T.A.R. Veneto Venezia Sez. II, Sent., 19-05-2011, n. 845 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. La ricorrente, proprietaria di un immobile sito in Venezia, S. Marco 1581/a prospiciente quello di proprietà della controinteressata, si avvedeva della realizzazione ex novo da parte di quest’ultima di un abbaino e di un’altana.

2. A seguito di istanza di accesso ai documenti la ricorrente veniva a conoscenza il 20.8.2003 della documentazione relativa alla realizzazione dei detti manufatti e dell’istanza del 1998 con la quale la sig.ra Pellegrino aveva chiesto al Comune resistente di poter ricostruire l’altana e il relativo abbaino, esistenti prima dei lavori di sistemazione del tetto dell’edificio di sua proprietà eseguiti negli anni "60. La ricorrente prendeva visione anche del parere favorevole espresso il 28.11.2000 dalla Commissione per la Salvaguardia di Venezia e del conseguente provvedimento autorizzatorio.

3. Con un unico e articolato motivo la ricorrente, sul presupposto che il manufatto realizzato dalla controinteressata sottrae aria e luce alla propria abitazione, deduce l’illegittimità del provvedimento impugnato per violazione dell’art. 5 delle N.T.A. e della scheda n. 3 della variante al P.R.G. della città antica del Comune di Venezia, adottata con delibera consiliare del 2.12.1996 e approvata con delibera della Giunta Regionale Veneto n. 3987 del 9.11.1999, nonché per eccesso di potere per travisamento dei fatti, carenza dei presupposti e difetto di istruttoria. Dalle foto aeree antecedenti la demolizione dell’altana si evince che la stessa insisteva su un lato diverso dell’immobile – nell’angolo tra la Bocca di Piazza e la Frezzeria – rispetto a quello ove è stata ricostruita. Ne discende, ad avviso della ricorrente, che è stato realizzato un manufatto del tutto diverso rispetto a quello preesistente in violazione del disposto dell’art. 5 delle N.T.A., ai sensi del quale sugli edifici di tipo B " unità edilizie di base preottocentesca originaria a fronte bicellulare", si può procedere solo al restauro e al ripristino dei corpi di fabbrica delle preesistenze, senza possibilità di apportare modifiche. Infine, il manufatto realizzato, in considerazione del notevole volume e della sua sopraelevazione rispetto al tetto, non può essere considerato un abbaino di falda.

4. Il Comune di Venezia, ritualmente costituito in giudizio, ha eccepito, in via preliminare di rito, l’irricevibilità del ricorso per tardività essendo stati terminati i lavori dalla controinteressata nel luglio 2001 con conseguente piena conoscenza del contenuto e degli effetti del provvedimento da parte della ricorrente a partire da tale data. L’Amministrazione comunale ha, altresì, eccepito l’inammissibilità del gravame per difetto di legittimazione attiva non avendo la sig.ra A. addotto alcuna prova dell’esistenza di un pregiudizio arrecatole dall’autorizzazione rilasciata alla controinteressata. Nel merito il Comune ha concluso per la reiezione del ricorso risultando l’intervento autorizzato compatibile con il disposto dell’art. 13 delle N.T.A., ai sensi del quale è ammissibile il riordino e l’installazione di altane esclusivamente in legno.

5. La controinteressata, ritualmente costituita in giudizio, ha eccepito, in via preliminare di rito, l’irricevibilità del ricorso per tardività in considerazione della piena conoscenza del provvedimento gravato anteriormente al 20.8.2003, come si evince dalla copiosa corrispondenza intercorsa tra la stessa e il Comune sin dall’agosto 2001 e dal fatto che i lavori autorizzati, tutti esterni all’immobile e quindi ben visibili, sono stati iniziati il 31.5.2001 e terminati il 24.7.2001. Nel merito la sig.ra Pellegrino ha concluso per la reiezione del ricorso in quanto infondato.

6. Alla pubblica udienza del 5.5.2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

7. Il Collegio ritiene di dovere esaminare, innanzitutto, l’eccezione preliminare di irricevibilità del ricorso per tardività, sollevata sia dal Comune resistente che dalla controinteressata.

7.1. L’eccezione è fondata e meritevole di accoglimento per le seguenti ragioni.

7.2. Va rammentato che, secondo l’orientamento prevalente della giurisprudenza, il termine per l’impugnazione della concessione edilizia rilasciata al controinteressato non decorre dal momento della pubblicazione all’albo pretorio (cfr. T.A.R. Toscana, n. 4451/2008; Consiglio Stato, V, n.5312/2002; Consiglio Stato, V, n.779/1998), ma da quello in cui il ricorrente abbia avuto piena ed effettiva conoscenza del provvedimento lesivo. Quest’ultimo effetto si riconnette di solito (e salvo le rare ipotesi in cui si possa provare l’effettiva conoscenza del "documento") al momento in cui la parte abbia riscontrato in rerum natura l’avvio di un’attività edificatoria ritenuta contrastante con le norme urbanistiche. In altri termini, l’onere di impugnazione del titolo edilizio scatta di solito al momento in cui si palesi evidente l’illegittimo esercizio dello ius aedificandi. Tale regola "di massima" va precisata e adattata ai singoli casi di volta in volta vagliati dal giudice amministrativo, ed è idonea a condurre a soluzioni anche diversificate, a seconda delle peculiarità dell’attività edificatoria in corso e dei vizi denunciati: ad esempio, la conoscenza compiuta – ed il conseguente onere di impugnazione – scatta immediatamente col semplice avvio della costruzione, nell’ipotesi in cui il ricorrente intenda far valere l’assoluta inedificabilità del suolo oggetto di attività edilizia. In tal caso, infatti, l’inizio dell’attività costruttiva è immediatamente idoneo a palesarne l’illegittimità e la lesività.

Ove, invece, si volesse contestare la violazione delle distanze regolamentari da edifici vicini, è necessario che siano almeno realizzate le fondamenta della costruzione, che costituiscono l’impronta dell’edificio; in tal caso, allora, il dies a quo del termine per ricorrere coincide col momento in cui si percepisce la realizzazione delle fondamenta.

In altri casi ancora la percezione della lesività e dell’illegittimità postulano il completamento della struttura essenziale del fabbricato, ed è solo da tale momento che scatta l’onere processuale di impugnazione. Tanto si verifica, ad esempio, allorquando si contestino l’altezza e la volumetria dell’erigendo edificio (cfr. T.A.R. Sicilia, Catania, n. 3835/2010).

7.3. La ricostruzione, appena effettuata, dei diversi momenti di decorrenza del termine per impugnare il titolo edilizio rilasciato a terzi trova ampia conferma nella giurisprudenza che ha affermato che "ai fini della decorrenza del termine di impugnazione di una concessione edilizia da parte di terzi, l’effetto lesivo si atteggia diversamente a seconda che si contesti l’illegittimità del permesso di costruire per il solo fatto che esso sia stato rilasciato (ad esempio, per contrasto con l’inedificabilità assoluta dell’area) ovvero per il contenuto specifico del progetto edilizio assentito, che, per esempio, non rispetta le distanze dalle costruzioni: in questo secondo caso, la mera esposizione del cartello di cantiere recante gli estremi del titolo edilizio non è sufficiente – da sola – a far decorrere il termine di impugnazione, in quanto esso non contiene informazioni sufficienti sul contenuto specifico del progetto edilizio assentito, atte a farne immediatamente percepire l’effetto concretamente lesivo per i terzi interessati." (cfr, in termini T.A.R. Liguria, n. 192/2010; T.A.R. Sardegna n. 432/2009; T.A.R. Piemonte, n. 795/2009).

7.4. Il Collegio, inoltre, condivide l’orientamento prevalente nella giurisprudenza secondo il quale la piena conoscenza è legata alla cognizione degli elementi essenziali del provvedimento impugnato.

Ne discende, quindi, che la piena conoscenza dell’atto censurato si concretizza con la cognizione degli elementi essenziali quali l’autorità emanante, l’oggetto, il contenuto dispositivo ed il suo effetto lesivo, essendo tali elementi sufficienti a rendere il legittimato all’impugnativa consapevole dell’incidenza dell’atto nella sua sfera giuridica, avendo egli la concreta possibilità di rendersi conto della lesività del provvedimento, senza che sia necessaria la compiuta conoscenza della motivazione e degli atti del procedimento, che può rilevare solo ai fini della proposizione dei motivi aggiunti (cfr. Consiglio Stato, VI, n. 3649/2010; Consiglio Stato, IV, n. 292/2010; Consiglio Stato, VI, n.2540/2008).

7.5. Se ne può allora concludere che nel caso di specie i termini per la proposizione del ricorso giurisdizionale per la ricorrente iniziavano a decorrere dalla conoscenza del provvedimento lesivo e dalla consequenziale lesione della sfera dei suoi personali interessi, ovverosia dal 24.7.2001, data di completamento dei lavori per la realizzazione dell’abbaino e dell’altana e di percezione della limitazione della luce e dell’aria per il proprio edificio, e non dalla puntuale conoscenza e/o consapevolezza soggettiva dei vizi che inficiavano il provvedimento autorizzatorio (cfr. Consiglio Stato,VI, n. 1853/2008) con la conseguenza della tardività del ricorso, proposto solo nel mese di novembre 2003.

8. Alla luce delle predette considerazioni il ricorso deve, quindi, essere dichiarato irricevibile per tardività.

9. Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara irricevibile per tardività.

Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite in favore dell’Amministrazione resistente e della controinteressata che liquida in complessivi euro 4.000,00 (quattromila/00), in ragione di euro 2.000,00 (duemila/00) per ciascuna parte, oltre IVA e CPA come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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