Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 04-05-2011) 20-05-2011, n. 20096

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

S.A. ricorre, a mezzo del suo difensore, avverso la sentenza 8 maggio 2009 della Corte di appello di Milano (che Sentenza ha confermato la sentenza 4 dicembre 2006 del Tribunale di Voghera, di condanna per il delitto ex art. 570 c.p., comma 2, n. 2 per essersi egli sottratto agli obblighi di assistenza familiare, facendo mancare i mezzi di sussistenza alla moglie separata e ai due figli minori di età: contestazione sino al 4 dicembre 2006), deducendo vizi e violazioni nella motivazione nella decisione impugnata, nei termini critici che verranno ora riassunti e valutati.
Motivi della decisione

Con un primo motivo di impugnazione viene dedotta inosservanza ed erronea applicazione della legge, nonchè vizio di motivazione sotto il profilo della credibilità della moglie dell’imputato, Sc. C., ritenuta senza riscontri di validazione esterni alle dichiarazioni della stessa persona offesa.

Con un secondo motivo si lamenta che la sussistenza delle inadempienze non sia stata correlata alle difficoltà economiche dell’obbligato e senza valorizzare l’assenza di attività di lavoro retribuita dal 2000 al 2006.

Con un terzo motivo si prospetta violazione dell’art. 420 ter cod. proc. pen. in quanto la Corte di appello ha proceduto nel giudizio, nonostante una certificazione attestante l’impedimento a comparire all’udienza, il quale, essendo sostenuto da idonea documentazione medica, imponeva una visita fiscale.

Il terzo motivo va preliminarmente esaminato.

Nella specie la doglianza risulta infondata.

I giudici di merito con una motivazione immune da vizi od invalidità apprezzabili in sede di legittimità e con un giudizio che, in relazione al dedotto della parte privata, non imponeva ulteriori accertamenti, hanno affermato:

a) che la "sussistenza nell’imputato, di danni notevoli nell’uso della parola" non incide sulla possibilità dell’accusato stesso di presenziare utilmente all’udienza" dovendo essa apprezzarsi solo all’atto della presenza fisica della persona in udienza;

b) che i segnalati "danni notevoli ai movimenti" deducevano una generica condizione di difficoltà, non precisata come "assoluta" ed ostativa alla presentazione in giudizio.

Sia la prima che la seconda proposizione per come formulate sono incensurabili in quanto danno logico e ragionevole conto della correttezza dell’argomentare del giudice di merito il quale, escluso l’impedimento assoluto, rappresentato dalla difficoltà della deambulazione, hanno riservato l’ulteriore giudizio di compatibilità, tra "grave limitatezza dell’uso della parola" e "partecipazione utile ed attiva al dibattimento", condizionandolo alla concreta presenza dell’imputato in udienza.

Evenienza quest’ultima che si sarebbe potuta evitare soltanto previa attestazione sanitaria, nella specie mancante, del grado concreto di limitatezza dell’espressione verbale e della consistenza, argomentata, dell’affermato "danno alla parola", documentazione questa che, sola, sarebbe stata idonea a prospettare utilmente i termini della assolutezza del dedotto impedimento.

Il motivo va quindi rigettato.

Il primo e secondo motivo, invece, non superano la soglia dell’ammissibilità.

Nella specie infatti i giudici di merito, con conforme doppia pronuncia hanno ritenuto la colpevolezza del ricorrente, soppesando la deposizione della persona offesa nel rispetto dei criteri di valutazione della prova, dando precise indicazioni sulla attendibilità intrinseca ed estrinseca della Sc., nonchè della coerenza interna della sua ricostruzione dei fatti.

A tale prioritaria corretta valutazione la gravata sentenza, in aderenza alle argomentazioni del primo giudice, ha fatto seguire un’analisi completa sulla sussistenza della materialità e soggettività del delitto, commisurando la sanzione nel rispetto dei criteri dell’art. 133 cod. pen. considerato anche il precedente specifico.

In conclusione, considerato che l’argomentare del provvedimento impugnato risulta immune da illogicità di sorta, ed appare altresì sicuramente contenuto entro i margini accettabili della plausibile opinabilità di apprezzamento e valutazione (v. per tutte: Cass. Pen. sezione. 1, 46997/2007), esso è, pertanto, sottratto a ogni sindacato in sede di scrutinio di legittimità, laddove i rilievi, le deduzioni e le doglianze espresse – come nella specie nelle prime due doglianze – si sviluppano tutte negli ambiti delle censure di merito, sicchè, integrando motivi diversi da quelli consentiti dalla legge con il ricorso per cassazione, vanno dichiarati inammissibili a sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 3.

Il ricorso pertanto risulta infondato, valutata la conformità del provvedimento alle norme stabilite, nonchè apprezzata la tenuta logica e coerenza strutturale della giustificazione che è stata formulata.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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