Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 29-04-2011) 20-05-2011, n. 20166 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Con ordinanza, deliberata il 6 ottobre 2010 e depositata il 13 ottobre 2010, la Corte di appello di Lecce, in funzione di giudice della esecuzione, ha respinto la richiesta del condannato S. A. di riconoscimento della continuazione tra: (a) il delitto di rapina e concorrenti reati commessi il (OMISSIS), oggetto della sentenza di quella Corte territoriale 14 marzo 2007 (irrevocabile dal 13 febbraio 2008) e (b) i delitti di traffico di stupefacenti, di associazione per delinquere finalizzata al succitato traffico e di associazione di tipo mafioso, commessi dal (OMISSIS), oggetto della sentenza della medesima Corte di appello, 18 settembre 2008 (irrevocabile dal 15 dicembre 2009), motivando: la "contiguità meramente temporale e cronologica fra i reati non giustifica, in carenza di ulteriori pregnanti elementi rivelatori della identità del disegno criminoso, l’affermazione della continuazione; non è dato desumere che, fin dal momento della perpetrazione della rapina, avvenuta in epoca anteriore "all’ingresso nella associazione mafiosa e a quella dedita al traffico degli stupefacenti, A. avesse già prefigurato e programmato la commissione dello spaccio della droga e la adesione alle consorterie.

2. – Ricorre per cassazione il condannato, col ministero del difensore di fiducia, avvocato Biagio Palamà, mediante atto recante la data del 2 ottobre 2009, col quale dichiara promiscuamente di denunciare, à sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), inosservanza o erronea applicazione della legge penale, o di altre norme giuridiche di cui si deve tenere conto nella applicazione della legge penale, in relazione agli art. 81 c.p. e art. 671 cod. proc. pen., nonchè "inesistenza", "insufficienza" e "illogicità della motivazione", deducendo: ricorono gli indici, cronologico e spaziale, della continuazione; l’arco temporale e il luogo dove sono stati commessi i delitti "coincidono perfettamente"; per i reati associativi "la data di accertamento .. non corrisponde quasi mai a quella di inizio del sodalizio criminoso o della adesione allo stesso del condannato, ben potendosi essere concretizzati, entrambi notevolmente prima"; la Corte territoriale non ha considerato che la imputazione del delitto di associazione di tipo mafioso annovera tra i reati scopi "delitti contro la persona e il patrimonio", l’acquisto di armi e il relativo impiego.

3. – Il procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, con atto del 2 febbraio 2011, obietta: il ricorso è manifestamente infondato; il ricorrente non ha dedotto "alcun elemento in fatto o in diritto che non sia stato già ampiamente vagliato e verificato dal giudice della esecuzione"; non è sufficiente per la affermazione della continuazione la "contiguità temporale e di luogo"; il reato di rapina risulta commesso "prima della adesione dall’ A. al sodalizio criminoso"; nè il condannato ha prospettato alcun elemento "emergente dagli atti, da cui ricavare che, al momento di commettere la rapina, l’ A. aveva già prefigurato e voluto la sua adesione al sodalizio criminoso intervenuta successivamente". 4. – Il ricorso è infondato.

4.1 – Non ricorre il vizio della violazione di legge:

– nè sotto il profilo della inosservanza (per non aver il giudice a quo applicato una determinata disposizione in relazione all’operata rappresentazione del fatto corrispondente alla previsione della norma, ovvero per averla applicata sul presupposto dell’accertamento di un fatto diverso da quello contemplato dalla fattispecie);

– nè sotto il profilo della erronea applicazione, avendo la Corte territoriale esattamente interpretato le norme applicate, alla luce dei principi di diritto fissati da questa Corte.

4.2 – Neppure ricorre vizio alcuno della motivazione.

Non può essere presa in considerazione la censura di insufficiente motivazione.

Il vizio de quo non è, infatti, deducibile nel giudizio penale con il ricorso per cassazione, come risulta sia alla stregua del tassativo tenore testuale dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), sia a silentio, sulla base di considerazione sistematica, alla stregua della comparazione con la corrispondente disposizione contenuta nell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 che, invece, distintamente contempla, oltre il caso della motivazione omessa, anche quello della motivazione insufficiente (v. per tutte: Cass., Sez. 1^, 24 settembre 1990, n. 2933, Caponaccio, massima n. 185451).

Quanto alle residue censure di mancanza e "illogicità" della motivazione – al di là della considerazione che la legge annette rilevanza esclusivamente alla illogicità manifesta – il giudice a quo ha dato conto adeguatamente – come illustrato nel paragrafo che precede sub 1. – delle ragioni della propria decisione, sorretta da motivazione congrua, affatto immune da illogicità di sorta, sicuramente contenuta entro i confini della plausibile opinabilità di apprezzamento e valutazione (v. per tutte: Cass., Sez. 1^, 5 maggio 1967, n. 624, Maruzzella, massima n. 105775 e, da ultimo, Cass., Sez. 4^, 2 dicembre 2003, n. 4842, Elia, massima n. 229369) e, pertanto, sottratta a ogni sindacato nella sede del presente scrutinio di legittimità; laddove i rilievi, le deduzioni e le doglianze espressi dal ricorrente, benchè inscenati sotto la prospettazione di vitia della motivazione, si sviluppano tutti nell’orbita delle censure di merito, sicchè, consistendo in motivi diversi da quelli consentiti dalla legge con il ricorso per cassazione, sono inammissibili à termini dell’art. 606 c.p.p., comma 3. 4.3 – Conseguono il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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