Cons. Stato Sez. IV, Sent., 20-05-2011, n. 3025 Spese del giudizio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Generale D. Z. ha impugnato, chiedendone la riforma, la sentenza n.21755/10 con la quale il TAR per il Lazio ha respinto il suo ricorso volto ad ottenere, previo annullamento del diniego opposto dal Ministero della Difesa, il riconoscimento del proprio diritto al rimborso delle spese legali sostenute dallo stesso Ufficiale Superiore relativamente al primo e al secondo grado del processo subito innanzi alla Corte dei Conti.

A sostegno del proposto gravame è stato dedotto:

1) error in procedendo: omessa pronuncia sul 1° motivo di diritto e violazione dell’art.112 c.p.c. in relazione all’art.360 n.4 c.p.c.; error in iudicando: violazione e falsa applicazione dell’art.3 comma 2bis del d.l 23/10/1996 n.543convertito, con modificazioni, dalla legge 20/12/1996 n.639 e dell’art.18, comma 1 del d.l. 25/3/1997 n.67 convertito con modificazioni dalla legge 23/5/1997 n.135; falsa applicazione dell’art.10bis comma 10 del d.l. n.203/2005convertito con modificazioni dalla legge n.248/2005 e s.m.i.; falsa applicazione degli arrt.78 del R.D. 1214/34, 25 del R.D. n.1038/33, 6 del dpr n.260/98:; violazione degli artt.3 e 10 bis della legge n.241/90 e succ. modificazioni; eccesso di potere per contraddittorietà, illogicità manifesta, incompetenza e sviamento; violazione dei principi dell’imparzialità, correttezza, proporzionalità, e buon andamento dell’azione amministrativa (con riferimento all’omessa pronuncia del primo giudice in ordine all’anomalia procedimentale lamentata con il primo motivo del ricorso di prime cure costituita dall’impropria richiesta di pareri interpretativi rivolti rivolta dall’Amministrazione, dopo l’assoluzione dell’istante dinanzi alla Corte, dapprima all’Avvocatura Generale dello Stato e successivamente alla Procura Regionale della stessa Corte dei Conti;

2) error in procedendo: erronea valutazione di statuizioni giudiziali e del giudicato formatosi; error in iudicando: violazione e falsa applicazione dell’art.3 comma 2 bis del d.l. 23/10/1996 n.543convertito con modificazioni dalla legge 20/12/1996 n.639 e dell’art.18 comma 1 del d.l. 25/3/1997 n.67, convertito con modificazioni dalla legge 23/5/1997 n.135; falsa applicazione degli artt.91 e 92 c.p.c. nonché dell’art.8 8 del d.p.r. n.115 del 30/5/2002: mancata considerazione dei fatti. Difetto di istruttoria e di motivazione. Violazione art.2 della tariffa professionale forense approvata con D.M. n.127 del 2004; falsa applicazione dell’art.78 del R.D. n.1234/1934, 25 del R.D. n.1038/33, 6 dal DpR n.260/98; illogicità manifesta, incompetenza, e sviamento; violazione dei principi generali dell’imparzialità, correttezza, proporzionalità, e buon andamento dell’azione amministrativa; sconfinamento dal limiti esterni della propria giurisdizione (avuto riguardo al fatto che il Tar ha condiviso le erronee valutazioni dell’Amministrazione secondo cui la pur definitiva assoluzione dell’istante non escludeva in modo assoluto la sussistenza di una sua responsabilità, così come errata è da considerarsi al statuizione del Tar secondo cui si tratta di una sentenza, quella della Corte dei Conti, non suscettibile di soggiacere al principio del ne bis in idem, potendo essere superata da eventuali, successive acquisizioni)

Le Amministrazioni appellate non si sono costituite in giudizio.

All’udienza del 12 aprile 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

Il generale dell’Aeronautica D. Z. chiedeva ai sensi della normativa recata rispettivamente dalla legge n.20 del 1994, dal decreto legge n.543/96 convertito dalla legge n.639/96 e dal decreto legge n.67/1997 convertito dalla legge n.135/97, il rimborso delle spese sostenute per il primo e il secondo grado del processo subito innanzi alla Corte dei Conti per presunta responsabilità erariale.

Tale giudizio conclusosi con sentenza definitiva di assoluzione era relativo al coinvolgimento dell’istante nella vicenda relativa al c.d. disastro di Ustica, con l’inabissamento di un aeromobile avvenuto il 27 luglio 1980, vicenda per la quale il predetto Ufficiale è stato anche imputato per gravi reati relativamente ai quali parimente riportava sentenza di proscioglimento con formula piena già al’esito della fase istruttoria.

Più in particolare, con la sentenza n.2856/04 del 9/11/2004, la Sezione giurisdizionale per la Regione Lazio della Corte dei Conti ha escluso la sussistenza del danno erariale ascritto all’istante in ordine alle spese sostenute per il recupero integrale del relitto dell’aeromobile, evidenziando che dette spese avevano natura di "spese di giustizia", siccome finalizzate n all’espletamento di operazioni ritenute indispensabili dall’Autorità giudiziaria per l’accertamento della verità.

Ciònonostante, all’esito del lungo iter procedimentale, la cui anomalia è stata stigmatizzata dall’odierno appellante nel ricorso introduttivo del giudizio – segnato dalla richiesta di pareri all’Avvocatura Generale dello Stato nonché alle Procure Generale e Regionale della Corte dei Conti, nonchè da un giudizio di interpretazione promosso innanzi alla Corte dei Conti e conclusosi in Cassazione, l’Amministrazione della Difesa ha negato il chiesto rimborso spese: di qui il presente contenzioso nel quale lì interessato impugna la sentenza del Tar per il Lazio recante la conferma delle decisioni negativamente assunte dall’Amministrazione di appartenenza del Generale Z.

