Cons. Stato Sez. VI, Sent., 20-05-2011, n. 3018 Televisione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

delega dell’avvocato Pace), e l’avvocato dello Stato V. Russo;
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Nel dicembre 2004 il Codacons aveva intimato all’allora Ministero delle attività produttive (oggi, dello sviluppo economico) e alla Rai (oltre che ai Monopoli di Stato) di effettuare sulla trasmissione "Affari Tuoi" i controlli previsti dall’art. 12 d.P.R. n. 430/2001.

1.1. Con nota del 14 gennaio 2005 n. 0000881 il Ministero aveva escluso che sussistesse a suo carico un obbligo di controllo ex art. 12, d.P.R. n. 430/2001, in base alla considerazione che la trasmissione "Affari Tuoi" rientrerebbe nel genus della "lotteria nazionale" e non delle manifestazioni a premio.

1.2. Contro tale provvedimento il Codacons proponeva ricorso al Tar Lazio – Roma, che lo respingeva con sentenza 14 dicembre 2005 n. 13620.

1.3. Tale sentenza, su appello del Codacons, veniva riformata in parte dalla decisione Cons. St., sez. VI, 28 luglio 2008 n. 3708, pronuncia che, dopo aver chiarito le ragioni per cui alla trasmissione "Affari Tuoi" si applicano le disposizioni dettate dal d.P.R. n. 430/2001, riteneva che illegittimamente il Ministero si fosse sottratto all’obbligo di sottoporre a controllo la trasmissione in questione, ai sensi dell’art. 12, d.P.R. n. 430 del 2001 con riguardo alla concreta individuazione del criterio di selezione preventiva dei giocatori.

Statuiva, in particolare, la citata decisione del Consiglio di Stato:

"le censure appellatorie vanno condivise laddove si predica l’esigenza di sottoporre a controllo, ai sensi dell’art. 12 dello stesso regolamento, la trasmissione in questione con riguardo alla concreta individuazione ed al chiarimento dei criteri di selezione preventiva dei giocatori, contrariamente a quanto sostenuto nel provvedimento ministeriale impugnato.

Va comunque precisato che, con riguardo all’art. 8, comma 1, lettera a), non si riscontra la lamentata violazione della pubblica fede nonché della parità di trattamento e di opportunità tra i partecipanti al gioco (momento successivo a quello finora considerato), in quanto l’alea sussiste e permane, proprio con riferimento alla sfera di incertezza conoscitiva in base alla quale ha facoltà di determinarsi il concorrente, pur a fronte dell’intervento dell’organizzatore che cerca di condizionare il concorrente sulle opzioni a lui disponibili, rientrando tale intervento in una ulteriore modalità aleatoria che corrisponde a simili prassi di altri giochi di società che, appunto, sono obiettivamente aleatori ma che ben possono contenere elementi di complementare "spettacolarizzazione", senza che ciò preluda univocamente a "preventivi accordi" o a "favoritismi" (si pensi al meccanismo del gioco c.d. del "Mercante in fiera").

Per gli stessi motivi, a parte la chiarita questione della mancata trasparenza della selezione preventiva ed antecedente all’effettiva presenza in trasmissione, non è altrettanto prospettabile un’ulteriore violazione della disciplina in discorso, poiché non si riscontrano altri elementi di svolgimento del gioco, anche per ipotesi autonomamente rilevanti, in contrasto con i canoni di correttezza delle trasmissioni a premio configurati dall’art. 8, comma 1, lett. a), come sopra chiarito".

1.4. In prosieguo, la Rai adiva il Consiglio di Stato in sede cautelare, per ottenere la sospensione dell’esecuzione della decisione del Consiglio di Stato n. 3708/2008 in pendenza del ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 373, c.p.c. La Sezione, con ordinanza 19 maggio 2009 n. 2538 respingeva il ricorso affermando che "in ogni caso, non appare configurabile, per la RAI, alcun danno grave ed irreparabile, eventuali determinazioni ministeriali conseguenti alla decisione della Sezione essendo oggetto di ordinario gravame innanzi al TAR (con la conseguente possibilità di appello)".

1.5. Il ricorso per cassazione avverso la decisione n. 3708/2008 veniva dichiarato inammissibile dalle Sezioni unite della Corte di cassazione.

1.6. In prosieguo il Ministero dello sviluppo economico adottava il decreto n. 48301 del 18 novembre 2008 con cui deliberava che la manifestazione a premio "Affari Tuoi" è "da considerarsi vietata ai sensi dell’art. 8, co. 1, lett. e), d.P.R. n. 430/2001 in quanto ha avuto svolgimento senza che la società promotrice abbia mai adempiuto alle disposizioni recate dal medesimo d.P.R. n. 430/2001". Tanto, in relazione alla manifestazione a premio "Affari Tuoi" promossa dalla Rai dal 19 settembre 2005 al 3 giugno 2006. Nel contempo, il Ministero ha chiesto l’invio dei regolamenti delle edizioni 2006, 2007 e 2008 della predetta trasmissione con la precisazione che, qualora tali dati non fossero stati trasmessi o fossero risultati non conferenti, l’ufficio avrebbe provveduto direttamente alla loro individuazione.

1.7. Tale provvedimento veniva impugnato con ricorso al Tar.

Nonostante l’impugnazione, Rai inviava al Ministero il regolamento 20072008, che il Ministero riteneva non conforme al giudicato n. 3708/2008; per l’effetto, il Ministero vietava la trasmissione "Affari Tuoi" relativamente alla stagione 20072008.

I relativi atti (e segnalatamente la nota 20 febbraio 2009 n. 16195 e il decreto 20 aprile 2009 n. 34491 sono stati impugnati dalla Rai con il ricorso al Tar deciso con la sentenza in epigrafe.

1.9. Il Tar adito, con la sentenza in epigrafe (25 maggio 2010 n. 13287), ha:

a) respinto l’eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dal Codacons, e fondata sul rilievo che gli atti impugnati costituissero esecuzione del giudicato del Consiglio di Stato, sicché avrebbero dovuto essere contestati con ricorso per ottemperanza rivolto al Consiglio di Stato;

b) dichiarato inammissibile l’impugnazione della nota 20 febbraio 2009 n. 16195 in quanto atto endoprocedimentale privo di autonoma portata lesiva;

c) accolto il ricorso della Rai contro il decreto n. 34491/2009.

1.10. L’annullamento del decreto n. 34491/2009 si fonda, nel ragionamento del Tar, sui seguenti argomenti:

a) ove la nota del 20 febbraio 2009 avesse valenza di contestazione degli addebiti, essa sarebbe stata adottata in violazione dell’art. 14, l. n. 689/1981, che fissa un termine di novanta giorni dalla conoscenza del fatto da sanzionare; l’art. 14 l. n. 689/1981 sarebbe applicabile al caso di specie in mancanza di diversa disciplina nell’art. 12, d.P.R. n. 430/2001; nel caso di specie la conoscenza dei fatti da sanzionare va ricondotta al giudicato n. 3708/2008 (28 luglio 2008), mentre la contestazione è stata fatta solo il 20 febbraio 2009, dopo circa sette mesi; la tardività della contestazione renderebbe illegittimo il provvedimento finale;

b) il giudicato del Consiglio di Stato n. 3708/2008 imponeva di sottoporre la trasmissione "Affari Tuoi" a controllo, ma non di dichiarare vietata ora per allora una trasmissione già da tempo andata in onda con l’avallo del Ministero; la possibilità di vietare le manifestazioni a premio che sono in contrasto con le disposizioni del regolamento n. 430/2001 sussisterebbe solo in relazione a manifestazioni "in corso", o future, la cui messa in onda può essere interrotta, ma non a programmazioni già conclusesi; né il Ministero avrebbe potuto irrogare la sanzione ex art. 124, r.d.l. 19 ottobre 1938 n. 1933, richiamato nel cit. art. 12 ed in astratto applicabile anche a programmazione esaurita, atteso che la irrogazione di una qualsiasi sanzione presuppone l’accertamento della colpa in capo al sanzionato, colpa che nel caso in esame ad avviso del Tar non sussisterebbe essendo stato il Ministero a sostenere la tesi secondo cui "Affari Tuoi" non sottostava alla disciplina dettata dal d.P.R. n. 430/2001. La buona fede che ha caratterizzato il comportamento della Rai, nel rispetto delle indicazioni provenienti dal suo organo di controllo, quanto meno sino alla pronuncia del Consiglio di Stato n. 3708/2008, costituirebbe causa scriminante ex art. 3, l. 24 novembre 1981 n. 689 perché avrebbe radicato nella società il convincimento della liceità (se non addirittura della doverosità) della sua condotta;

2. Contro tale sentenza ha proposto appello il Codacons.

2.1. Ha proposto appello incidentale il Ministero dello sviluppo economico, in ordine al capo di sentenza relativo alla decorrenza del termine del potere di controllo (capo 5) e in ordine ai capi 8 e 9 della sentenza.

2.2. Ha inoltre proposto appello incidentale la RAI, in relazione al secondo motivo del ricorso di primo grado, respinto dal Tar.

3. Con il primo motivo dell’appello principale del Codacons si contesta il capo di sentenza che ha respinto l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado.

Si lamenta che erroneamente il Tar ha ritenuto di essere competente, laddove il ricorso della Rai doveva essere proposto al Consiglio di Stato in sede di ottemperanza, in quanto il provvedimento contestato dalla Rai sarebbe stato adottato in ottemperanza al giudicato del Consiglio di Stato n. 3708/2008.

Errerebbe il Tar ad affermare che tale giudicato sarebbe autoesecutivo, e inoltre dal giudicato deriverebbe il dovere di applicare il regolamento n. 430/2001 nella sua integralità.

3.1. Il mezzo è infondato.

Il giudicato del Consiglio di Stato, i cui passi salienti sono stati riportati tra virgolette nella ricostruzione in fatto, si è limitato ad affermare che la trasmissione "Affari Tuoi" doveva essere inclusa tra le manifestazioni a premio, come tale sottoposta ai controlli di cui al d.P.R. n. 430/2001. In particolare il giudicato ha statuito che "le censure appellatorie vanno condivise laddove si predica l’esigenza di sottoporre a controllo, ai sensi dell’art. 12 dello stesso regolamento, la trasmissione in questione con riguardo alla concreta individuazione ed al chiarimento dei criteri di selezione preventiva dei giocatori, contrariamente a quanto sostenuto nel provvedimento ministeriale impugnato".

Ciò posto, il giudicato impone un dovere di attivare il procedimento di controllo, ma lascia spazi bianchi in ordine al quomodo e all’esito del controllo.

Il giudicato ha sindacato il mancato esercizio del potere, non le modalità di esercizio del potere medesimo.

Ne deriva che un problema di esecuzione del giudicato si pone, nella specie, solo in caso di mancata attivazione del procedimento, laddove invece, se il procedimento viene attivato, l’atto conclusivo è un provvedimento che esercita per la prima volta il potere, senza vincoli derivanti dal giudicato.

La situazione non è dissimile da quella che si determina in caso di ricorso contro il silenzio inadempimento dell’Amministrazione, quando la sentenza si limita ad affermare la sussistenza dell’obbligo di provvedere, senza nulla dire sul contenuto del provvedimento da adottarsi.

In siffatta evenienza, un problema di ottemperanza si pone solo se perdura l’inerzia dell’Amministrazione.

Se invece, l’Amministrazione, a fronte di un giudicato che le ordina di provvedere, senza dirle come, adotta un provvedimento, vi è ottemperanza dell’obbligo di provvedere, e il provvedimento non è contestabile con il ricorso di ottemperanza, ma con nuovo ricorso di merito.

Nella specie, pertanto, avendo il Ministero attivato il controllo, ha esaurito il dovere di ottemperanza, e il provvedimento adottato era contestabile con ricorso di merito.

Ne consegue che correttamente la Rai ha adito il Tar e non il Consiglio di Stato, e correttamente il Tar ha disatteso l’eccezione di incompetenza sollevata dal Codacons.

D’altro canto, come indicato nel par. 1.4. della presente sentenza, la Sezione, con ordinanza 19 maggio 2009 n. 2538, nel respingere la domanda cautelare della Rai nei confronti della sentenza n. 3708/2008 del Consiglio di Stato, affermava che "in ogni caso, non appare configurabile, per la RAI, alcun danno grave ed irreparabile, eventuali determinazioni ministeriali conseguenti alla decisione della Sezione essendo oggetto di ordinario gravame innanzi al TAR (con la conseguente possibilità di appello)", con ciò riconoscendo che eventuali determinazioni ministeriali conseguenti al giudicato andavano contestate con ricorso al Tar e non in sede di ottemperanza.

4. Con il secondo motivo dell’appello principale del Codacons si contesta il capo di sentenza che ha ritenuto tardivamente adottato il provvedimento n. 34491/2009. Si assume che essendo stato tale provvedimento adottato in esecuzione del giudicato del Consiglio di Stato, non si sarebbe verificata alcuna decadenza dal potere di provvedere.

Inoltre i termini del procedimento amministrativo sarebbero di regola ordinatori e non perentori.

Ancora, nella specie il termine andava considerato sospeso per esigenze istruttorie.

Infine, l’avvio del procedimento è avvenuto con nota del 20 febbraio 2009, rispetto alla quale il provvedimento finale, datato 20 aprile 2009, sarebbe tempestivo.

4.1. Va in questa sede esaminato anche il primo motivo dell’appello incidentale del Ministero, con cui si osserva che il termine di novanta giorni non poteva farsi decorrere dalla decisione del Consiglio di Stato n 3708/2008, bensì da quando l’Amministrazione ha concretamente accertato le violazioni.

Tanto varrebbe sia per le edizioni successive della trasmissione, sia per quella 2005/2006 a cui si è specificamente riferito il giudicato.

4.2. In parte qua sia l’appello principale del Codacons che l’appello incidentale del Ministero meritano sono fondati per quanto di ragione, anche se, come si vedrà, l’infondatezza degli altri motivi di appello lascia fermo l’esito del giudizio di primo grado.

Dispone l’art. 12, d.P.R. n. 430/2001, che "1. Il Ministero delle attività produttive esercita l’attività di controllo sui concorsi e sulle operazioni a premio. Tale attività è svolta d’ufficio a campione, ovvero su segnalazione di soggetti interessati.

2. Fermo restando quanto previsto in materia di sanzioni dall’articolo 124 del regio decretolegge 19 ottobre 1938, n. 1933, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 giugno 1939, n. 973, e modificato dalla legge 27 dicembre 1997, n. 449, se vengono segnalate o individuate manifestazioni in corso che si presumono in sede istruttoria vietate ai sensi dell’articolo 8, il Ministero delle attività produttive assegna al soggetto promotore quindici giorni di tempo per presentare le proprie controdeduzioni. Entro sessanta giorni dalla predetta richiesta il Ministero, se ravvisa la sussistenza di una o più violazioni, adotta, con decreto motivato, un provvedimento di immediata cessazione della manifestazione".

La previsione configura chiaramente un procedimento sanzionatorio, a cui si estendono, ordinariamente, i principi relativi, desumibili dalla l. n. 689/1981, in tema di perentorietà dei termini per l’esercizio del potere sanzionatorio.

Il che è logico e ragionevole, ove si consideri che il soggetto promotore della manifestazione a premio, in difetto di divieto tempestivo, può legittimamente dare avvio alla manifestazione, o anche concluderla, stanziando anche risorse economiche. Pertanto, il termine non può che essere perentorio, e anche un superamento minimo è causa di illegittimità.

Tuttavia tali canoni, se applicabili in sede di autonomo esercizio del potere da parte dell’Amministrazione, non lo sono quando, come nel caso di specie, l’Amministrazione sia tenuta ad avviare il procedimento amministrativo in esecuzione di un giudicato.

Estendere l’osservanza dei termini anche a tale ipotesi, infatti, comporterebbe il rischio di una facile elusione del giudicato, mediante l’inosservanza dei termini del procedimento e il conseguente annullamento giurisdizionale del provvedimento tardivo.

Pertanto, il provvedimento impugnato non era viziato da tardività.

5. Con il terzo mezzo dell’appello principale del Codacons si contesta il capo di sentenza con cui il Tar ha affermato che non poteva essere vietata, ora per allora, una trasmissione già conclusasi.

Così ragionando, il Tar avrebbe garantito l’impunità per una condotta vietata.

Inoltre erroneamente il Tar avrebbe ritenuto che la Rai era in buona fede, perché la Rai sarebbe stata ben consapevole che il d.P.R. n. 430/2001 era una minaccia per le proprie trasmissioni tanto che con ricorso proposto nel 2001 impugnava tale regolamento.

5.1. Va in questa sede esaminato anche il secondo motivo dell’appello incidentale del Ministero, con cui si osserva che il potere di controllo sarebbe esercitabile anche a trasmissione conclusa, atteso che:

– ai sensi dell’art. 19, l. n. 449/1997 non vi è un regime autorizzatorio, ma un controllo concomitante e/o successivo;

– esistono concorsi a premio di durata limitata, anche di un solo giorno, per le quali sarebbe impossibile effettuare il controllo nei tempi chiesti dal Tar;

– si creerebbe una disparità di trattamento tra trasmissioni più lunghe e più brevi;

– il controllo successivo avrebbe, a trasmissione conclusa, l’effetto di dichiarare che la trasmissione è vietata, quale atto presupposto per la successiva irrogazione di sanzioni.

5.2. Sia l’appello principale che quello incidentale vanno in parte qua respinti.

Invero, l’art. 8, d.P.R. n. 430/2001, elenca le manifestazioni a premio vietate, e estende il divieto al caso di violazione delle disposizioni contenute nel medesimo d.P.R., tra cui l’art. 10, che indica gli adempimenti a carico dei soggetti che intendono svolgere un concorso a premio.

Ora, nella specie, il Ministero ha vietato trasmissioni già svoltesi, perché non sarebbero state sottoposte al controllo del Ministero, ma è evidente il vizio logico, da un lato, di vietare una trasmissione che ha già avuto luogo, e dall’altro lato di vietare una trasmissione che non era stata sottoposta a controllo proprio seguendo l’avviso del Ministero che aveva escluso la necessità del controllo.

Se è vero che, in astratto, il divieto potrebbe avvenire a trasmissione già conclusa nel caso di trasmissioni di breve durata, atteso che il divieto è il presupposto delle sanzioni, tali affermazioni non sono calzanti avuto riguardo alla specificità del caso concreto.

Infatti, da un lato, la trasmissione ha avuto una durata sufficientemente ampia, dall’altro lato il controllo non è stato tempestivamente esercitato non per impossibilità oggettiva, ma perché il Ministero aveva inizialmente escluso il controllo. D’altro canto, una volta effettuato il controllo postumo a seguito del giudicato, la trasmissione non poteva essere considerata ex se vietata sol perché non sottoposta ad un controllo preventivo che il Ministero stesso aveva inizialmente escluso.

Inoltre nel caso specifico il Tar, con capo di sentenza non impugnato dal Ministero, ha escluso che il Ministero possa irrogare sanzioni, stante l’assenza di colpa della RAI.

Il Collegio rileva inoltre che se in astratto può imputarsi alla sentenza del Tar il vizio di ultrapetizione rispetto ai motivi del ricorso di primo grado, che contestavano solo il provvedimento di divieto, e non anche sanzioni non irrogate, tuttavia tale vizio non è rilevabile d’ufficio in assenza di puntuale motivo di appello che contesti l’ultrapetizione.

Invero, da un lato l’appello principale del Codacons si limita a discutere, nel merito, se vi sia o meno colpa della Rai, ma non deduce il vizio di ultrapetizione, dall’altro lato l’appello incidentale del Ministero dichiara di non voler contestare che vi sia stato un legittimo affidamento della RAI.

Così circoscritta la materia del contendere, il Collegio rileva che se è vero che in astratto residua spazio per l’applicazione delle sanzioni previste per le trasmissioni che vanno in onda in violazione di un divieto (art. 8, ult. co., d.P.R. n. 430/2001), tuttavia elemento costitutivo dell’illecito amministrativo è la colpa, che nella specie non è ravvisabile nella condotta della Rai, ingenerata dalla posizione del Ministero.

Né la mala fede della Rai potrebbe desumersi, come assume il Codacons, dalla circostanza che la Rai ha proposto ricorso giurisdizionale, nel 2001, contro il regolamento n. 430/2001. Infatti la proposizione di detto ricorso è riferita al regolamento nella sua interezza e mira a contestare in termini generali la più restrittiva applicazione introdotta per le manifestazioni a premio rispetto al passato, e da tale impugnazione non può affatto desumersi, in capo alla Rai, la consapevolezza dell’applicabilità di tale regolamento alla trasmissione "Affari tuoi", circostanza tanto opinabile da aver visto su posizioni contrapposte il Ministero e il giudice di primo grado, da una parte e il giudice di appello, dall’altra parte.

Inoltre è dirimente la considerazione che il decreto ministeriale in questione si limita a vietare una trasmissione che ha già avuto luogo, senza irrogare alcuna sanzione.

Pertanto, il giudicato del Consiglio di Stato non può che essere interpretato secondo ragionevolezza nel senso che impone un dovere di sottoporre a controllo la trasmissione "affari tuoi", per quanto riguarda le trasmissioni future o in corso, non per quelle che hanno esaurito i loro effetti.

6. Per quanto esposto, l’appello principale del Codacons e l’appello incidentale del Ministero vanno respinti, anche se con motivazione parzialmente diversa rispetto a quella del Tar.

7. Occorre passare all’esame dell’appello incidentale autonomo della RAI.

Si lamenta che erroneamente il Tar avrebbe respinto tali motivi in base al rilievo che essi rimettono in discussione questioni già risolte dal giudicato del Consiglio di Stato.

Infatti il giudicato si sarebbe riferito a una precedente edizione della trasmissione, e inoltre vi sarebbero elementi per escludere la trasmissione dal novero delle manifestazioni a premio.

L’Amministrazione avrebbe applicato non correttamente le prescrizioni del giudicato.

7.1. Le censure sono infondate.

Esse, da un lato, rimettono in discussione principi affermati dal giudicato, e dall’altro lato fanno questione di interpretazione del giudicato e di non corretta esegesi del giudicato da parte dell’Amministrazione.

Fermo che i principi del giudicato non possono essere più contestati, si deve ritenere che il giudicato impone di assoggettare la trasmissione a controllo, e ha tanto il Ministero ha correttamente provveduto.

Inoltre se è vero che il giudicato riguarda solo la trasmissione per un dato anno, i principi in essa affermati non possono non essere estesi alla identica trasmissione per le edizioni degli anni successivi.

8. In conclusione, vanno respinti sia l’appello principale che i due appelli incidentali.

La complessità delle questioni giustifica la compensazione delle spese di lite.

In ossequio alla disciplina del contributo unificato, che resta a carico del soccombente anche in caso di compensazione delle spese di lite, va dichiarato che lo stesso è dovuto dall’appellante soccombente, nella misura di euro cinquecento.

Né il Codacons può invocare l’esenzione da bollo ex art. 8, l. n. 266/1991, atteso che la circolare del segretario generale della giustizia amministrativa 29 gennaio 2004 n. 56 e il parere dell’Agenzia delle entrate 23 marzo 2011 prot. 2011/31185 hanno interpretato in modo restrittivo la previsione dell’art. 8, l. n. 266/1991, osservando che l’esenzione ivi prevista da bollo e registro riguarda l’attività sostanziale e extraprocessuale delle associazioni di volontariato, vale a dire le loro attività procedimentali, e non anche le loro attività processuali.

Occorre pertanto demandare alla segreteria della sezione gli adempimenti inerenti la richiesta di pagamento del contributo unificato nei confronti del Codacons.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione VI, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, respinge l’appello principale e gli appelli incidentali.

Compensa le spese di lite.

Manda alla segreteria della sezione e gli adempimenti inerenti la richiesta di pagamento del contributo unificato nei confronti del Codacons.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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