Cons. Stato Sez. VI, Sent., 20-05-2011, n. 2998

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

ato Camba;
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. E’ impugnata la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Sardegna 31 agosto 2005, n. 1843, che, previa reiezione della istanza di sospensione del giudizio per la proposizione della querela di falso, ha in parte respinto ed in parte dichiarato inammissibile il ricorso proposto dalla odierna appellante avverso:

a) la concessione mineraria n. 95/A del 19 aprile 2003 rilasciata alla controinteressata S. S.;

b) il provvedimento del 8 giugno 1993 del Coordinatore generale dell’Assessorato Regionale dell’Industria, nella parte in cui limita le aree estrattive della ricorrente e le impone di lasciare i minerali di prima categoria presenti nelle sabbie a disposizione della società S. S., titolare della concessione "Monte Mamas".

2. L’appellante assume la erroneità della impugnata sentenza nella parte in cui la stessa ha ritenuto la inammissibilità per difetto di interesse di quella parte del ricorso di primo grado che si rivolgeva avverso la concessione mineraria alla società S. S., ricollegando detta inammissibilità alla omessa impugnativa del diniego di concessione opposto dalla Amministrazione regionale sulla propria istanza concessoria.

L’appellante sostanzialmente deduce che tra i provvedimenti impugnati sussisterebbe un nesso di pregiudizialitàdipendenza, di guisa che il suo interesse ad impugnare la concessione alla controinteressata nascerebbe nel momento in cui le viene imposta, con il secondo dei provvedimenti impugnati, la limitazione oggettuale alla coltivazione della propria cava.

Inoltre, essa assume la rilevanza della querela di falso, in ordine alla effettiva data di ricezione della propria domanda di concessione mineraria, erroneamente ritenuta irrilevante dai giudici di primo grado. Da ultimo, l’appellante società lamenta la erronea qualificazione giuridica della concessione rilasciata alla società controinteressata, trattandosi di autorizzazione all’esercizio di una cava e non piuttosto di una concessione mineraria, avuto riguardo al fatto che il titolo della controinteressata si riferiva al trattamento delle sabbie da utilizzarsi nella industria vetraria, donde la inconferenza della limitazione imposta con il provvedimento regionale del giugno 1993, avendo le cave la natura di beni privati

3. Si sono costituite in giudizio la Regione Sardegna e la s.r.l. S. S., per resistere al ricorso e per chiederne la reiezione.

4. All’udienza del 19 aprile 2011 il ricorso in appello è stato trattenuto per la decisione.

5. L’appello è infondato e va respinto.

5.1 Anzitutto non appaiono condivisibili le censure che l’appellante muove al capo della sentenza impugnata, che ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso di primo grado.

Come ha correttamente rilevato il giudice di primo grado, una volta che la odierna appellante non ha impugnato il rigetto della propria istanza di concessione mineraria, essa non ha interesse a coltivare la impugnativa avverso l’analoga concessione rilasciata alla controinteressata.

Né in contrario può valere l’argomento relativo al prospettato vincolo di pregiudizialità tra i due provvedimenti impugnati in primo grado, atteso che i motivi di censura ivi dedotti avverso il rilascio del titolo concessorio alla controinteressata afferivano alla violazione delle regole sul confronto concorrenziale tra le due istanze, di tal che l’interesse a sorreggere la impugnativa avverso il provvedimento positivo rilasciato alla società S. S. si sarebbe potuto ritenere sussistente solo se l’appellante non avesse lasciato consolidare l’efficacia del rigetto sulla istanza di rilascio di analogo titolo minerario in suo favore.

5.2. In tale corretta visione prospettica degli interessi processuali delle parti va ritenuta altresì immune da vizi anche quella parte della impugnata decisione che ha ravvisato la irrilevanza della proposizione della querela di falso in ordine alla data di effettiva ricezione della istanza della appellante volta ad ottenere il predetto titolo (sull’assunto che questa fosse successiva al parere espresso il 27 ottobre 1992 dal Comitato regionale delle miniere, in sede di rilascio del titolo concessorio in favore della controinteressata).

Non par dubbio infatti che anche l’interesse alla corretta datazione della istanza si inserisce nell’alveo dell’interesse ad ottenere per sé il titolo minerario, non più meritevole di protezione a seguito della mancata impugnazione del diniego.

6. Quanto alla seconda parte della impugnativa di primo grado, che investe la limitazione oggettuale imposta alla odierna appellante in ordine alla attività estrattiva, il Collegio ritiene che sia legittima la contestata determinazione amministrativa e che la sentenza impugnata vada confermata.

Il provvedimento di limitazione imposto alla odierna appellante, basato sul fatto che la controinteressata è titolare di una concessione di minerali di prima categoria (caolino, feldspati), appare ineccepibile in quanto funzionale a stabilire una relazione di non interferenza dei due distinti titoli abilitativi in titolarità delle parti oggi in contesa (l’uno per l’attività di cava, l’altro per le estrazioni minerarie).

Appare evidente, infatti, che una volta stabilito che il titolo in possesso della appellante è quello – e soltanto quello – afferente l’attività di cava, anche in ragione della omessa impugnativa del rigetto della istanza per il titolo minerario, è giocoforza concludere che l’Amministrazione regionale si sia correttamente determinata nel senso di imporre alla società F.lli D. &. M. di lasciare nella disponibilità della società S. S. i residui minerari di prima categoria, risultanti dai lavaggi della sabbia di cava.

7. Va altresì respinta la deduzione dell’appellante, volta a contestare la stessa natura "mineraria" del titolo in possesso della S. S..

In primo luogo, non è stata proposta in primo grado una corrispondente censura.

In secondo luogo, la sussistenza di una tale natura del titolo risulta inequivocabilmente dal contenuto del provvedimento concessorio, nonché della istanza a suo tempo prodotta dalla società interessata.

8. In definitiva l’appello va respinto e va confermata la impugnata sentenza..

9. Le spese di lite relative a questo secondo grado di giudizio seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull’appello (r.g. n. 4074 del 2006), come in epigrafe proposto, respinge l’appello.

Condanna l’appellante società al pagamento, in favore della Amministrazione regionale nonché della società S. S., delle spese e degli onorari del presente grado di giudizio, che liquida in complessivi Euro 4.000,00 (quattromila/00) per ciascuna parte (e così complessivamente in Euro 8.000,00), oltre Iva e Cap come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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