L’appello è fondato.

Al di là, invero dei profili diversi ed ulteriori che sono stati superati dal lungo e complesso iter sopra richiamato, la ragione posta dall’Amministrazione a base del diniego di rimborso delle spese legali. Condivisa dal giudice di primo grado, consiste nell’asserita mancanza, nella fattispecie, di una sentenza di "proscioglimento nel merito ovvero completamente assolutoria", che costituisce per legge il presupposto della rimborsabilità.

Ciò in quanto, sempre a detta dell’Amministrazione e del Tar, nella citata sentenza n.2856/2004 non vi sarebbe stato un giudizio cognitorio pieno con conseguente esclusione in via assoluta di responsabilità dell’interessato sotto il profilo del dolo e della colpa grave, trattandosi oltretutto di decisione assunta "allo stato degli atti" e quindi suscettibile di essere superata da eventuali successive acquisizioni.

Tale assunto non può essere condiviso.

In proposito vale qui richiamare il recente orientamento di questo Consiglio di Stato in ordine ad analoga fattispecie della rimborsabilità delle spese legali a seguito di assoluzione in sede penale, lì dove si è affermato che l’Amministrazione non ha alcun margine di discrezionalità sulla formula e sulle ragioni dell’assoluzione stessa, diversamente consentendosi un’inammissibile riedizione del giudizio di ascrivibilità del fatto illecito per cui il dipendente è stato imputato (cfr Sez. VI 21/3/2011 n.1713).

Con specifico riguardo al giudizio di responsabilità contabile, si è poi affermato che il rimborso, da parte dell’Amministrazione di appartenenza, delle spese legali sostenute dai soggetti sottoposti al giudizio della Corte dei Conti, ex art.3 comma 2 bis del d.l. n.543/96, è subordinato al definitivo proscioglimento dei succitati soggetti, prescindendo dalla ragioni che hanno condotto all’assoluzione; e pertanto, va riconosciuto il diritto al rimborso de quo anche in presenza di proscioglimento per mere ragioni di rito (cfr Cons Stato Sez.I 29/10/2003 parere3218).

Pur senza aderire a tale ultimo e più "radicale " orientamento, non v’è dubbio che nel caso di specie si sia in presenza di assoluzione piena, avendo la sentenza sopra citata del tutto escluso la sussistenza in concreto di qualsivoglia profilo di responsabilità erariale: il fatto che ciò dovuto all’essere tata riscontrata la carenza di danno erariale comporta semplicemente la superfluità di ogni approfondimento in ordine al profilo soggettivo della responsabilità (dolo o colpa) venendo a mancare addirittura l’elemento oggettivo dell’illecito contestato.

Quanto sopra rende palese l’errore di prospettiva in cui sono incorsi l’Amministrazione convenuta e il primo giudice, i quali si sono limitati a rilevare l’assenza di approfondimenti da parte del giudice contabile sull’elemento soggettivo dell’illecito, senza considerare che l’assenza di responsabilità erariale era dovuta alla mancanza a monte dell’elemento materiale di tale illecito. Si è acceduto, in altri termini, ad una concezione di gradualità dei presupposti della responsabilità amministrativa, il che non è ammesso dal momento che il presupposto oggettivo ha la stessa valenza di quello soggettivo, di guisa che l’assenza del primo è condizione di per sé sufficiente a precludere la configurabilità di detta responsabilità.

Nemmeno può condividersi l’assunto del giudice di primo grado secondo cui l’evocata sentenza della Corte dei Conti non sarebbe soggetta al principio del ne bis in idem, essendo stata resa dichiaratamente "allo stato degli atti" e potendo quindi essere superata da successive acquisizioni.

Invero, non v’è dubbio che il giudicato formatosi sull’assoluzione dell’istante è pieno e che l’inciso "allo stato degli atti " contenuto in sentenza va inteso semplicemente nel senso che la sussistenza di danno erariale sia da escludersi sulla base delle risultanze acquisite agli atti del giudizio:

Sicchè, qualora, in futuro dovesse aprirsi un nuovo giudizio di responsabilità in seguito al’emergere di quel danno erariale oggi ritenuto inesistente, ciò avverrà non certo in virtù di una "cedevolezza" del giudicato, ma semplicemente perché si tratterà di fatti nuovi idonei a dar luogo a un diverso e autonomo giudizio.

Sic rebus stanti bus, è evidente la fondatezza delle censure riproposte col secondo motivo di appello (che risultano assorbenti dei profili procedurali censurati col primo mezzo) non essendovi in capo all’Amministrazione margine alcuno di discrezionalità valutativa in ordine ai contenuti e alle motivazioni della sentenza di assoluzione piena riportata dall’istante.

Ne discende che vanno annullati gli atti impugnati in primo grado e va affermato il diritto del’appellante al rimborso delle spese legali sostenute.

Le spese e competenze di entrambi i gradi del giudizio seguono la regola della soccombenza e vengono liquidate equitativamente in dispositivo.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello come in epigrafe proposto, lo Accoglie e, per l’effetto, in riforma dell’ impugnata sentenza, accoglie il ricorso di primo grado nei sensi di cui in motivazione.

Condanna il Ministero della Difesa al pagamento delle spese e competenze del doppio grado di giudizio che si liquidano complessivamente in euro 5.000,00 (cinquemila) oltre IVA e CPA

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *