Cass. civ. Sez. I, Sent., 22-09-2011, n. 19351 Separazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La Corte osservato e ritenuto:

con ricorso notificato il 25.04.2005, C.G. adiva il Tribunale di Roma chiedendo che fosse pronunciata la separazione personale dalla moglie D.F.A.M., con addebito alla stessa:

– con sentenza del 17-23.03.2006, l’adito Tribunale dichiarava inammissibile la domanda, ritenendo che, come eccepito dalla D. F., tra le parti era già intervenuta la separazione consensuale, con verbale del 29.02.1999, regolarmente omologato, ed ulteriormente rilevando che la tesi del ricorrente, secondo cui tale precedente separazione era stata simulata, per essere intervenuta solo a fini fiscali, era fondata su circostanza del tutto generiche;

– con sentenza del 12.02-10.26.03.2008, la Corte di appello di Roma, nel contraddittorio delle parti, respingeva il gravame del C., che condannava al pagamento delle spese processuali in favore della D.F., ritenendo:

a) che nell’atto d’appello il C. aveva ribadito che la separazione consensuale del 1999 era stata simulata, tanto "che le parti con fatti concludenti e successivi all’omologa avevano di fatto e comunque negato lo status di separati ed erano vissuti nel rispetto formale e sostanziale degli accordi matrimoniali";

b) che, pertanto, l’appellante aveva chiesto che venisse dichiarata ammissibile la sua domanda con addebito alla moglie e che venissero ammesse le prove formulate nell’atto di appello;

c) che, in sintesi, l’appellante aveva sostenuto che il protrarsi della convivenza con la moglie dimostrava senz’ombra di smentita che la separazione omologata nel 1999 era nulla perchè simulata e, quindi, chiesto una nuova pronuncia di separazione con addebito, previa assunzione delle prove formulate sui suddetti assunti;

d) che l’accordo di separazione una volta omologato, non era impugnabile per simulazione, sicchè doveva essere confermata la prima pronuncia d’inammissibilità della domanda introduttiva;

e) che per completezza doveva essere rilevato che con l’appello, oltre a ribadire la simulazione della separazione, il C. aveva introdotto, peraltro con argomentazioni non precise, anche il profilo della riconciliazione con la moglie;

f) che sotto questo nuovo profilo, implicante la modificazione della causa petendi della domanda, sviluppata in replica dall’appellante, la deduzione era inammissibile poichè violava il sistema delle preclusioni introdotto dalla L. n. 353 del 1990, nonchè il divieto posto dall’art. 345 c.p.c., e tale inammissibilità era rilevabile d’ufficio, stante l’interesse pubblicistico alla speditezza e concentrazione del processo g) che anche le domande relative alla restituzione di oggetti, di rendiconto dei beni venduti e di conseguente restituzione di somme erano inammissibili;

h) che la domanda di affidamento della figlia C. e di assegnazione della casa familiare potevano essere eventualmente esercitate nei modi previsti dall’art. 710 c.p.c., come modifica delle condizioni della separazione per motivi sopravvenuti;

– avverso questa sentenza il C. ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo e notificato l’11.05.2009 alla D.F., che ha resistito con controricorso notificato il 18.06.2009 ed illustrato da memoria;

– a sostegno del ricorso il C. denunzia "Omessa valutazione di un elemento decisivo per la definizione della controversia prospettato dalle parti e rilevabile di ufficio ( art. 360 c.p.c., n. 5)" con riguardo al profilo della riconciliazione il motivo è inammissibile, giacchè, in violazione dell’art. 366 bis cod. proc. civ., applicabile ratione temporis, è privo non solo del quesito di diritto ma anche, in relazione al denunciato vizio motivazionale, del successivo momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) dei rilievi, che ne circoscriva puntualmente i limiti (cfr Cass. SS.UU. 2007/20603; 2008/11652; 2008/16528) conclusivamente il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del C., soccombente, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il C. a rimborsare alla D.F. le spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 2.000,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge.

Ai sensi del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, comma 5, in caso di diffusione della presente sentenza si devono omettere le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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