Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 29-04-2011) 20-05-2011, n. 20168 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

nte, avvocato Muscoli Vincenzo, il quale ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Con ordinanza, deliberata il 11 marzo 2010 e depositata il 19 maggio 2010, il Tribunale ordinario di Reggio di Calabria, in funzione di giudice distrettuale del riesame delle ordinanze che dispongono misure coercitive, ha confermato l’ordinanza del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di quella stessa sede, 11 febbraio 2010, di custodia cautelare in carcere a carico di A. S., indagata per il delitto di associazione di tipo mafioso, per aver partecipato alla cosca Versi Janchi (ovverossia Nirta- Strangio), radicata in (OMISSIS) e operante nel (OMISSIS).

Sulla base delle conversazioni e delle comunicazioni telematiche intercettate, con specifico riferimento ai contatti intercorsi col sodale P.P., e ai servizi polizia di osservazione, pedinamento e controllo, culminati nella cattura di N.G. (cognato dell’indagata, avendo sposato la sorella di lei A.) e di M.G.F., arrestati, in collaborazione colla polizia olandese, ad (OMISSIS), i giudici di merito hanno accertato che la prevenuta assicurava i contatti con i capi della cosca in latitanza, provvedeva alla custodia dell’arsenale della organizzazione, avendo la materiale disponibilità e gestione delle armi; trasportava somme ingenti di denaro.

In relazione ai motivi di riesame il Collegio ha osservato: affatto indimostrato – e smentito dagli sviluppi investigativi – è l’assunto difensivo, circa la disgregazione della cosca in seguito alla strage di (OMISSIS); il tenore delle conversazioni dimostra la intraneità alla organizzazione criminale della indagata; costei si rivela partecipe delle problematiche associative; recrimina per la mancata soppressione di M.R. e per i termini della tregua concordata colla cosca antagonista, a dispetto "dei gravi lutti e delle offese" patiti; la integrazione sul piano operativo nella attività associativa rende irrilevante la mancanza della affiliazione rituale, caratterizzata dalla tradizionale riserva di genere; dalla comunicazioni risulta inequivocabilmente il trasporto di una arma e della somma di trecentomila/00 Euro; il dato non contrasta col maggior importo sequestrato al sodale F. R., in quanto, come risulta da conversazione della sorella dell’indagata, T., il numerario era ripartito in due zaini, indossati dalle germane; quanto al periculum libertatis opera, in relazione al titolo del reato, la presunzione dell’art. 275 cod. proc. pen. 2. – Ricorre per cassazione l’indagata, col ministero del difensore di fiducia, avvocato Vincenzo Muscoli, mediante atto del 24 giugno 2010, col quale sviluppa tre motivi, dichiarando promiscuamente di denunciare, à sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), inosservanza o erronea applicazione della legge penale, in relazione all’art. 416-bis c.p., (con tutti e tre i motivi) e agli artt. 274 e 275 cod. proc. pen. (secondo motivo), nonchè mancanza, contraddittorietà, manifesta illogicità della motivazione e "travisamento del fatto". 2.1 – Con il primo motivo il difensore censura, in relazione all’assunto difensivo della disgregazione della cosca dopo la strage di (OMISSIS), la omessa considerazione dei provvedimenti (ordinanza coercitiva e decreto del giudice della prevenzione) versati, nei quali si accenna alla strage "quale ultimo atto di barbarie nella sequenza dei fatti di sangue" e quale "epilogo" della "faida di San Luca"; e asserisce che tanto avrebbe dimostrato la tesi difensiva della cessazione della associazione mafiosa.

2.2 – Con il secondo motivo il difensore contesta la ricorrenza del periculum libertatis, e, in proposito argomenta: (a) non sussiste il pericolo per la acquisizione e la genuinità della prova; l’accusa si basa sulle intercettazioni e sulla prova documentale; la ricorrente non è "nelle condizioni di turbare il processo formativo della prova"; (b) difettano elementi concreti e circostanze "che possano giustificare la misura cautelare" in relazione al pericolo di fuga;

(c) quanto al pericolo di recidiva "non risultano indizi a carico della imputata" e la medesima è incensurata.

2.3 – Con il terzo motivo il difensore lamenta che il provvedimento coercitivo è frutto di mero "pregiudizio assolutamente negativo", indotto dalla relazione di parentela della ricorrente con il fratello G..

3. -Il ricorso è infondato.

3.1 – Non ricorre il vizio della violazione di legge:

– nè sotto il profilo della inosservanza (per non aver il giudice a quo applicato una determinata disposizione in relazione all’operata rappresentazione del fatto corrispondente alla previsione della norma, ovvero per averla applicata sul presupposto dell’accertamento di un fatto diverso da quello contemplato dalla fattispecie);

– nè sotto il profilo della erronea applicazione, avendo il Tribunale esattamente interpretato le norme applicate, alla luce dei principi di diritto fissati da questa Corte, nè, oltretutto, opponendo la ricorrente alcuna apprezzabile, alternativa interpretazione a quella correttamente seguita nel provvedimento impugnato.

3.2 – Nel costrutto motivazionale del provvedimento impugnato, la Corte non ravvisa la ricorrenza di alcun vizio della motivazione.

Il giudice a quo ha dato conto adeguatamente – come illustrato nel paragrafo che precede sub 1. – delle ragioni della propria decisione, sorretta da motivazione congrua, affatto immune da illogicità di sorta, sicuramente contenuta entro i confini della plausibile opinabilità di apprezzamento e valutazione (v. per tutte: Cass., Sez. 1^, 5 maggio 1967, n. 624, Maruzzella, massima n. 105775 e, da ultimo, Cass., Sez. 4^, 2 dicembre 2003, n. 4842, Elia, massima n. 229369) e, pertanto, sottratta a ogni sindacato nella sede del presente scrutinio di legittimità.

Invero le deduzioni, le doglianze e i rilievi residui espressi dalla ricorrente, benchè inscenati sotto la prospettazione di viti a della motivazione, si sviluppano tutti nell’orbita delle censure di merito, sicchè, consistendo in motivi diversi da quelli consentiti dalla legge con il ricorso per cassazione, sono inammissibili à termini dell’art. 606 c.p.p., comma 3. 3.3 – Conseguono il rigetto del ricorso e la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

La Cancelleria provvederà agli adempimenti di rito ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. Att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *