T.A.R. Veneto Venezia Sez. II, Sent., 19-05-2011, n. 843 Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Le imprese ricorrenti, proprietarie dell’immobile sito in Venezia, Riva degli Schiavoni 4164 e 4165, iniziavano i lavori di ristrutturazione dei cinque piani del fabbricato, in forza dell’autorizzazione n. prot. 2000/2795 del 14.3.2001.

2. A seguito del sopralluogo eseguito il 23.4.2004 dai tecnici comunali, il Comune di Venezia inviava alle ricorrenti la comunicazione di avvio del procedimento n. prot. 139825 dell’1.4.2004 e successivamente l’ordine di sospensione dei lavori n. 139535 del 2.4.2004.

3. Le società ricorrenti deducono l’illegittimità dei provvedimenti gravati:

1) per violazione degli artt. 7 e ss. della legge n. 241/1990, nonché per eccesso di potere per contraddittorietà dell’azione amministrativa giacché il Comune resistente, pur avendo formalmente adempiuto all’obbligo di comunicazione ex art. 7 della legge n. 241/1990, non ha consentito un’effettiva e reale partecipazione delle società ricorrenti al procedimento in considerazione della contestualità della notifica dei due provvedimenti impugnati;

2) per eccesso di potere per difetto di istruttoria e perplessità dell’azione amministrativa, nonché per violazione dell’art. 78 della L.R. n. 61/1985 giacché l’ordinata sospensione si fonda sull’asserita abusività dei lavori eseguiti al primo piano, lavori che risultano autorizzati in virtù del provvedimento prot. n. 2000/2795 del 14.3.2001, mai dichiarato decaduto dal Comune resistente;

3) per violazione degli artt. 6 e 27 del d.P.R. n. 380/2001, nonché per eccesso di potere per difetto di istruttoria, contraddittorietà intrinseca e illogicità manifesta giacché i lavori oggetto della sospensione sono opere di mera rifinitura, consistendo nella posa della pavimentazione in marmo, nel rivestimento di alcune pareti con particolari drappi di tessuto, nella tinteggiatura delle restanti pareti, nella chiusura di alcuni contatori e nella sostituzione di alcuni serramenti. Ne discende, quindi, ad avviso delle società ricorrenti, che si tratta di opere per le quali non era necessario il rilascio di alcun titolo edilizio con conseguente illegittimità del gravato ordine di sospensione dei lavori.

4. Il Comune di Venezia, ritualmente costituito in giudizio, ha eccepito, in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse atteso che in forza dell’art. 27, comma 3, del d.P.R. n. 380/2001 l’ordine di sospensione ha effetto fino all’adozione e alla notifica dei definitivi provvedimenti sanzionatori, notifica che deve avvenire entro il termine di 45 giorni. Il Comune resistente ha, altresì, eccepito l’improcedibilità del ricorso in considerazione dell’avvenuta presentazione da parte delle società ricorrenti delle istanze di condono e di compatibilità paesaggistica relative alle opere realizzate in difformità al titolo edilizio prot. n. 2000/2795 del 14.3.2001, concludendo nel merito per la reiezione del gravame in quanto infondato.

5. Alla pubblica udienza del 5.5.2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

6. Il Collegio ritiene di dovere esaminare, innanzitutto, l’eccezione di inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, sollevata dall’Amministrazione resistente.

7. Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza, condiviso dal Collegio, il potere di sospensione dei lavori in corso, attribuito all’autorità comunale dall’art. 27 comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001, è di tipo cautelare, in quanto destinato ad evitare che la prosecuzione dei lavori determini un aggravarsi del danno urbanistico, e alla descritta natura interinale del potere segue che il provvedimento emanato nel suo esercizio ha la caratteristica della provvisorietà, fino all’adozione dei provvedimenti definitivi. Ne discende che, a seguito dello spirare del termine del termine di 45 giorni, ove l’amministrazione non abbia emanato alcun provvedimento sanzionatorio definitivo, l’ordine in questione perde ogni efficacia (cfr. tra le tante T.A.R. Campania Salerno, sez. II, 06 ottobre 2005, n. 1901), mentre, nell’ipotesi di emanazione del provvedimento sanzionatorio, è in virtù di quest’ultimo che viene a determinarsi la lesione della sfera giuridica del destinatario (cfr. tra le tante T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 21 luglio 2005, n. 5810) con conseguente "assorbimento" dell’ ordine di sospensione dei lavori.

7.1. Premesso, quindi, che l’ ordine di sospensione immediata dei lavori, oggetto del presente ricorso, aveva ormai perso efficacia, ai sensi dell’ art. 27, comma 3, del d.P.R. n. 380/2001, già prima della notifica del presente ricorso, va dichiarata l’inammissibilità del gravame per carenza d’interesse.

8. Né vale a escludere la predetta declaratoria l’affermazione della difesa di parte ricorrente secondo la quale residuerebbe nel caso di specie un interesse strumentale al risarcimento per i pregiudizi patiti a causa del provvedimento di sospensione ex art. 27 T.U. Edilizia.

8.1. Il Collegio rileva, infatti, che la presentazione, in data 22.4.2004 (vale a dire pochi giorni dopo la notifica dell’ordinanza impugnata), della domanda di condono relativa alle opere oggetto del provvedimento di sospensione, integra un’implicita ammissione da parte delle stesse società ricorrenti di una situazione di incertezza in ordine alla conformità delle opere eseguite rispetto al titolo autorizzatorio in loro possesso. Tale situazione di incertezza è di per sé idonea quanto meno a giustificare l’ordinanza di sospensione e conseguentemente il Collegio non ravvisa sussistente in capo alle società ricorrenti nessun interesse alla decisione neanche di natura strumentale ad un’eventuale domanda risarcitoria.

9. Per tali ragioni il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, quanto all’ordine di sospensione lavori, per carenza di interesse. Il ricorso va dichiarato inammissibile anche con riguardo alla comunicazione di avvio del procedimento trattandosi pacificamente di atto di natura endoprocedimentale.

10. Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile per le ragioni di cui in motivazione.

Condanna le società ricorrenti in solido alla rifusione delle spese di lite in favore del Comune resistente che liquida in complessivi euro 2.500,00 (euro duemilacinquecento/00), oltre IVA e CPA come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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