T.A.R. Veneto Venezia Sez. II, Sent., 19-05-2011, n. 846 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

sta, per la parte ricorrente;
Svolgimento del processo

A. La società ricorrente gestisce sin dal 1975 una postazione televisiva, sita sulla sommità del Monte Gallo in Comune di Cinto Euganeo, ubicata nell’area catastalmente censita al foglio 14, mappale 461.

B. Dopo avere richiesto l’autorizzazione edilizia per l’installazione di un manufatto maggiormente idoneo alle esigenze della postazione televisiva e avere ricevuto il parere sfavorevole della Commissione Beni Ambientali, parte ricorrente otteneva il 29.11.1982 dal Comune resistente, su parere favorevole dalla Commissione Beni Ambientali, l’autorizzazione provvisoria per la durata di giorni 90 per l’erezione di un traliccio e la realizzazione di un box di servizio. Successivamente la detta autorizzazione veniva prorogata per ulteriori 180 giorni. Alla scadenza della validità della proroga la società ricorrente continuava tuttavia a mantenere l’impianto televisivo, come realizzato sulla scorta del predetto titolo autorizzatorio.

C. Nel 1986 parte ricorrente presentava la domanda di concessione in sanatoria per le opere abusive costituite dal traliccio adibito a supporto per le antenne e dal box di lamiera e legno, utilizzato come ricovero per le apparecchiature elettroniche.

D. La società ricorrente deduce l’illegittimità del provvedimento di diniego impugnato, emesso a distanza di nove anni dalla presentazione della relativa domanda e previo parere sfavorevole della Commissione Beni Ambientali del 1988:

1) per violazione di legge giacché non sarebbe necessaria alcuna concessione edilizia per l’installazione delle opere oggetto della domanda di sanatoria in quanto l’antenna radiotelevisiva non determina né volume, né superficie e, comunque, seppure si accedesse alla necessità del previo rilascio di un titolo autorizzatorio, quest’ultimo avrebbe dovuto essere emesso dal Ministero delle Poste e Telecomunicazioni e non dal Comune resistente;

2) per eccesso di potere per erroneità e insufficienza della motivazione in quanto il diniego è fondato sul parere negativo espresso dalla Commissione Beni Ambientali, mentre l’antenna è inidonea a modificare lo stato dei luoghi a danno dell’ambiente naturale, essendo costituita da un traliccio di modesta altezza e da un box con funzioni accessorie. Inoltre, la località di Monte Gallo è da tempo deputata all’installazione di tralicci per la radiodiffusione e, quindi, l’antenna della ricorrente non era in grado da sola di alterare in alcun modo l’ambiente circostante;

3) per eccesso di potere per contraddittorietà giacché il parere negativo non tiene conto del fatto che sono presenti nell’area de qua molti altri tralicci, di dimensioni anche maggiori rispetto a quello della ricorrente, i quali non sono stati oggetto di analogo parere di non compatibilità. Infine, se il traliccio della ricorrente fosse stato incompatibile con l’ambiente circostante l’Amministrazione comunale non avrebbe dovuto rilasciare neanche l’autorizzazione provvisoria;

4) per eccesso di potere per mancato bilanciamento degli interessi contrapposti, avendo in passato la P.A. consentito l’installazione di impianti di questo tipo proprio alla luce del contemperamento tra la tutela all’integrità dell’ambiente ex art. 9 Cost. e la tutela del diritto all’informazione ex art. 21 Cost..

E. Con successivo e autonomo ricorso, recante il numero R.G. 921/1996, parte ricorrente ha impugnato anche il provvedimento prot. n. 371, notificato il 29.1.1996, con il quale il Comune resistente ha respinto l’ulteriore domanda di sanatoria presentata l’1.3.1995, ai sensi della legge n. 724/1994, deducendone l’illegittimità:

1) per violazione dell’art. 19 del Piano Ambientale dei Colli Euganei in quanto il diniego richiama il parere espresso dall’Ente Parco il 27.1.1995 che è frutto di un’erronea interpretazione della citata disposizione, la quale consente nelle aree appositamente individuate la permanenza degli impianti radiotelevisivi legittimamente esistenti, tra i quali va ricompreso anche quello della ricorrente, in quanto in possesso di tutti i requisiti per ottenere la sanatoria, nonché riconosciuto ai sensi della legge n. 223/1990;

2) per eccesso di potere per difetto di istruttoria e per sviamento giacché l’Ente Parco ha espresso il proprio parere prima di esserne stato formalmente richiesto da parte ricorrente ovvero dal Comune resistente;

3) per violazione di legge per le medesime ragioni esposte nel motivo sub 1) del ricorso R.G. n. 1688/1995;

4) per eccesso di potere per erroneità e insufficienza della motivazione per le censure già articolate nel motivo sub 2) del ricorso R.G. n. 1688/1995;

5) per eccesso di potere per le censure già svolte nel motivo sub 4) del ricorso R.G. n. 1688/1995;

6) per violazione degli artt. 4, 16, 18 e 32 della legge n. 223/1990 in quanto l’autorizzazione ex art. 16 deve intendersi rilasciata anche per l’installazione degli impianti televisivi.

F. Con autonomo ricorso recante il numero R.G. 2045/1996 parte ricorrente ha impugnato anche l’ordinanza di demolizione prot. n. 439, emessa il 19.4.1996 e notificata il 22.4.1996, con la quale le è stato ingiunto di demolire la propria postazione radiotelevisiva, deducendone l’illegittimità, oltre che per invalidità derivata dai dinieghi di sanatoria già impugnati, anche per vizi autonomi:

1) per violazione art. 44 della legge n. 47/1985, dovendosi ritenere improcedibile l’ordinanza demolitoria in presenza di una domanda di sanatoria;

2) per carenza di interesse pubblico alla demolizione, per mutamento irreversibile della destinazione del sito e per mancato bilanciamento con l’affidamento ingenerato dalla permanenza dell’opera per un notevole lasso di tempo;

3) per eccesso di potere e violazione dell’art. 92 della L.R. n. 61/1985, ai sensi del quale è prevista la riduzione in pristino solo delle opere che contrastino anche con la normativa attualmente vigente.

G. Con l’ordinanza cautelare n. 1255 del 2.8.1996 il Collegio ha accolto la domanda di misure cautelari in relazione all’ordinanza di demolizione ritenendo sussistente il requisito del periculum.

H. Alla pubblica udienza del 6.4.2001 le cause sono state trattenute in decisione.
Motivi della decisione

1. In via preliminare il Collegio dispone la riunione dei ricorsi, stante la loro evidente connessione soggettiva e oggettiva.

2. Nel merito i ricorsi sono infondati e vanno respinti per le seguenti ragioni

3. Procedendo all’esame delle singole censure il Collegio ritiene di trattare congiuntamente quelle proposte nel ricorso R.G. n. 1688/1995 e nel ricorso R.G. n. 921/1996.

4. Con il motivo sub 1) del ricorso 1688/1995, riproposto nel motivo sub 3) nel ricorso 921/1995, parte ricorrente lamenta l’illegittimità di entrambi i dinieghi di sanatoria giacché non sarebbe necessaria alcuna concessione edilizia per l’installazione delle opere oggetto delle domande di sanatoria in quanto l’antenna radiotelevisiva non determina né volume, né superficie.

La censura va disattesa per le seguenti ragioni.

4.1. La disciplina della materia in esame coinvolge sia il settore urbanisticoedilizio (sotto il profilo della oggettiva consistenza dei manufatti in questione, come fattore di modifica del territorio), sia il settore sanitario (tenuto conto delle complesse problematiche, riconducibili agli effetti sulla salute delle onde elettromagnetiche).

4.2. Secondo la prevalente giurisprudenza, formatasi già prima dell’approvazione del Testo Unico dell’Edilizia, le antenne televisive o gli altri impianti accessori di rilevanti dimensioni, non finalizzati a mera ricezione o comunque non posti a servizio di un singolo fabbricato, sono soggetti a concessione edilizia (cfr. Consiglio Stato, V, 6.4.98, n. 415; TAR Lombardia, Milano, 19.1.1990, n. 36; TAR Friuli V.G., 27.1.93, n. 55; TAR Sicilia, Palermo, 16.12.1993, n. 1145; TAR Campania, Salerno, 3.10.1994, n. 521; TAR Liguria, 28.6.1994, n. 268; Cass. Pen. 6.5.1985, n. 209 e 28.5.1985, n. 337). In base al d.P.R. n. 380/2001 può considerarsi sussistente una disciplina differenziata, in caso di rapporto di strumentalità necessaria degli impianti rispetto a edifici preesistenti (situazione rapportabile a caldaie, condizionatori, pannelli solari e simili), ovvero di autonomia funzionale dei medesimi quali nuove costruzioni (come nel caso, appunto, di tralicci ed impianti, destinati ad essere parte di una rete di infrastrutture).

4.3. Solo per i primi fra gli impianti sopra indicati, risulta applicabile – in base al citato T.U. – la disciplina dettata per gli interventi edilizi ritenuti minori, soggetti a mera denuncia di inizio attività, a norma dell’art. 4 del D.L. n. 398/1993, convertito con modificazioni dalla legge n. 493/1993, come modificato dall’art. 2, comma 60, della legge n. 662/1996, fino all’entrata in vigore – il 30.6.2003 – del D.P.R. n. 380/2001 che raccoglie le disposizioni legislative e regolamentari contenute nel D.lgs. n. 378/01 e nel d.P.R. n. 379/01. Per gli impianti di emissione elettromagnetica il d.P.R. n. 380/01 prescrive, invece – nel combinato disposto degli articoli 10 e 3, comma 1, lettere e. 2, e. 3 ed e. 4, – il rilascio del permesso di costruire (cfr. TAR Lazio, Roma, I, 17.4.2007, n. 3323, Consiglio Stato, sez. VI, 18.5.2004, n. 3193; Consiglio Stato, sez. II, 10.12.2003, parere n. 2420).

5. Con i motivi sub nn. 2) e 4) del ricorso R.G. n. 1688/1995, riproposti sub nn. 4) e 5) del ricorso R.G. n. 921/1996, parte ricorrente lamenta l’illegittimità dei dinieghi impugnati in quanto l’impianto de quo è inidoneo a modificare lo stato dei luoghi a danno dell’ambiente naturale, essendo costituito da un traliccio di modesta altezza e da un box con funzioni accessorie e, inoltre, la località di Monte Gallo è da tempo deputata all’installazione di tralicci per la radiodiffusione e, quindi, detto impianto non è in grado da solo di alterare in alcun modo l’ambiente circostante. Comunque, ad avviso di parte ricorrente, la P.A. resistente prima di negare la sanatoria avrebbe dovuto procedere al bilanciamento dei rispettivi interessi contrapposti.

5.1. Le censure sono infondate vanno disattese per le seguenti motivazioni.

5.2. Il Collegio ritiene di dover ribadire l’orientamento giurisprudenziale, già espresso dalla sezione in molteplici pronunce, secondo cui l’ installazione di un" antenna saldamente ancorata al suolo e visibile dai luoghi circostanti comporta alterazione del territorio avente rilievo ambientale ed estetico, sicché necessita del rilascio della concessione edilizia e del nulla osta paesaggistico, se ricadente in zona vincolata (cfr. T.A.R. Veneto, sez. II, 12.12. 2000, n. 2676; Consiglio Stato, Sez. V, 6.4.1998 n. 415).

5.3. Appare, inoltre, infondata la predetta censura anche nella parte in cui lamenta l’illegittimità dei provvedimenti impugnati sotto il profilo della disparità di trattamento rispetto ad altre antenne presenti nell’area. E, infatti, per costante giurisprudenza il predetto vizio è prospettabile solo in presenza di situazioni identiche e nel caso di specie parte ricorrente si è limitata ad affermare genericamente la presenza di altre antenne nella medesima zona, senza fornire neanche un principio di prova circa il fatto che versassero nelle medesime condizioni del proprio impianto.

5.4. Né, d’altro canto, coglie nel segno la censura relativa all’asserito mancato bilanciamento tra l’interesse pubblico alla tutela ambientale e quello privato al’iniziativa economica e al diritto all’informazione. Occorre evidenziare che parte ricorrente si è limitata a impugnare il diniego di sanatoria e non anche il presupposto parere sfavorevole della Commissione Beni Ambientale e che, quindi, tale censura nella parte in cui è rivolta avverso quest’ultimo provvedimento deve essere dichiarata inammissibile.

5.5. Il Comune, infine, non era tenuto, in sede di diniego di condono, a operare alcun bilanciamento dei contrapposti interessi giacché da un lato sussiste l’interesse al rispetto dei valori ambientali e urbanistici, e dall’altro l’interesse di parte ricorrente che, dopo avere installato un impianto in forza di un’autorizzazione provvisoria per eseguire delle prove tecniche e con precise prescrizioni di riduzione in pristino dello stato dei luoghi, alla scadenza della sua efficacia pretende di mantenerlo a tempo indeterminato e di vederlo sanato, sebbene realizzato in assenza di qualsiasi titolo e in zona soggetta a vincolo ambientale.

6. Deve essere disattesa anche la censura sub 3) del ricorso R.G. n. 1688/1995 con la quale parte ricorrente deduce il vizio di eccesso di potere per contraddittorietà tra l’autorizzazione provvisoria rilasciata nel 1982 e i dinieghi di sanatoria, successivamente emessi dall’Amministrazione comunale.

6. Il Collegio ritiene opportuno richiamare brevemente il contenuto dell’autorizzazione provvisoria, rilasciata nel 1982, e le motivazioni dei due dinieghi di sanatoria impugnati.

6.1. Con provvedimento prot. n. 2651 del 2.12.1982 il Sindaco del Comune di Cinto Euganeo, vista la richiesta della società ricorrente per "l’installazione di un’intelaiatura precaria provvisoria a forma di torrino per prove tecniche televisive" e preso atto dei pareri favorevoli espressi dalla Commissione edilizia comunale nella seduta del 3.11.1982 e dalla Commissione consultiva per i Beni Ambientali con nota n. 45/515 del 23.11.1982, autorizzava l’installazione del manufatto de quo per il periodo di 90 giorni. Segnatamente nel parere favorevole espresso dalla Commissione consultiva per i Beni Ambientali veniva specificato che lo stesso era espresso a condizione che l’intervento fosse a titolo precario e che la società provvedesse al ripristino dello stato naturale del sito, una volta decorso il termine di 90 giorni. La detta autorizzazione provvisoria veniva prorogata, su istanza di parte ricorrente, per 180 giorni, ferme restando tutte le altre prescrizioni. Quindi il 31.7.1986 parte ricorrente presentava una prima domanda di sanatoria, ai sensi della legge n. 47/1985, e l’1.3.1995 una seconda domanda, ai sensi della legge n. 724/1994, entrambe rigettate in considerazione della non sanabilità delle opere ricadenti in zona vincolata, alla luce dei pareri sfavorevoli delle autorità preposte alla tutela del vincolo.

6.2. E’, quindi, evidente che l’autorizzazione del 1982 aveva l’esclusiva finalità di consentire per un lasso di tempo limitato l’effettuazione di prove tecniche, prescrivendo, altresì, l’obbligo di rimessa in pristino del sito. Ne discende, dunque, che non è ravvisabile alcun comportamento contraddittorio in capo alla P.A. circa la valutazione di compatibilità ambientale dell’impianto effettuata nell’una e nell’altra occasione, atteso il carattere provvisorio dell’installazione nel primo caso e il carattere definitivo della stessa in ipotesi di accoglimento dell’istanza di condono.

7. Vanno, infine, disattesi anche i motivi sub nn. 1) e 2) del ricorso R.G. n. 921/1996 con i quali parte ricorrente deduce l’illegittimità del diniego di sanatoria ex lege n. 724/1994 per violazione dell’art. 19 del Piano Ambientale dei Colli Euganei in quanto viene richiamato il parere espresso dall’Ente Parco il 27.1.1995 che è frutto di un’erronea interpretazione della citata disposizione, la quale consentirebbe, nelle aree appositamente individuate, la permanenza degli impianti radiotelevisivi legittimamente esistenti, tra i quali va ricompreso anche quello della ricorrente. Parte ricorrente lamenta, inoltre, che il parere dell’autorità preposta alla tutela del vincolo sarebbe stato espresso prima della formale richiesta da parte del Comune resistente.

7.1. Nel provvedimento impugnato si afferma che le opere in oggetto sono incompatibili con l’art. 19, comma 1 lett. b) e comma 3, del vigente Piano ambientale del Parco Colli Euganei in quanto ad alto impatto ambientale e che, pertanto, non risultano sanabili.

7.2. Occorre, allora, chiarire che ai sensi dell’art. 19 delle N. T. A. del Piano Ambientale del Parco regionale dei Colli Euganei le installazioni e gli impianti di emittenza radiotelevisiva sono considerati "attività ad alto impatto ambientale" e che per gli stessi, solo ove legittimamente esistenti, è ammessa la permanenza negli attuali siti, mentre in caso contrario l’attività è considerata incompatibile con le finalità del parco. Orbene, nel caso di specie l’impianto di parte ricorrente non poteva ritenersi legittimamente esistente poiché realizzato in forza di un’autorizzazione provvisoria, scaduta nel 1983, che prevedeva la riduzione in pristino dello stato dei luoghi e, quindi, privo di qualsiasi titolo abilitativo. Tanto è vero che parte ricorrente ha ritenuto di dover presentare ben due domande di condono, usufruendo sia della legge n. 47/1985 che della legge n. 724/1994.

7.3. Il riferimento alle N. T. A. del Piano ambientale del Parco è, dunque, elemento sufficiente a motivare il rigetto della domanda di condono, anche se si tratta di norme sopravvenute rispetto al momento di realizzazione dell’abuso. E, infatti, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza, condiviso dal Collegio, la valutazione, ai sensi dell’art. 32 della L. 47/1985, della rilevanza del vincolo ambientale ai fini della sanabilità dell’opera abusiva deve effettuarsi anche nell’ipotesi di vincolo sopravvenuto rispetto alla realizzazione dell’opera medesima (cfr. Consiglio Stato, A. P., 22.7. 1999 n. 20). Nel caso di specie va, dunque, evidenziato che l’Ente Parco dei Colli Euganei è stato medio tempore costituito per effetto della L. R. n. 38/1989 e che le norme da esso introdotte nell’area specifica prevedono l’inedificabilità assoluta, cosicché nessuna valutazione discrezionale più o meno motivata avrebbe consentito di sanare l’abuso in questione.

7.4. Risulta, infine, del tutto irrilevante, sotto il profilo della legittimità del provvedimento impugnato, la mancata richiesta formale del parere all’Ente Parco da parte del Comune resistente.

8. Va disatteso anche il motivo sub 6) con il quale parte ricorrente lamenta la violazione della legge n. 223/1990 giacché il procedimento autorizzatorio unico è stato previsto dal D.lgs n. 259/2003 e non esclude, ma assorbe la valutazione della compatibilità urbanisticoedilizia, di competenza dell’ente locale, con sopravvivenza della fattispecie di "opere eseguite senza permesso di costruire", sia ai fini dell’applicazione della misura sanzionatoria penale, di cui all’art. 44 del T.U. dell’Edilizia, sia in ordine alle sanzioni amministrative che gli artt. 31 e seguenti del medesimo T.U. impongono in materia di abusivismo edilizio.

9. Alla luce dei suesposti motivi devono, pertanto essere respinti i ricorsi recanti i numeri R.G. n. 1688/1995 e n. 921/1996.

10. Va, infine, respinto anche il ricorso recante il numero R.G. n. 2045/1996 avente ad oggetto l’ordinanza di demolizione dell’impianto de quo.

10.1. Il Collegio ritiene infondate le censure di invalidità derivata dai dinieghi di sanatoria per tutte le ragioni già esposte, così come la censura relativa al mancato bilanciamento dei contrapposti interessi pubblici e privati. È stato, infatti, chiarito che l’ordinanza di demolizione non necessita di specifica motivazione sul pubblico interesse, atteso che tale disposizione la configura come attività amministrativa vincolata che va doverosamente esercitata nei casi di accertata mancanza del titolo concessorio, ovvero di totale difformità o variazione essenziale rispetto alla concessione rilasciata.

Nel caso di specie si imponevano, pertanto, misure idonee a garantire il corretto uso del territorio, finalità che anche gli artt. 87 e 88 del D.lgs. n. 259/2003, attualmente vigente, fanno confluire in un unico procedimento autorizzativo e che, sotto il profilo sanzionatorio, non possono non veder coesistere le misure repressive, di cui al d.P.R. n. 380/2001 e le sanzioni disposte, sotto altro profilo, dal predetto D.lgs. n. 259/03. A maggior ragion tale ragionamento deve essere seguito per la fattispecie in esame che è disciplinata dalla normativa anteriore al D.lgs n. 259/2003.

10.2. Tutte le considerazioni esposte valgono, infine, a escludere la fondatezza anche dell’ultimo motivo di gravame autonomo dell’ordinanza di demolizione, con il quale si lamenta la violazione dell’art. 92 della L.R. n. 61/1985. E, infatti, è la stessa presenza di tale impianto sul territorio a risultare priva di titolo, con conseguente obbligatorietà per la P.A. di procedere alla sua demolizione, fatta salva la possibilità per parte ricorrente di attivare ex novo la procedura di cui al D.lgs. n. 259/2003 per l’installazione nell’area de qua di un impianto di emittenza televisiva, laddove ne sussistano tutti presupposti prescritti dalla legge.

11. Nulla deve essere disposto in ordine alle spese in considerazione della mancata costituzione dell’Amministrazione comunale resistente.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti, previa riunione, li respinge.

Nulla sulle spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *