Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 04-05-2011) 20-05-2011, n. 20098

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

T.S. ricorre per cassazione contro la sentenza indicata in epigrafe, che ha confermato quella di condanna emessa in data 5/12/2007 nei suoi confronti dal Tribunale di Nola per il reato di cui agli artt. 318 e 321 c.p..

Si contestava al predetto di avere nella sua qualità di Ufficiale Giudiziario in servizio presso l’Ufficio Notifiche del Tribunale di Nola, nel corso di una procedura di esecuzione forzata mobiliare, promossa dalla creditrice S.p.A. ZSK Italia, ricevuto da I. R. avvocato – la cui posizione veniva stralciata – che agiva per conto della creditrice la somma di Euro 300,00 per il compimento di un atto del suo ufficio.

Secondo l’accusa che i giudici del merito ritenevano provata alla stregua delle deposizioni rese dal teste C. e dagli operanti M.llo Tr. e Brig. D.R., il C., su incarico dell’azienda creditrice, aveva consegnato al predetto legale la somma di Euro 300,00, destinata, a dire di quest’ultimo, a compensare l’ufficiale giudiziario, che si era prestato a compiere la procedura, nonostante la sua incompetenza territoriale, oltre ad altra somma di Euro 100,00 a titolo di rimborso spese per un non meglio precisato "economato della caserma", da destinare ai Carabinieri, intervenuti solo in un momento successivo, quando le operazioni erano già iniziate.

In motivazione il giudice del gravame riteneva destituita di fondamento la tesi difensiva dell’imputato, il quale, nel tentativo di spostare l’attenzione sugli ulteriori Euro 100,00, sosteneva che l’intera somma di danaro fosse destinata ai Carabinieri, giacchè se cosi fosse, non si capiva il motivo per cui i militi, non presenti al primo passaggio di danaro, una volta notato il secondo passaggio di danaro, avrebbero dovuto insospettirsi e bloccare il T..

Contro tale decisione ricorre l’imputato, che a sostegno della richiesta di annullamento denuncia con il primo motivo l’inosservanza e l’erronea applicazione della legge penale in riferimento alla ritenuta sussistenza dell’ipotesi criminosa contestata, nonchè l’erronea applicazione della legge processuale in riferimento all’art. 192 c.p.p., comma 2 e art. 194 c.p.p., nonchè il vizio di motivazione, e sostiene che l’affermazione della responsabilità si reggeva unicamente su elementi equivoci e pretestuosi, e non su indizi gravi precisi e concordanti e su un travisamento delle dichiarazioni rese dal C., che mai aveva riferito con certezza sulle intenzioni dell’avv. I., ma si era limitato solo a rappresentare una sua presunzione o deduzione.

Con il secondo motivo deduce la palese e erronea applicazione della norma incriminatrice, che punisce l’attività del corruttore finalizzata a indurre il p.u. al compimento di un atto del proprio ufficio e sostiene che nel caso in esame l’imputato al limite aveva assunto il ruolo di mero complice di un tentativo di corruzione dei Carabinieri intervenuti nella esecuzione, e che trattandosi di tentativo di corruzione per un atto di ufficio già compiuto dai predetti militi, l’imputato non era punibile. Lamenta infine con il terzo motivo l’omessa risposta alla doglianze mosse nei motivi di appello circa l’omessa derubricazione del fatto nella peggiore delle ipotesi in quello di cui all’art. 318 c.p., comma 2.

Il ricorso è inammissibile.

I primi due motivi, oltre che generici, siccome ripetitivi delle doglianze, già formulate nell’atto di gravame e valutate dalla corte di merito, non sono riconducibili al catalogo dei casi di ricorso, previsti dall’art. 606 c.p.p., comma 1, profilandosi come censure non consentite ai sensi del comma 3 cit. art., volte, come esse appaiono, sotto l’apparenza della violazione di legge e del difetto di motivazione, ad introdurre come "thema decidendum" una rivisitazione del "meritum causae", preclusa, come tale, in sede di scrutinio di legittimità. Nella fattispecie la corte di merito ha dato conto con puntuale e adeguato apparato argomentativo, cui si è fatto cenno delle ragioni della conferma del giudizio di colpevolezza, enunciando analiticamente gli elementi e le circostanze di fatto convergenti e rilevanti a tal fine, sicchè la motivazione non appare sindacabile, tenuto conto che il ricorrente si limita sostanzialmente a sollecitare un non consentito riesame del merito attraverso la rilettura del materiale probatorio. Manifestamente infondato è il terzo motivo, che pone in discussione la cadenza temporale dei fatti, come enunciati nel capo di imputazione e ritenuti provati da entrambi i giudici del merito, sul quale ha implicitamente risposto il giudice del gravame, quando ha evidenziato che l’intervento dei militi, che aveva consentito l’accertamento dell’illecito, avvenuto ovviamente in un momento antecedente, ebbe a verificarsi nel corso della procedura, quando era ancora in atto il trasferimento dei macchinari, e non successivamente.

Segue alla declaratoria di inammissibilità la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento in favore della cassa delle ammende della somma, ritenuta di giustizia ex art. 616 c.p.p., di Euro 1.000,00.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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