale evento di marea, l’amministrazione comunale ha comunicato alla G. Srl il differimento dell’intervento di demolizione alla data del 12 gennaio 2009.
L. La ricorrente ha, dunque, presentato nuovamente all’amministrazione una serie di documenti a suo parere attestanti la sussistenza, da tempo immemorabile, di autorizzazioni all’apposizione di una tenda con relative fioriere nella forma attuale e, su tali basi, ha richiesto un ulteriore differimento delle operazioni di demolizione e rimessa in pristino.
L. Tale documentazione è stata esaminata dall’Avvocatura Civica che, con parere del 21 gennaio 2009, ha osservato che: " i titoli autorizzatori relativi al luogo in oggetto specificato sono esclusivamente due: uno per occupazione di spazi comunali risalente al 1953 riguardante due tende amovibili da esporre all’esterno dell’albergo con misure di m. 13 x 3,50 e 8 x 3,50, successivamente sostituito, in data 01.01.1995 da una c.d. "concessione d’ufficio" per n. 2 tende (…).E poi un secondo, datato 01.02.1996, riguardante occupazione di suolo pubblico con tavoli e sedie recintate da piante in aderenza all’esercizio. Nessun titolo autorizzatorio di natura edilizia è mai stato rilasciato".
M. L’amministrazione comunale ha, quindi, comunicato alla G., in data 27 gennaio 2009, la nuova data fissata per il sopralluogo preliminare all’esecuzione del provvedimento di demolizione, previsto per il giorno 2 febbraio 2009; il sopralluogo è stato effettuato ed è stato redatto il relativo verbale di constatazione.
In tale verbale si attesta quanto segue: " premesso che lo stato delle opere realizzate è per consistenza esattamente quello descritto nell’ordinanza citata in oggetto, il tecnico del controllo del territorio, arch. Enrico Novello, conferma l’ordinanza stessa. Si provvederà alla demolizione d’ufficio delle opere abusive. Sempre al riguardo la proprietà esprime verbalmente perplessità in ordine alla "demolizione" dei cosiddetti ritti su cui è appoggiata la tenda amovibile e alla "demolizione" delle fosse settiche (debitamente a ruolo esattoriale comunale). La stessa proprietà si riserva di produrre entro 25 giorni da oggi, idonea documentazione e deduzioni relativamente ai predetti ritti e fosse settiche e rispetto ad altre rilevazioni della situazione attuale invitando nel contempo l’amministrazione comunale in conformità alle vigenti disposizioni sul procedimento amministrativo, a compiere ogni istruttoria necessaria ed opportuna per l’accertamento della situazione in fatto e in diritto. L’avv. Bianchini per conto delle proprietà, contesta in ogni caso le risultanze tutte del sopralluogo sopra verbalizzato nonché della cosiddetta conferma dell’ordinanza di demolizione".
Il verbale è stato, poi, trasmesso agli uffici competenti che fissavano, ancora una volta, il giorno 2 marzo 2009 per la demolizione e la rimessa in pristino delle opere de quibus.
N. I suddetti atti e note sono stati impugnati dalla società ricorrente con ricorso per motivi aggiunti, depositato in data 27 febbraio 2009.
O. Con il ricorso iscritto al n. 2014 del 2008, la difesa della ricorrente ha dedotto i seguenti motivi di ricorso.
La prima censura si appunta sulla violazione dell’art. 41, comma 1 del D.P.R. n. 380 del 2001, degli artt. 48 e 107 del d. lgs. n.267 del 2000, dell’art. 97 della Costituzione nonché sul vizio di eccesso di potere per difetto di istruttoria, di presupposti, di motivazione e per illogicità manifesta.
La difesa della ricorrente, infatti, sostiene che in forza dell’art. 41 comma 1 del D.P.R. n. 380 del 2001 la demolizione avrebbe dovuto essere preceduta da una valutazione tecnico economica approvata dalla giunta comunale che, nella fattispecie, non è stata acquisita.
Con il secondo motivo di ricorso è stata dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 35 del D.P.R. n. 380 del 2001 e lamentato il vizio di eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto di presupposto e difetto di istruttoria, a motivo delle caratteristiche delle opere contestate, di natura pertinenziale, non annoverabili tra quelle che necessitano il previo rilascio del permesso di costruire. Su tali basi la difesa della ricorrente sostiene che l’amministrazione avrebbe potuto, al più, procedere all’irrogazione della sanzione pecuniaria e non di quella demolitoria.
Con il terzo motivo di ricorso è stata dedotta la violazione dell’art. 19, comma 10 delle N.T.A. della variante al P.R.G. per la Città Antica, in considerazione dell’amovibilità della struttura e delle altre caratteristiche del’intervento.
L’ultima censura si appunta sulla violazione dei principi generali del procedimento amministrativo, avendo l’amministrazione adottato gli atti gravati sulla base di una nota – prot. n. 350306 del 21 agosto 2008, non comunicata alla ricorrente.
P. Con il ricorso per motivi aggiunti, la difesa della ricorrente, ha dedotto il vizio di illegittimità derivata dai provvedimenti gravati con il ricorso introduttivo, sostanzialmente riproducendone le censure, ed ha, inoltre, lamentato ulteriori vizi.
Con specifico riferimento al verbale di constatazione redatto all’esito del sopralluogo effettuato in data 2 febbraio 2009, è stata censurata la violazione e falsa applicazione degli artt. 35 e 41 del d.p.r. n. 380 del 2001, dell’art. 107 del d. lgs. n.267 del 2000, dell’art. 17 dello Statuto comunale di Venezia, dell’art. 22 del regolamento edilizio comunale, dell’art. 7 della l. n. 241 del 1990 nonché lamentato il vizio di eccesso di potere per sviamento. La difesa del ricorrente sostiene, in particolare, che in considerazione del contenuto, il verbale suddetto verrebbe ad assumere carattere provvedimentale e che, essendo stato adottato da un soggetto incompetente- il tecnico del Controllo del Territorio- è illegittimo, in quanto la conferma della precedente ordinanza avrebbe dovuto essere disposta attraverso l’adozione di una nuova ordinanza.
La difesa della ricorrente ha dedotto, inoltre, la violazione e falsa applicazione dell’art. 35 del D.P.R. n. 380 del 2001 e dell’art. 3 della l.n. 240 del 2001, oltre al vizio di eccesso di potere, trattandosi di opere che erano state autorizzate in passato dall’amministrazione comunale ed in relazione alle quali, comunque, il provvedimento demolitorio avrebbe dovuto essere supportato da una diffusa motivazione in considerazione del lungo lasso di tempo trascorso dalla commissione dell’abuso.
Viene, infine, ulteriormente censurata, con specifico riferimento alla disposta rimozione delle fosse settiche, l’illegittimità dei provvedimenti gravati in quanto tali fosse sono state realizzate dalla ricorrente sulla base di titoli abilitativi ed in relazione ad esse la ricorrente ha provveduto a pagare regolarmente il canone di occupazione di spazi ed aree pubbliche dovuto.
Q. Successivamente, in data 26 febbraio 2009, la G. Srl ha presentato all’amministrazione comunale un’istanza per il "rilascio di provvedimento abilitativo alla realizzazione di opere edilizie con valenza di permesso di costruire" e, contestualmente, anche una "domanda di accertamento di compatibilità paesaggistica".
Nel corso del relativo procedimento la Commissione edilizia integrata, nella seduta del 21 maggio 2009, si è espressa negativamente, evidenziando che "esaminata la tenda con montanti (padiglione) e, considerato il luogo di installazione ed il contesto, la C.E.I. ritiene che la struttura sia assolutamente incompatibile in quanto elemento estraneo all’ambiente circostante".
Anche la Soprintendenza, con parere del 9 luglio 2009, ha affermato l’incompatibilità paesaggistica dell’intervento "in quanto le opere sono di eccessivo impatto paesaggistico e si configurano come elementi incongrui per materiali, dimensioni e tipologie", evidenziando, tra l’altro, che dall’esame degli atti "è risultato che l’immobile in argomento è sottoposto con D.M. 09.07.1954, a prescrizioni di tutela dirette, a mente dell’art. 45 del D. Lgs. 42/2004, si comunica che gli interventi richiesti sono incompatibili anche con le previsioni contenute nel provvedimento ministeriale da ultimo richiamato, in quanto alterano le condizioni di ambiente e decoro".
L’amministrazione comunale ha, dunque, comunicato alla G. Srl, in data 29 luglio 2009, i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza.
A seguito delle osservazioni presentate dalla suddetta società, la quale ha anche richiesto la possibilità che il progettista incaricato fosse sentito dalla Commissione edilizia integrata, l’amministrazione comunale ha svolto ulteriori approfondimenti istruttori.
La Commissione edilizia integrata, con parere del 28 settembre 2009, si è espressa nei seguenti termini: "visti gli atti e sentito il progettista incaricato, la C.E.I., esaminata la tenda con montanti e opere connesse il cui mantenimento in opera è oggetto di accertamento di compatibilità paesaggistica; considerato che il sito in cui è collocata è di indubbio interesse ambientale per presenze arboree storiche e prospetti di qualità elevata, la stessa esprime parere contrario in quanto l’opera in oggetto contrasta con l’ambiente storico preesistente per un eccessivo impatto paesaggistico come rilevabile dai documenti in atti".
Anche la Soprintendenza, con parere del 6 novembre 2009, ha confermato la valutazione negativa in ordine alla compatibilità paesaggistica dell’intervento.
Con provvedimento del 26 novembre 2009, l’amministrazione comunale ha, quindi, rigettato la domanda di accertamento della compatibilità paesaggistica e, successivamente, con provvedimento del 18 dicembre 2009 ha rigettato la domanda di sanatoria.
R. I suddetti provvedimenti, unitamente alle relative note e pareri, sono stati impugnati dalla G. con ricorso iscritto al n. 210 del 2010.
Con il primo motivo di ricorso è stata dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 36 del D.P.R. n. 380 del 2001, dell’art. 181 del D. Lgs. n. 42 del 2004, dell’art. 3 della l. n. 241 del 1990 nonché censurato il vizio di eccesso di potere per travisamento dei fatti, per difetto di presupposto, per difetto di istruttoria, per difetto di motivazione e lamentata la violazione del legittimo affidamento e dei principi generali del giusto procedimento. La difesa della ricorrente, nello specifico, contesta che il provvedimento di diniego della domanda di accertamento della compatibilità paesaggistica è stato adottato dopo la scadenza del termine perentorio previsto dall’art. 181, comma 1 quater del d. lgs. n. 42 del 2004. Oltre a lamentare il difetto di motivazione dei provvedimento di rigetto adottati dall’Amministrazione comunale e dei pareri negativi espressi dalla Commissione edilizia comunale integrata e dalla Soprintendenza, posti alla base delle suddette determinazioni reiettive, la difesa della ricorrente sostiene che, anche in considerazione del lungo tempo trascorso dall’esecuzione delle opere e dell’esistenza di provvedimenti con i quali l’amministrazione ha autorizzato l’occupazione del suolo pubblico con una tenda sostenuta da ritti in ferro infissi nel pavimento e contornata da fioriere, la sanatoria non avrebbe potuto essere negata.
Con il secondo motivo di ricorso è stata dedotta la violazione dell’art. 10 bis della l.n. 241 del 1990 e dei principi generali del giusto procedimento, avendo l’amministrazione proceduto all’adozione, in data 18 dicembre, 2009, del provvedimento di rigetto della domanda di sanatoria parziale delle opere abusive senza la previa comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento della domanda medesima.
S. Successivamente alla proposizione del suddetto ricorso, l’amministrazione comunale, alla luce dei provvedimenti di diniego adottati, ha comunicato alla G. Srl, con atto prot. n. 122421 del 19 marzo 2010, la data fissata per l’esecuzione del provvedimento di demolizione e rimessa in pristino coattivo.
T. Anche tale atto è stato impugnato dalla G. Srl con ricorso iscritto al n. 518 del 2010, con il quale, inoltre, sono stati anche impugnati il provvedimento prot. n. 2007/391985 del 21 settembre 2007 e l’ordinanza di rimessione in pristino coattivo del 12 febbraio 2008, nella misura in cui tali provvedimenti vengono "riattivati ed utilizzati dal provvedimento prot. n. 122421 del 19 marzo 2010 per un fine diverso rispetto a quello che gli era proprio";
Con il primo motivo di ricorso la difesa della ricorrente censura la violazione e falsa applicazione degli artt. 35, 36 e 41 del D.P.R. n. 380 del 2001, dell’art. 181 del s. lgs. n.42 del 2004 dell’art. 3 della l. n. 241 del 1990 nonché il vizio di eccesso di potere per travisamento dei fatti, per difetto di presupposto, per difetto di istruttoria, per difetto di motivazione, per sviamento e lamentata la violazione del legittimo affidamento e dei principi generali del giusto procedimento. Viene sostenuto, in particolare, che l’amministrazione ha illegittimamente proceduto alla fissazione della data per l’esecuzione dell’ordinanza di demolizione e ripristino coattivo senza prima verificare la sussistenza e l’attualità dei presupposti richiesti dalla legge per l’adozione di tali atti e senza considerare che la ricorrente ha proceduto, medio tempore, al parziale adempimento del provvedimento demolitorio. Le ulteriori deduzioni riproducono quanto già prospettato dalla difesa della G. nei precedenti ricorsi.
Con il secondo motivo di ricorso è stata censurata la violazione dell’art. 41, comma 1 del D.P.R. n. 380 del 2001,dell’art. 48 e 107 del d. lgs. n.267 del 2000, dell’art. 97 della Costituzione nonché dedotto il vizio di eccesso di potere per difetto di istruttoria, di presupposti, di motivazione e per illogicità manifesta. La difesa della ricorrente, infatti – riproponendo anche in questa sede una censura già dedotta con il ricorso iscritto al n. 2014 del 2008 – sostiene che in forza dell’art. 41 comma 1 del D.P.R. n. 380 del 2001 la demolizione avrebbe dovuto essere preceduta da una valutazione tecnico economica approvata dalla giunta comunale che, nella fattispecie, non è stata acquisita.
U. Il Comune di Venezia si è costituito in giudizio per resistere ai gravami, concludendo per la reiezione dei ricorsi in quanto inammissibili e comunque infondati.
Anche l’Amministrazione per i Beni e le Attività Culturali si è costituita nel giudizio introdotto con ricorso iscritto al n. 210 del 2010, concludendo per la reiezione di quest’ultimo in quanto infondato.
V. Con memorie del 4 ottobre 2010 la difesa della ricorrente ha richiesto la declaratoria di improcedibilità dei ricorsi per cessazione della materia del contendere, in considerazione del parziale adempimento dell’ordinanza di demolizione, risultante dai verbali di constatazione del 20 aprile 2010 e del 5 maggio 2010.
Z. All’udienza del 23 marzo 2011 i difensori comparsi hanno ribadito le rispettive conclusioni, dopo di che le cause sono state trattenute per la decisione.
Motivi della decisione
1.Preliminarmente il Collegio dispone la riunione dei giudizi per deciderli con un’unica sentenza – come, peraltro, richiesto dalla difesa dell’amministrazione comunale – sussistendo connessione oggettiva e, in parte, anche soggettiva.
2.Sempre in via preliminare il Collegio rileva, in relazione alle memorie del 4 ottobre 2010 depositate dalla difesa della ricorrente, che non sussistono i presupposti per procedere ad una declaratoria di improcedibilità del ricorso per cessazione della materia del contendere in quanto, anche a prescindere da ulteriori considerazioni, non emerge la piena soddisfazione della pretesa di parte ricorrente, come previsto dall’art. 34, comma 5 c.p.a.. Il c.d. "progetto di ripristino"elaborato dalla società ricorrente, rappresenta, come correttamente rilevato dalla difesa di parte resistente, solo una parziale rimozione di alcuni elementi accessori privi di concreta incidenza sulla struttura da demolire (all. 1 e 2 delle produzioni di parte ricorrente depositate in data 25 settembre 2010).
3.Il primo dei ricorsi riuniti è inammissibile per difetto di interesse.
Come evidenziato dalla difesa dell’amministrazione comunale, infatti, il suddetto ricorso ha ad oggetto atti non aventi natura provvedimentale e privi di autonoma efficacia lesiva, trattandosi delle note con le quali è stata comunicata alla società ricorrente la data del sopralluogo tecnico preliminare alla materiale esecuzione della demolizione d’ufficio, delle note con le quali è stata comunicata la data fissata per la demolizione e di verbali di constatazione.
Tali atti sono privi di autonoma efficacia lesiva in quanto meramente esecutivi di precedenti provvedimenti che hanno costituito oggetto di un ricorso proposto dalla G. Srl, il cui giudizio si è concluso con la sentenza di rigetto di questo Tribunale n.870 del 4 aprile 2008.
Si evidenzia, inoltre, che le censure dedotte con il ricorso iscritto al n. 2014 del 2008 sono sostanzialmente riproduttive di quelle già proposte con il suddetto ricorso – avente ad oggetto l’ordinanza di demolizione delle opere abusive ed il provvedimento comunale 12.2.2008 n. 2008/64092 di demolizione e rimessa in pristino coattivo – conclusosi con la sopra indicata sentenza di rigetto.
Proprio con tale pronuncia questa Sezione ha rilevato, tra l’altro, l’inammissibile per difetto di interesse della censura di violazione dell’art. 41, I comma del DPR n. 380/01 del provvedimento con cui il Comune, accertata la mancata ottemperanza all’ordine di demolizione nel termine stabilito, ha impartito all’Ufficio competente la disposizione di provvedere alla demolizione coattiva delle opere abusive ed al ripristino della situazione fattuale preesistente.
E’ stato evidenziato, in particolare, che la suddetta disposizione, "che riguarda esclusivamente le modalità operative ed i profili economici dell’attività esecutiva di demolizione (rispetto a cui il privato non ha ulteriori mezzi per opporsi) che, a seguito dell’inottemperanza del soggetto obbligato, dev’essere necessariamente svolta dall’ente pubblico, è chiara nell’indicare che il destinatario – e dunque il beneficiario – delle garanzie ivi previste è soltanto il Comune, all’interno del quale si attua compiutamente il relativo procedimento: il che significa che se l’Amministrazione interessata non lamenta la violazione di tali garanzie, non può certo essere il privato a sollevare in giudizio la relativa censura, non avendo egli la disponibilità degli interessi pubblici sottostanti, intestati all’Amministrazione".
Del pari inammissibile si palesa, per le medesime ragioni, anche il ricorso per motivi aggiunti depositato il 27 febbraio 2009, essendo stato anch’esso proposto avverso atti non aventi natura provvedimentale.
Il Collegio, infatti, evidenzia che, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa della ricorrente, il verbale di constatazione redatto all’esito del sopralluogo effettuato in data 2 febbraio 2009 non presenta alcun contenuto provvedimentale. Tale verbale si riferisce ad un sopralluogo preliminare alla demolizione e la sua funzione era, tra l’altro ed essenzialmente, quella di verificare se, successivamente all’adozione del provvedimento di demolizione e ripristino, lo stato delle opere fosse rimasto immutato, al fine eventuale anche di rilevare e riscontrare l’avvenuta ottemperanza all’ordinanza suddetta da parte della società. Dal verbale emerge che le opere abusive presentavano, ancora alla data del sopralluogo, le medesime caratteristiche e consistenza rilevate in precedenza. La circostanza che nel verbale si attesti che il tecnico comunale, proprio in considerazione dello stato delle opere constatato, "conferma l’ordinanza" non costituisce elemento idoneo a sostenere la natura provvedimentale del verbale medesimo. Tale "conferma", infatti, non si presta in alcun modo ad essere interpretata nel senso sostenuto dalla difesa della ricorrente, avendo il tecnico unicamente inteso evidenziare – come chiaramente desumibile dal contenuto complessivo del verbale – che le opere abusive, alla data del sopralluogo, insistevano ancora sull’area e presentavano le medesime caratteristiche e la stessa consistente che avevano in precedenza, per come descritte nell’ordinanza di demolizione. In altri termini, dunque, nel corso del sopralluogo il tecnico si è limitato, appunto, a rilevare lo stato dei luoghi.
Anche gli atti gravati con il ricorso per motivi aggiunti, dunque, non presentano alcuna natura provvedimentale; con tale ricorso, peraltro, come sopra evidenziato, la difesa della ricorrente ha dedotto le medesime censure già proposte avverso i provvedimenti "a monte" – ordinanza di demolizione e provvedimento comunale di demolizione e rimessa in pristino coattivo – ed altre censure che, comunque, avrebbero dovuto essere tempestivamente dedotte avverso i provvedimenti lesivi e non avverso gli atti meramente esecutivi.
4.Il Collegio deve, a questo punto, procedere all’esame del secondo dei ricorsi riuniti, con il quale sono stati impugnati i provvedimenti di rigetto delle domande di accertamento della compatibilità paesaggistica e di sanatoria presentate dalla ricorrente, unitamente alle note ed ai pareri riferiti ai relativi procedimenti.
4.1 Il ricorso è infondato.
Con il primo motivo di ricorso è stata dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 36 del D.P.R. n. 380 del 2001, dell’art. 181 del D. Lgs. n. 42 del 2004, dell’art. 3 della l. n. 241 del 1990 nonché censurato il vizio di eccesso di potere per travisamento dei fatti, per difetto di presupposto, per difetto di istruttoria, per difetto di motivazione e lamentata la violazione del legittimo affidamento e dei principi generali del giusto procedimento. La difesa della ricorrente, nello specifico, contesta che il provvedimento di diniego della domanda di accertamento della compatibilità paesaggistica è stato adottato dopo la scadenza del termine perentorio previsto dall’art. 181, comma 1 quater del d. lgs. n. 42 del 2004. Oltre a lamentare il difetto di motivazione dei provvedimenti di rigetto adottati dall’Amministrazione comunale e dei pareri negativi espressi dalla Commissione edilizia comunale integrata e dalla Soprintendenza, posti alla base delle suddette determinazioni reiettive, la difesa della ricorrente sostiene che, anche in considerazione del lungo tempo trascorso dall’esecuzione delle opere e dell’esistenza di provvedimenti con i quali l’amministrazione ha autorizzato l’occupazione del suolo pubblico con una tenda sostenuta da ritti in ferro infissi nel pavimento e contornata da fioriere, la sanatoria non avrebbe potuto essere negata.
Il Collegio evidenzia, in primo luogo, che non emerge, nella fattispecie, alcuna violazione della previsione contenuta nell’art. 181, comma 1 quater del d. lgs. n.42 del 2004.
L’istanza diretta ad ottenere l’accertamento della compatibilità paesaggistica è stata presentata all’amministrazione comunale il 26 febbraio 2009 e l’amministrazione comunale, svolta la doverosa ed esaustiva istruttoria, ha comunicato alla ricorrente, con nota del 29 luglio 2009, i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza ai sensi dell’art. 10 bis della l. n. 241 del 1990 (all. 26 delle produzioni documentali depositate dall’amministrazione comunale nel giudizio introdotto con ricorso iscritto al n. 518 del 2010).
Come affermato dalla consolidata giurisprudenza, l’art. 10 bis sopra richiamato stabilisce che la comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza interrompe i termini procedimentali, che iniziano nuovamente a decorrere dalla data di presentazione delle osservazioni da parte dell’interessato o, in mancanza, dalla scadenza del termine di dieci giorni entro il quale possono essere presentate le osservazioni stesse, onde il provvedimento impugnato non può ritenersi adottato tardivamente (cfr. T.A.R. Liguria Genova, sez. II, 12 luglio 2010, n. 5676; T.A.R. Veneto,, sez. II, 3 agosto 2009, n.2253; TAR Lombardia III Sez. 21 aprile 2008, n. 1232;).
La suddetta nota del 29 luglio 2009 è stata notificata alla ricorrente in data 3 agosto 2009 (cfr. relata di notifica prodotta dalla difesa dell’amministrazione comunale all’allegato 26 da ultimo citato) e le osservazioni sono pervenute all’amministrazione in data 6 agosto 2009, mentre il provvedimento di diniego è stato notificato alla ricorrente il 2 dicembre 2009.
Da quanto esposto emerge che, anche a prescindere dal ulteriori considerazioni, il termine perentorio prescritto è stato rispettato.
Non è riscontrabile, inoltre, alcuna carenza nel substrato motivazionale posto alla base dei concordanti pareri espressi, per ben due volte, dalla Commissione edilizia integrata e dalla Soprintendenza che diffusamente evidenziano le ragioni dell’incompatibilità paesaggistica dell’intervento eseguito su un’area di particolare e rilevantissimo pregio qual è quella della Laguna di Venezia. In detti pareri, in particolare, si evidenzia che le opere costituiscono "elemento estraneo all’ambiente circostante", determinando un "eccessivo impatto paesaggistico" anche in quanto si "configurano come elementi incongrui per materiali, dimensioni e tipologie". E’ stata, dunque, affermata prima e confermata poi l’incidenza negativa della struttura sui "caratteri di interesse monumentale e paesaggistico".
I suddetti pareri, posti a fondamento dei provvedimenti di rigetto delle domande presentate dalla ricorrente, risultano, dunque, adeguatamente motivati.
Oltre a ciò si evidenzia che, come già affermato da questa Sezione, in materia di dinieghi di sanatoria, le specifiche caratteristiche dei manufatti, nel concreto spazio in cui insistono, possono consentire al giudice, cui sia offerto un adeguato supporto probatorio, di intendere ed eventualmente approvare (sempre, naturalmente, nei limiti del sindacato di legittimità) le ragioni del diniego stesso, per quanto solo compendiate nel provvedimento: ed in tal senso va intesa la decisione (T.A.R. Veneto, II, 24 gennaio 2009, n. 151) in cui la Sezione ha rammentato che l’obbligo di motivazione, ex art. 3 l. 241/90, può essere assolto in forma sintetica, laddove le ragioni della determinazione amministrativa risultino dal contesto evidenti.
Anche a prescindere dalle considerazioni sopra svolte in merito all’adeguatezza della motivazione dei provvedimenti e dei pareri in essi richiamati, si sottolinea che la fattispecie all’esame del Collegio rientra, comunque, in quest’ultima ipotesi.
Invero, la documentazione fotografica versata agli atti del giudizio dimostra l’elevato impatto dell’opera sul contesto circostante; trattasi, infatti, di una struttura di significative dimensioni, incidente su un contesto di particolarissimo pregio, realizzata in maniera tale da essere incompatibile con il vincolo gravante sull’area.
In tale situazione, l’onere motivazionale è adeguatamente assolto anche con il ricorso a formule sintetiche, idonee comunque a dare conto degli estremi logici che sostengono l’apprezzamento negativo.
Né una diversa valutazione avrebbe potuto essere sostenuta, contrariamente a quanto ritenuto dalla difesa della ricorrente, in considerazione del lungo tempo trascorso dall’esecuzione dell’intervento e dalla circostanza che, in passato, comunque l’amministrazione aveva rilasciato autorizzazioni per l’occupazione del suolo pubblico.
Come evidenziato dalla difesa dell’amministrazione comunale, l’autorizzazione rilasciata nel 1938 e quelle successive si riferivano all’installazione di una tenda collocata sul lato opposto rispetto alla struttura abusiva sanzionata e con caratteristiche, peraltro, diverse (tenda scorrevole di protezione dalla pioggia "in caso di necessità" sovrastante la tenda da sole allora esistente priva di montanti, circondata da "cassette di piante sempreverdi" e con paletti di sostegno "mobili e temporanei") ed all’occupazione di suolo pubblico con tavoli e sedie recintate da piante in aderenza all’esercizio, mentre nessun titolo edilizio è mai stato rilasciato (all. 16 e 18 delle produzioni documentali depositate dall’amministrazione comunale nel giudizio introdotto con ricorso iscritto al n. 518 del 2010).
Le circostanze indicate dalla difesa della ricorrente, inoltre, non avrebbero comunque potuto legittimare l’amministrazione a tollerare ulteriormente gli abusi e certamente non potevano essere invocate e considerate al fine di escludere la sussistenza dell’obbligo di adottare i provvedimenti volti a salvaguardare il valore paesistico dell’area interessata dall’intervento.
Con il secondo motivo di ricorso è stata dedotta la violazione dell’art. 10 bis della l.n. 241 del 1990 e dei principi generali del giusto procedimento, avendo l’amministrazione proceduto all’adozione, in data 18 dicembre, 2009, del provvedimento di rigetto della domanda di sanatoria parziale delle opere abusive senza la previa comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento della domanda medesima.
La censura è infondata.
Emerge per tabulas che la partecipazione della ricorrente è concretamente avvenuta e l’amministrazione non solo ha adeguatamente valutato le osservazioni dalla stessa presentate ma ha anche riscontato la richiesta formulata dalla società di consentire al progettista incaricato di essere sentito dalla Commissione edilizia integrata. La circostanza che il provvedimenti di preavviso di rigetto si riferisca alla sola domanda di compatibilità paesaggistica e non anche a quella di sanatoria non assume rilievo proprio in quanto le due domande attengono al medesimo oggetto ed il contraddittorio procedimentale è stato concretamente ed effettivamente assicurato.
5 Il Collegio deve procedere all’esame dell’ultimo dei ricorsi riuniti, proposto avverso l’atto, prot. n. 122421 del 19 marzo 2010, con il quale l’amministrazione comunale, alla luce dei provvedimenti di diniego adottati, ha comunicato alla G. Srl la data fissata per l’esecuzione del provvedimento di demolizione e rimessa in pristino coattivo nonché avverso il provvedimento prot. n. 2007/391985 del 21 settembre 2007 e l’ordinanza di rimessione in pristino coattivo del 12 febbraio 2008, nella misura in cui tali provvedimenti vengono "riattivati ed utilizzati dal provvedimento prot. n. 122421 del 19 marzo 2010 per un fine diverso rispetto a quello che gli era proprio".
Anche a prescindere dall’eccezione di inammissibilità sollevata dalla difesa dell’amministrazione comunale il ricorso è infondato.
Con il primo motivo di ricorso la difesa della ricorrente censura la violazione e falsa applicazione degli artt. 35, 36 e 41 del D.P.R. n. 380 del 2001, dell’art. 181 del s. lgs. n.42 del 2004 dell’art. 3 della l. n. 241 del 1990 nonché il vizio di eccesso di potere per travisamento dei fatti, per difetto di presupposto, per difetto di istruttoria, per difetto di motivazione, per sviamento e lamentata la violazione del legittimo affidamento e dei principi generali del giusto procedimento. Viene sostenuto, in particolare, che l’amministrazione ha illegittimamente proceduto alla fissazione della data per l’esecuzione dell’ordinanza di demolizione e ripristino coattivo senza prima verificare la sussistenza e l’attualità dei presupposti richiesti dalla legge per l’adozione di tali atti e senza considerare che la ricorrente ha proceduto, medio tempore, al parziale adempimento del provvedimento demolitorio. Le ulteriori deduzioni riproducono quanto già prospettato dalla difesa della G. nei precedenti ricorsi.
La censura è infondata.
L’amministrazione ha sempre verificato con i numerosi sopralluoghi eseguiti, la permanenza delle opere abusive che risultano essere state rimosse solo parzialmente ed in misura non significativa dalla società ricorrente.
A seguito dell’articolata istruttoria svolta nel corso del procedimento avviato con la presentazione della domanda di sanatoria e di accertamento della compatibilità paesaggistica, l’amministrazione comunale ha legittimamente proceduto all’adozione dei provvedimenti di rigetto, ai quali ha fatto seguito la comunicazione della data fissata per la demolizione ed il ripristino coattivo.
Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa della ricorrente non sussisteva alcun obbligo per l’amministrazione di procedere ad una verifica ulteriore circa la sussistenza e l’attualità dei presupposti richiesti dalla legge per l’adozione dei provvedimenti demolitori.
Quei provvedimenti demolitori, infatti, valutati legittimi da questo Tribunale con la sentenza n. n.870 del 4 aprile 2008, sono pienamente efficaci.
La nota gravata, dunque, reca un corretto richiamato ai suddetti atti sulla cui validità ed efficacia alcuna incidenza può essere riconnessa alla parziale e peraltro scarsamente significativa demolizione eseguita dalla ricorrente la quale, ovviamente, non potrà che rilevare sotto il profilo materiale ed in via di fatto nel senso che oggetto della demolizione coattiva legittimamente disposta dall’amministrazione saranno quelle opere abusive sanzionate ancora presenti in loco.
Non emerge, dunque, alcuno sviamento di potere bensì una doverosa iniziativa assunta dall’amministrazione per dare esecuzione ai provvedimenti demolitori.
Il Collegio ritiene di dover puntualizzare e sottolineare che la difesa della ricorrente non ha dedotto alcuna censura tesa a contestare l’obbligo di adozione di una nuova ordinanza di demolizione in esito alla definizione del procedimento avviato con la presentazione della domanda di sanatoria.
Per completezza di analisi si osserva, incidentalmente, che, comunque, anche ove una simile censura fosse stata dedotta il Collegio non avrebbe potuto che affermarne l’infondatezza.
Come affermato dalla maggioritaria giurisprudenza del giudice d’appello, condivisa dal Collegio, la validità ovvero l’efficacia dell’ordine di demolizione non risultano pregiudicate dalla successiva presentazione di un’istanza di sanatoria, posto che nel sistema non è rinvenibile una previsione dalla quale possa desumersi un tale effetto, sicché, se da un lato la presentazione dell’istanza di sanatoria determina inevitabilmente un arresto dell’efficacia dell’ordine di demolizione, all’evidente fine di evitare, in caso di accoglimento dell’istanza, la demolizione di un’opera che, pur realizzata in assenza o difformità dal permesso di costruire, è conforme alla strumentazione urbanistica vigente, dall’altro, occorre ritenere che l’efficacia dell’atto sanzionatorio sia soltanto sospesa, cioè che l’atto sia posto in uno stato di temporanea quiescenza. All’esito del procedimento di sanatoria, in caso di accoglimento dell’istanza, l’ordine di demolizione rimarrà privo di effetti in ragione dell’accertata conformità dell’intervento alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso sia al momento della presentazione della domanda, con conseguente venir meno dell’originario carattere abusivo dell’opera realizzata. Di contro, in caso di rigetto dell’istanza, l’ordine di demolizione riacquista la sua efficacia (cfr., ex multis, Consiglio Stato, sez. IV, 11 novembre 2010, n. 8026; Cons. St., sez. IV, 19 febbraio 2008, n. 849; T.A.R. Liguria Genova, sez. I, 28 gennaio 2011, n. 169).
Il principio affermato dal sopra richiamato orientamento giurisprudenziale è applicabile anche alla fattispecie che ne occupa.
Se un’anomalia emerge nella fattispecie essa è da ravvisare proprio nella lentezza che connota l’esecuzione dei suddetti provvedimenti, anomalia, comunque, non incidente sulla legittimità dell’attività amministrativa svolta.
Ciò chiarito, la censura si palesa irricevibile nella parte in cui vengono dedotte le censure che sono state o che avrebbero dovuto essere tempestivamente dedotte avverso i provvedimenti demolitori..
Oltre a richiamare quanto esposto nei capi precedenti della presente pronuncia, il Collegio evidenzia, inoltre, che, come affermato dalla consolidata giurisprudenza, l’ordinanza di demolizione non deve essere sorretta da una specifica motivazione circa la sussistenza dell’interesse pubblico a disporre la sanzione, in quanto non può annettersi alcun legittimo affidamento alla conservazione di una situazione di fatto abusiva che il tempo non può ex se legittimare, con la conseguenza che, ove sussistano i presupposti per l’adozione del provvedimento di riduzione in pristino, lo stesso costituisce atto dovuto, sufficientemente motivato con l’affermazione della abusività dell’opera (cfr. ex multis, Cons. St., sez. V, 11 gennaio 2011, n. 79; T.A.R. Puglia Lecce, sez. III, 09 febbraio 2011, n. 240).
Con il secondo motivo di ricorso è stata censurata la violazione dell’art. 41, comma 1 del D.P.R. n. 380 del 2001,dell’art. 48 e 107 del d. lgs. n.267 del 2000, dell’art. 97 della Costituzione nonché dedotto il vizio di eccesso di potere per difetto di istruttoria, di presupposti, di motivazione e per illogicità manifesta. La difesa della ricorrente, infatti – riproponendo anche in questa sede una censura già dedotta con il ricorso iscritto al n. 2014 del 2008 – sostiene che in forza dell’art. 41 comma 1 del D.P.R. n. 380 del 2001 la demolizione avrebbe dovuto essere preceduta da una valutazione tecnico economica approvata dalla giunta comunale che, nella fattispecie, non è stata acquisita.
Il motivo di ricorso è inammissibile.
Il Collegio, conformemente a quanto già affermato da questa sezione con la sentenza n.870 del 4 aprile 2008, sottolinea che l’art.41, I comma del DPR n. 380/01 "riguarda esclusivamente le modalità operative ed i profili economici dell’attività esecutiva di demolizione (rispetto a cui il privato non ha ulteriori mezzi per opporsi) che, a seguito dell’inottemperanza del soggetto obbligato, dev’essere necessariamente svolta dall’ente pubblico, è chiara nell’indicare che il destinatario – e dunque il beneficiario – delle garanzie ivi previste è soltanto il Comune, all’interno del quale si attua compiutamente il relativo procedimento: il che significa che se l’Amministrazione interessata non lamenta la violazione di tali garanzie, non può certo essere il privato a sollevare in giudizio la relativa censura, non avendo egli la disponibilità degli interessi pubblici sottostanti, intestati all’Amministrazione".
In conclusione, per le suesposte considerazioni, il ricorso è in parte irricevibile, in parte inammissibile e per la restante parte infondato.
6. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come indicato in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sui ricorsi in epigrafe indicati, previa riunione:
dichiara inammissibile il ricorso iscritto al n. 2014 del 2008;
rigetta il ricorso iscritto al n. 210 del 2010;
dichiara in parte inammissibile, in parte irricevibile e per la restante parte infondato il ricorso iscritto al n. 518 del 2010:
Condanna la G. Srl alla rifusione delle spese di giudizio in favore dell’amministrazione comunale, liquidandole complessivamente in euro 7.500,00 di cui Euro 400,00 per spese anticipate ed il residuo per diritti ed onorari, oltre i.v.a. e c.p.a.;
Condanna la G. Srl alla rifusione delle spese del giudizio introdotto con il ricorso iscritto al n. 210 del 2010 in favore dell’Amministrazione per i Beni e le Attività Culturali, liquidandole in euro 1.000,00 di cui Euro 200,00 per spese anticipate ed il residuo per diritti ed onorari, oltre i.v.a. e c.p.a.;
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.